Letta parla di alleanze e liste e si propone come front runner
Ieri il segretario Enrico Letta ha riunito la Direzione Nazionale del Partito Democratico e ha disegnato lo schema delle alleanze in vista delle elezioni politiche del 25 settembre. Per il leader del Pd la colazione progressista sarà composta, oltre che dal suo partito con dentro Art.1 e Demos, dal cosiddetto fronte repubblicano di Azione e Più Europa di Carlo Calenda ed Emma Bonino, da Europa Verde e Sinistra italiana e un polo civico, che metta insieme le esperienze politiche di Luigi Di Maio, Beppe Sala e Federico Pizzarotti.
Alla Direzione Nazionale il segretario chiede il mandato politico. Non è un caso che, una volta ottenuto l'ok all'unanimità dell’assemblea dem, il leader faccia il punto proprio con il sindaco di Milano e il ministro degli Esteri, fondatore di Insieme per il futuro: “Sono per ora contatti e incontri interlocutori per accompagnare la nascita di una lista civica” spiegano al Nazareno, “Nei prossimi giorni si capirà se l'interlocuzione avrà dato i suoi frutti”. Il ruolo di Letta è più che altro quello di facilitatore, ma ai piani alti del Pd l'auspicio è che l'operazione vada in porto, perché, “serve a controbilanciare una destra antieuropea e ormai sovranista”. Al di fuori di quello che definisce “il trio dell'irresponsabilità”, perifrasi che mette sullo stesso piano Giuseppe Conte, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi colpevoli di aver fatto cadere il Governo Draghi e ovviamente di Giorgia Meloni, Letta intende tentare il dialogo con tutti. Bisogna allargare il campo aperto, è il refrain, si tratta di un'alleanza “tecnica, di tipo elettorale”, con l'obiettivo di essere in partita. “I programmi saranno diversi, lo sappiamo, ma il perimetro può essere comune”. Parlando alla Direzione nazionale Letta lo dice chiaro: “Il pareggio non è contemplato. O vince l'Europa del Next generation Eu, della speranza e del coraggio o vince l'Europa dei nazionalismi, di Orban e di Marine Le Pen. Non ci sono terze vie. Per questo dico che la scelta è tra noi e Meloni”, ribadisce. Nel suo intervento Letta ha parlato lungamente della necessità e dell’indispensabilità delle alleanze anche di quelle “che non avremmo fatto”, parole che qualcuno legge come una timida apertura a Matteo Renzi.
Nonostante l’unanimità raggiunta dall’Assemblea, nel Pd la tensione è palpabile: il tema vero sono le liste. Il segretario ha già messo le mani avanti e promesso che ci saranno tempi serrati e scelte trasparenti; saranno i segretari regionali e le capigruppo Debora Serracchiani e Simona Malpezzi a fare una prima ricognizione, che dovrà concludersi entro il 2 agosto. Dopo una verifica con il segretario, che potrà anche integrare le candidature con nomi “di dirigenti politici di rilievo nazionale e personalità espressione d’importanti realtà della società italiana e portatrici di competenze, ovvero indicate da altre forze politiche con le quali il PD abbia stretto accordi politico elettorali”, le liste verranno messe ai voti di una nuova Direzione nazionale, che si riunirà tra il 9 e l'11 agosto. Non potranno candidarsi i sindaci dei Comuni con oltre 20mila abitanti e gli amministratori regionali in carica, eccezion fatta per chi, come Nicola Zingaretti, è all'ultimo anno di legislatura. Stop anche a deputati e senatori “che abbiano ricoperto la carica di Parlamentare nazionale per più di 15 anni consecutivi”, con una green card per Ministri e sottosegretari e per chi dovesse chiedere e ottenere una deroga. Quanto al nome del premier, Letta parla chiaro: “se volete, assumo completamente il ruolo e la responsabilità di front runner della nostra lista” anche se poche ore dopo anche Carlo Calenda si è detto disponibile: la questione comunque dovrà essere affrontata e questo nella consapevolezza che avere un candidato premier comune aumenta le possibilità del centrosinistra di recuperare terreno sul centrodestra.
