Meloni è più conciliante al Consiglio Ue su migranti e fondi
Dalle critiche all'Europa su tassi d’interesse, Mes e Pnrr espresse in Parlamento, ai toni più soft con cui ieri la premier, arrivando al Consiglio Ue, manifesta apprezzamento per i contenuti delle conclusioni del vertice dei leader Ue, e in particolare per il nuovo approccio europeo al fenomeno migratorio nella tutela dei confini esterni. È una Giorgia Meloni conciliante al summit dei 27: “Complessivamente per noi le conclusioni del Consiglio sono un'ottima base di partenza”, commenta, rimarcando che “su migrazione, Tunisia, flessibilità nell'utilizzo dei fondi” e “primi passi per un fondo sovrano europeo” nella bozza delle dichiarazioni finali ci sono “le posizioni italiane”. La premier pone l'accento sulla questione migratoria rivendicando gli sforzi del suo esecutivo per aver messo il tema della difesa dei confini dell'Unione in cima all'agenda dell'Europa: “Siamo davvero riusciti a cambiare il punto di vista, anche col contributo di altre nazioni, sull'annosa divisione tra Paesi di primo approdo e Paesi di movimenti secondari” passando a un “approccio unico che risolve i problemi di tutti”. Ad opporsi, però, all'accordo sulla migrazione cui lavorano i leader Ue è la Polonia di Mateusz Morawiecki, che ha bocciato il principio della “solidarietà obbligatoria” nella ricollocazione dei migranti e annunciato un referendum sulla possibilità di accettare o respingere l'accordo. Sul tavolo dei 27 approda anche il dossier Tunisia: Meloni registra con soddisfazione la proposta di un aumento delle risorse per la migrazione (circa 12 miliardi) annunciata dalla presidente Ursula von der Leyen.
Tra i temi al centro del vertice europeo non poteva mancare la guerra in Ucraina: l'impegno dei leader Ue per Kiev prosegue con lo stanziamento di 50 miliardi proposto dalla Commissione Ue. Nel corso del summit interviene il presidente ucraino Volodymyr Zelensky per ringraziare i 27 e per spronare la Ue a insistere con lo strumento delle sanzioni alla Russia. Il numero uno di Kiev, inoltre, si dice pronto ad avviare i negoziati per l'adesione dell'Ucraina alla Ue. Sul sostegno al Paese invaso dalla Russia si registrano le critiche del premier ungherese Viktor Orban, che punta il dito contro l'Ue “sull'orlo della bancarotta”. Sullo sfondo c'è poi la questione del Pnrr, al centro del colloquio di oggi a Bruxelles tra il Ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto e il Commissario europeo all'Economia Paolo Gentiloni “alla luce dei costanti contatti in corso tra governo italiano e Commissione Ue su terza e quarta rata, modifica del piano e capitolo integrativo RePowerEu”, fa sapere il ministero in una nota. Il faccia a faccia viene definito “interlocutorio” e se da un lato la Meloni rinuncia ad attaccare nuovamente la Bce, dall'altro ammette che per risolvere il problema dei mutui occorre fare di più.
Sulla ratifica del Mes la maggioranza punta a un rinvio a dopo la legge di Bilancio
La Commissione Esteri della Camera ha approvato il ddl di ratifica del Mes che nelle prossime ore approderà in Aula per la discussione generale, ma con la dichiarata intenzione della maggioranza di rinviare poi il voto della ratifica, previsto per il 5 luglio, a data da destinarsi. In Commissione Esteri, chiamata al voto finale sul ddl di ratifica del Mes, si è assistito per la seconda volta all'Aventino al contrario della maggioranza, che ha disertato i lavori, ad eccezione del presidente Giulio Tremonti. Ad approvare il testo sono stati Pd, Azione-Iv e +Europa. Il Governo deve sempre esprimere il parere su tutti gli Atti parlamentari; ebbene, il viceministro Edmondo Cirielli non ha dato né parere positivo né negativo, rimettendosi alle decisioni dei presenti, cioè delle opposizioni. Un evento mai accaduto: “È un’anomalia che il Governo in politica estera non decida, ma si rimetta alle decisioni dell'opposizione”, ha detto Piero De Luca (Pd), presentatore del ddl di ratifica. Cirielli ha detto di aver voluto “rispettare il confronto parlamentare” con il suo parere “remissivo”, ma tutti gli esponenti dell'opposizione presenti l’hanno criticato, dalla relatrice Naike Gruppioni (Azione-Iv), a Benedetto della Vedova (+Europa) e Laura Boldrini (Pd). Nell'aula della Camera si aprirà la discussione generale al termine della quale dovrà intervenire il Governo e c'è attesa e curiosità per questo passaggio.
