Passa la linea Meloni, il centrodestra trova l’intesa su premiership e collegi
Dopo giorni di tensioni a distanza, ieri il centrodestra si è riunito alla Camera per definire le regole interne alla colazione in vista delle elezioni politiche del prossimo 25 settembre. Al vertice erano presenti Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e i centristi Maurizio Lupi di Noi con l'Italia e Lorenzo Cesa dell'Udc. L’incontro è stato risolutivo dal momento che tutti i nodi sono stati sciolti. Sulla premiership è stata confermata che sarà il partito che prenderà più voti a indicare il presidente del Consiglio, in caso di vittoria del centrodestra. La leader di Fratelli d’Italia ha quindi convinto il Cavaliere che nei giorni scorsi aveva chiesto di rinviare la questione magari a un’assemblea dei nuovi eletti. La preoccupazione all’interno di Forza Italia è che l’ipotesi di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi possa allontanare i moderati non solo dal partito ma dal votare la coalizione. Nei giorni scorsi dal Ppe c’era stato l'endorsement ad Antonio Tajani e la Meloni era stata costretta a dichiarare a più riprese che non ci sarebbe stata “Nessuna alleanza se non c'è accordo sul premier”.
Si riparte dal 2018, insomma, con i partiti che correranno da soli con liste (nella parte proporzionale) e programmi propri e indicando ciascuno il proprio candidato premier. L’altro tema spinoso affrontato è stato quello della modalità di suddivisione dei 221 collegi maggioritari: nel corso della riunione la Lega avrebbe proposto la media ponderata tra la rappresentanza parlamentare e i sondaggi, mentre Berlusconi avrebbe rilanciato la quota di 33 collegi per ogni forza politica. Alla fine, dopo 4 ore di vertice, è la leader di Fdi a spuntarla ottenendo come metodo quello degli ultimi sondaggi non più vecchi di due settimane. Secondo l’accordo a Fratelli d’Italia sono assegnati 98 seggi, 70 alla Lega e 42 a Forza Italia; ai centristi, di cui si farà carico FdI, 11 collegi. La coalizione ha anche deciso che si presenterà unita nelle circoscrizioni estere.
Conte è sotto pressione sulle deroghe. Grillo minaccia, non arretra e attacca
Alta tensione nel Movimento 5 stelle sulla questione della deroga ai mandati. Per Beppe Grillo il limite è un muro da non abbattere, è “la luce in fondo alle tenebre” come ha detto nei giorni scorsi, facendo intendere chiaramente di non condividere neanche la manciata di eccezioni proposte da Giuseppe Conte, come quelle per il presidente della Camera Roberto Fico, la vicepresidente del M5S Paola Taverna e l'ex capo politico Vito Crimi o per Alfonso Bonafede. La delicatezza del momento s’intuisce anche dalle smentite alle voci secondo cui il garante avrebbe detto al leader, nel corso di un colloquio telefonico, di essere pronto a lasciare il Movimento se fossero concesse anche solo poche deroghe. Conte ha chiarito che “Tra me e Beppe Grillo non c’è stata nessuna telefonata ieri sera e quindi nessun aut aut. Smentisco categoricamente tutte le indiscrezioni in merito”; “Fake news” quelle sull'aut aut è la versione arrivata anche da fonti vicine al comico genovese.
Mentre imposta la campagna elettorale di un partito che punta a essere il “terzo polo”, Conte deve quindi risolvere vari rebus interni. Solo poche ore prima aveva spiegato che il limite dei due mandati “non è un diktat”, assicurando di “condividere” il principio e aggiungendo però che “è una situazione complicata, una fase in cui alcune esperienze gioverebbero molto al Movimento”; la riserva, ha detto ancora l'ex premier, sarà sciolta a breve. È il dossier più delicato che lo attende oggi al rientro a Roma, dopo qualche giorno in Puglia “per ricaricare le batterie”. Chi conosce bene Beppe Grillo sostiene che sta lavorando a una soluzione, pur ricordando che il garante è comunque legalmente proprietario del simbolo nonché dei domini internet del Movimento, un elemento non secondario. La dinamica, per diversi pentastellati, potrebbe essere quella del “poliziotto buono e poliziotto cattivo”: Conte, in sostanza, sotto pressione da un buon numero di veterani che premono per non restare fuori dalle liste, alla fine si gioverebbe della sponda di Grillo davanti a un partito in fibrillazione ormai da tempo. Nei prossimi giorni verrà presa una decisione così da poter aprire il cantiere delle liste. Il tema non è di poco conto visto che le previsioni per il partito sono di una riduzione considerevole dei propri eletti. Quindi, a prescindere dalla possibilità di svolgere le parlamentarie, nel M5S la prossima vera battaglia sarà quelle delle liste e c’è chi scommette, come l’ex Luigi di Maio, che se ne vedranno delle belle. Nel frattempo, comunque, c’è un forte pressing per la candidatura di Alessandro Di Battista.