Oggi ci sarà il vertice del centrodestra su premiership e suddivisione dei collegi
Oggi è il grande giorno: alle 17.00 nelle stanze del gruppo Lega a Palazzo Montecitorio Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi metteranno nero su bianco le regole del centrodestra in vista delle urne. L'incontro, che avviene a una settimana esatta dal mancato voto di fiducia di Lega e FI a Mario Draghi, è necessario per risolvere alcuni nodi cruciali per la coalizione e si svolge in una sede istituzionale per esplicita richiesta della presidente di Fratelli d'Italia. Al vertice parteciperanno anche i centristi Maurizio Lupi di Noi con l'Italia e Lorenzo Cesa dell'Udc, mentre non ci sarà Giovanni Toti dopo la frattura dei giorni scorsi sul sostegno al governo di unità nazionale. In queste ore i leader non si sarebbero sentiti, sui temi sono al lavoro gli sherpa. I principali nodi da risolvere sono temi posti da FdI e riguardano la premiership, i criteri di divisione dei collegi uninominali e il cosiddetto patto anti-inciucio. Fdi punta a sciogliere prima il nodo della premiership, poi quello sui collegi con l'obiettivo di evitare qualsiasi tipo di condizionamento e di arrivare subito a un metodo chiaro su chi deve andare a palazzo Chigi in caso di vittoria del centrodestra. La linea maggioritaria è che chi nella coalizione ottiene un voto in più avrà la responsabilità di esprimere il nome del Premier, una posizione su cui FI è poco allineata. Oggi potrebbe comunque arrivare l'apertura alla possibilità che ogni forza politica della coalizione possa indicare il proprio candidato premier. E così la Lega punterebbe su Salvini, FdI sulla Meloni e Forza Italia su Tajani.
L'altro nodo da sciogliere riguarda la spartizione dei collegi ma la questione potrebbe essere affrontata in un secondo momento. FdI chiede il 50% dei collegi uninominali o comunque una ripartizione proporzionale ai sondaggi sui consensi dei partiti; Lega e FI chiedono che sia fatta una media tra i sondaggi e il dato storico di ogni partito. Il partito di Meloni potrebbe però ammorbidirsi e fare qualche gesto di generosità, per esempio rinunciando a qualche collegio a favore dei centristi. Per quanto riguarda i programmi ogni forza politica presenterà il proprio in campagna elettorale ma l'obiettivo è arrivare a un documento comune. Lega e Forza Italia pongono temi più programmatici all'attenzione degli alleati, ad esempio chiedono, in caso di vittoria alle elezioni, che già nel primo Consiglio dei ministri si proceda all'approvazione dei decreti Salvini su sicurezza e immigrazione e al via libera a una vasta operazione di pace fiscale sulle cartelle esattoriali entro i 10mila euro. Tra le priorità dei leghisti anche l'allargamento delle platea che beneficia della flat tax e il superamento delle legge Fornero sulle pensioni con l'introduzione di quota 41. Silvio Berlusconi, dal canto suo, dice di aver già scritto un programma elettorale “avveniristico” da sottoporre agli alleati, che comprende, tra le altre cose, il taglio del cuneo fiscale, l'innalzamento delle pensioni minime a 1.000 euro al mese e la piantumazione di un milione di alberi in più.
Conte annuncia che il M5S correrà da solo e senza alleati
Giuseppe Conte ha annunciato che il Movimento 5 Stelle con la sua agenda progressista e sociale correrà da solo e non si alleerà con nessun’altra forza politica. L’ha fatto in diretta su Facebook da San Giovanni Rotondo dove dice di aver trascorso qualche giorno di riposo prima della “lotta senza sosta” della campagna elettorale. Ripercorre la fine del governo Draghi respingendo tutte le accuse d’irresponsabilità e assicura che “noi non tradiremo mai i cittadini che ci voteranno. Questo è l'impegno che voglio anticipare per questa campagna elettorale”. Poi Conte va in tv e ribadisce che, “se campo largo significa una svolta moderata del Pd, o proporre ai cittadini un progetto politico che va da Calenda e Renzi a Di Maio, fino a Brunetta e ai fuoriusciti di Forza Italia”, è “una prospettiva che a noi non può interessare” perché sarebbe “un campo scarsamente coeso”. Quindi comincia a sciogliere alcuni nodi di cui si continua a discutere tra i Cinque stelle di cui il primo è quello del superamento del limite dei due mandati. Su questo delicato tema, il presidente del Movimento sembra aprire alle famose deroghe che consentirebbero ad alcuni big di ricandidarsi in Parlamento (tra questi Roberto Fico, Paola Taverna, Alfonso Bonafede e Vito Crimi che resterebbero tutti esclusi con un'applicazione rigida della norma). Quello del garante M5S “non è un diktat. Grillo ha sempre sostenuto questo fondamento che io condivido, ma siamo in una fase delicata in cui alcune esperienze tornerebbero utili al Movimento. Presto scioglieremo la riserva”. Non avrebbe invece bisogno di deroghe Alessandro Di Battista, con il quale “ci confronteremo. Anche se è un po' che non ci sentiamo, abbiamo un buon rapporto e ci dirà cosa vuole fare nel suo futuro. Però se vuole tornare deve inserirsi nel nuovo corso e nella struttura che si è creata, dove l'indirizzo politico viene deciso in maniera più strutturata” rispetto al passato.