Tuttavia, il voto della ratifica da parte dell'Aula, sollecitato anche in giornata dal presidente dell'Eurogruppo Paschal Donohoe, non ci sarà nei prossimi giorni. Mercoledì, quando verrà ripreso l'esame del ddl, la maggioranza presenterà una sospensiva, vale a dire la richiesta di interrompere l'esame e rinviarlo. Questo strumento prevede che la richiesta di rinvio sia motivata e sia indicato il momento in cui riprendere l'esame del ddl. Probabilmente, tra le motivazioni saranno indicate anche quelle puntigliosamente elencate dalla premier Giorgia Meloni mercoledì in Parlamento, a partire dalla necessità di concludere prima la trattativa con i partner europei sulla riforma del Patto di stabilità e su altri dossier, come le modifiche al Pnrr; l’argomento secondo le opposizioni renderà semmai più difficile la trattativa. Per quanto riguarda invece il momento in cui riprendere l'esame del ddl di ratifica, nella maggioranza si sta discutendo quale data indicare: nella Lega c’è chi suggerisce dopo le europee del 2024, è dunque più probabile che venga richiesto un rinvio a dopo la sessione di bilancio e quindi fine dicembre o a gennaio 2024.
Parte la corsa per le Europee, Tajani, Schlein e Calenda a Bruxelles
A poco meno di un anno dal voto parte la corsa alle Europee e i big della politica italiana fanno tappa a Bruxelles, ognuno impegnato a cercare la strategia giusta per rafforzare le alleanze transnazionali che saranno cruciali per determinare la prossima maggioranza al Parlamento europeo. Divisi tra le rispettive sedi dei Popolari, dei Socialisti e dei Liberali, Antonio Tajani, Elly Schlein e Carlo Calenda hanno iniziato a mettere a punto le proprie strategie. Il giro di incontri si apre nello stesso giorno in cui sono circolati i primi sondaggi diffusi da Europe Elects che proiettano i Conservatori di Giorgia Meloni in forte ascesa. Al pre-summit del Ppe, il vice premier Antonio Tajani ha visto il capogruppo del Ppe Manfred Weber, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e la presidente dell'Eurocamera Roberta Metsola. Stando ai sondaggi, il Ppe si confermerebbe la principale forza politica Ue con 161 seggi, pur perdendone 16 rispetto agli attuali. Per i popolari un'alleanza a destra al Parlamento Ue è più che un'idea. Gli occhi sono dunque puntati su Giorgia Meloni e sul suo partito Ue dei Conservatori e Riformisti, la cui crescita è trainata da FdI che potrebbe portare in dote al gruppo 28 seggi rispetto agli attuali 9. La delegazione conservatrice è pronta a imporsi in Ue anche grazie ai 19 seggi che arriverebbero dal partito di governo polacco.