Nel centrosinistra l’accordo di coalizione sembra ancora lontano
La costruzione della coalizione di centrosinistra va avanti fra accelerate, sospetti, incertezze e veti. Il front runner Enrico Letta è al lavoro per costruire uno schieramento ma per il momento ancora un accordo non c’è. “Le prossime elezioni sono il tappone dolomitico tutto in salita”, ammette, “Per noi sono una sfida difficile ma incredibilmente affascinate. Dobbiamo scegliere bene le strategie per applicare la legge elettorale”. Tradotto: le alleanze si devono fare perché il Rosatellum le premia, per questo, il lavoro di cucitura del segretario Pd va avanti. Le parole sulla “rottura irreversibile” col Movimento, però, non hanno ancora convinto definitivamente Carlo Calenda; il leader di Azione teme che nelle truppe Pd ci siano ancora troppi che strizzano l'occhio a Giuseppe Conte: “Se stanno preparando un'alleanza forte ed elettorale con i 5 Stelle, noi non ci possiamo stare perché noi con loro non ci siamo mai stati”. È una questione che il Segretario del Pd cerca di ribadire in ogni suo intervento pubblico ma che ancora non è stata sciolta definitivamente visto che sui territori le alleanze ancora permangono, è l’accusa. Ma i veti incrociati del leader di Azione non sono solo sul M5S, ci sono anche quelli su Verdi e Sinistra Italiana, Luigi Di Maio e poi su Matteo Renzi, che sta cercando alleati. Il leader di Iv sembra prediligere un dialogo con Calenda, per un rassemblement di centro che corra da solo, mentre i rapporti di Renzi col Pd appaiono freddi.
Un arabesco di posizioni che preoccupa anche il sindaco di Milano Guseppe Sala al lavoro per allargare il fronte riformista: “Spero che nessuno ponga veti perché questo non è il momento, dei veti. Di Maio ha manifestato a Letta la disponibilità a fare parte del centrosinistra. Se qualcuno giudica negativo il fatto di allargare un campo che parte sfavorito lo dica”. Si è parlato anche di contatti con l'ex sindaco di Parma Federico Pizzarotti, che su Facebook ha comunque precisato: “Non ho aderito a nessun progetto elettorale”. In ogni caso questi sono giorni di trattative. Il tema di fondo, come spesso accade in vista di un voto, sono gli accordi sulle liste, sui programmi e soprattutto sulla leadership, tutti nodi che nel centrosinistra non sono ancora stati sciolti: quello che è certo è che di tempo non ne è rimasto molto e che entro la settimana prossima dovranno essere sciolti.
Al Senato
L’Assemblea del Senato tornerà a riunirsi domani alle 9.00 per l’esame del decreto per la sicurezza e lo sviluppo delle infrastrutture, dei trasporti e della mobilità sostenibile, nonché in materia di grandi eventi e per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, il cosiddetto decreto Mims.
Per quanto riguarda le Commissioni, la Finanze esaminerà la proposta di legge delega per la riforma fiscale già approvata dalla Camera. La Industria si confronterà sulla Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021. La Salute esaminerà lo schema di decreto legislativo sulla prevenzione e controllo delle malattie animali che sono trasmissibili agli animali o all'uomo.
Alla Camera
Dopo che ieri ha approvato il decreto-legge per le semplificazioni fiscali, l’Assemblea della Camera tornerà a riunirsi alle 9.00 per esaminare la proposta di legge costituzionale per il riconoscimento delle peculiarità delle isole e il superamento degli svantaggi derivanti dall'insularità, e la relazione del Governo sull’aggiornamento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica.
Per quanto riguarda le Commissioni, la Esteri esaminerà la ratifica ed esecuzione dei Protocolli al Trattato del Nord Atlantico sull'adesione della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia. La Bilancio si confronterà sul rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2021 e sulle disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2022. La Affari Sociali, con la Agricoltura, esaminerà lo schema di decreto legislativo sulla prevenzione e controllo delle malattie animali che sono trasmissibili agli animali o all'uomo. Infine, la Politiche dell’Ue esaminerà la legge di delegazione europea 2021.