Altra questione riguarda la scelta delle candidature, che da statuto dovrebbero passare per le parlamentarie on line votate dagli iscritti. “Faremo di tutto per coinvolgere la rete sia per il programma che per le liste”, annuncia, pur ammettendo che i tempi sono strettissimi. Nel frattempo, Conte deve anche incassare le dimissioni del capogruppo alla Camera Davide Crippa, che le annuncia con una lettera ai colleghi in cui si legge, tra le righe, un imminente addio al Movimento: “Non avendo condiviso la linea politicaadottata dai vertici del M5S, che ha causato la crisi del governo Draghi e i suoi drammatici effetti economici su famiglie e imprese, nonché la conseguente, prevedibile rottura di quel progetto ambizioso del campo progressista che ci aveva visti protagonisti di una importante svolta politica dentro e fuori dal M5S, ritengo non sia più opportuno proseguire nel ruolo di rappresentanza che svolgo”.
Standard & Poor's abbassa l’outlook per l’Italia e conferma il rating BBB
Alla luce dei rischi per le riforme connessi alla fine della legislatura con le dimissioni di Mario Draghi, Standard & Poor's ha abbassato da positivo a stabile l'outlook per l'Italia, confermando invece il rating BBB. Secondo l'Agenzia “questi sviluppi potrebbero distogliere l'attenzione dalle riforme chiave e pesare ulteriormente sulla fiducia e sulla crescita in un momento di elevata incertezza e aumento dell'inflazione” a livello europeo e globale; l’evoluzione politica, spiega S&P, “potrebbe compromettere la tempestiva attuazione delle tappe fondamentali e degli obiettivi da cui dipendono” i fondi del Pnrr che per l'Italia che equivalgono al 7,6% del Pil.
Alla luce delle ricadute del conflitto in Ucraina S&P ha rivisto al ribasso dal 3,1 al 2,8% la stima sul Pil italiano nel 2022. Per l’Agenzia rinviare l'attuazione degli obiettivi del Pnrr potrebbe portare a rimandare l'erogazione dei fondi e “ciò ridurrebbe la spinta attesa del Next Generation EU Fund”. Sul fronte dei conti pubblici S&P stima per il 2022 un deficit di bilancio dell'Italia al 6,3% del PIL rispetto all'obiettivo del Governo del 5,6%, per via delle misure fiscali volte a mitigare l'aumento dei costi energetici per famiglie e imprese che sull'intero anno dovrebbero costare circa 28 miliardi di euro (1,5% del PIL). Per il 2023, “prevediamo un miglioramento di 1,3 punti percentuali del disavanzo pubblico al 5,0% del PIL, sebbene le prospettive siano incerte. Ciò che conta di più sono i dettagli del prossimo bilancio 2023, che dovrebbe essere consegnato dal Governo entrante entro la fine dell'anno”. L'Agenzia infine prevede che il debito netto delle Amministrazioni pubbliche raggiungerà poco meno del 138% del PIL (escluse le garanzie del Fondo europeo di stabilità finanziaria) a fine 2022 rispetto al 141,5% di fine 2021, per poi stabilizzarsi leggermente al di sotto del 140% del PIL entro fine 2025.
Al Senato
L’Assemblea del Senato tornerà a riunirsi alle 9.30 per le comunicazioni del Presidente Elisabetta Casellati.
Per quanto riguarda le Commissioni, la Bilancio esaminerà la relazione del Governo sull’aggiornamento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica. Sul medesimo argomento, con la rispettiva della Camera, ascolterà la presidente dell'Ufficio parlamentare del bilancio Lilia Cavallari. La Lavori Pubblici esaminerà il decreto per la sicurezza e lo sviluppo delle infrastrutture, dei trasporti e della mobilità sostenibile, nonché in materia di grandi eventi e per la funzionalità del Ministero. La Industria esaminerà lo schema di decreto ministeriale sui criteri e modalità per l'ingresso consapevole nel mercato dei clienti finali di energia elettrica e gas interessati dal superamento dei regimi di prezzi regolati, nonché criteri per assicurare la fornitura di energia elettrica alle microimprese che, alla data del 1° gennaio 2023, non avranno scelto un fornitore sul mercato libero.
Alla Camera
Dopo che ieri è stata approvata, anche se non ancora definitivamente, la Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021,l’Assemblea della Camera tornerà a riunirsi alle 10.00 per esaminare il decreto-legge per le semplificazioni fiscali. A seguire si confronterà sul Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2021 e del Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2022.
Per quanto riguarda le Commissioni, la Esteri esaminerà la ratifica ed esecuzione dei Protocolli al Trattato del Nord Atlantico sull'adesione della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e, con la Difesa, dibatterà sulla relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sulla deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni. La Bilancio si confronterà sul rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2021 e sulle disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2022. La Attività Produttive esaminerà lo schema di decreto ministeriale sui criteri e modalità per l'ingresso consapevole nel mercato dei clienti finali di energia elettrica e gas interessati dal superamento dei regimi di prezzi regolati, nonché criteri per assicurare la fornitura di energia elettrica alle microimprese che, alla data del 1° gennaio 2023, non avranno scelto un fornitore sul mercato libero. Infine, la Politiche dell’Ue esaminerà la legge di delegazione europea 2021.