Poco distante, alla sede del Pse, il presidente Stefan Loefven ha aperto il summit dei socialisti avvertendo: “L'estrema destra è in movimento”. Parole pronunciate guardando negli occhi il cancelliere Olaf Scholz, il primo ministro portoghese Antonio Costa e la segretaria del Pd Elly Schlein. Al tavolo dei socialisti si cercano quindi ricette per affrontare l'onda conservatrice che punta su Bruxelles e un ingrediente necessario per riuscirci è una solida politica di alleanze. Nel suo incontro pubblico con gli elettori, la sera precedente Schlein ha affrontato il tema in modo chiaro: “Da soli non si vince, se si ha chiara la propria identità non si deve avere paura del dialogo”. Numeri alla mano, in realtà, in Europa una coalizione alternativa a quella in carica, dove Ppe, S&D e Liberali sono insieme, non appare ancora esistere e lo scenario è ancora tutto aperto. A essere i veri kingmaker della prossima maggioranza potrebbero essere i Liberali: nonostante le proiezioni li diano in perdita di 14 seggi, i numeri suggeriscono che nessuna coalizione di maggioranza sarà possibile senza di loro. La sfida sarà decisiva soprattutto con i voti che potrebbero raccogliere in Italia e in Francia; a indicare la strategia nazionale di Renew è stato direttamente Carlo Calenda: l'obiettivo è “confermare” la maggioranza Ursula e “scongiurare” la vittoria di un “fronte anti-europeista”; un'intesa “con l'area socialdemocratica, rappresentata dal Pd” è possibile.
Musumeci rilancia su Figliuolo. Bonaccini critica il Governo sull’emergenza
Ufficialmente nessuno contesta la scelta di Francesco Paolo Figliuolo come Commissario straordinario alla ricostruzione post-alluvione, semmai il problema è il metodo scelto dal Governo. Tecnicamente, l'incarico al generale verrà conferito la settimana prossima con un decreto del presidente del Consiglio. Intanto, il Ministro della Protezione civile e delle Politiche del Mare Nello Musumeci nei prossimi giorni lo incontrerà assieme ai capi dipartimento della Protezione civile e di Casa Italia “per un utile confronto sulle procedure da avviare”. L'uomo che ha portato a termine la campagna vaccinale contro il Covid avrà il suo bel da fare anche in questo nuovo incarico, soprattutto perché la tensione politica resta molto alta. “Prima hanno deciso di separare la fase dell'emergenza da quella della ricostruzione, ignorando che in un'alluvione le due cose si tengono insieme. Poi hanno detto che il Commissario alla ricostruzione sarebbe venuto dopo mesi, di fronte al bisogno di aiutare subito famiglie e imprese e mettere in sicurezza il territorio. Infine, si sono divisi sul nome, impiegando un mese e mezzo a decidere”, lamenta il presidente dell'Emilia-Romagna Stefano Bonaccini a La Stampa e poi affonda contro l'esecutivo: “È parso che il problema fosse dire no all'E-R e non nominare Bonaccini”.
Su Figliuolo, invece, nulla da dire: “Abbiamo collaborato molto bene durante la pandemia e qui nessuno ha niente contro di lui. È una figura autorevole”. Una prima conferma arriva dalle parole del sindaco di Ravenna e presidente dell'Upi Michele de Pascale, che accoglie la nomina con favore, ma continua a chiedere di accelerare i tempi sui fondi. Ad oggi sul piatto restano solo le stime portate al tavolo di confronto governo-enti locali sull'emergenza dalla Regione E-R: “8,8 miliardi di euro, senza i danni indiretti, di cui 1,8 miliardi servono subito se vogliano su argini, fiumi, frane e strade interrotte intervenire prima dell'inverno, per evitare che in autunno un fenomeno ordinario diventi straordinario”, ribadisce ancora Bonaccini al Festival del Lavoro a Bologna. Anche le opposizioni battono sullo stesso tasto e su questo sembra esserci perfetto allineamento tra AVS e M5S. Da par suo, Musumeci spiega quale sia “l’unica certezza”, ovvero che “l’E-R dovrà avere tutto quello che serve per essere restituita alla normalità e la messa in sicurezza del territorio”.
Al via la kermesse dei giovani di FdI, apre La Russa
Ogni generazione ha il suo momento e questo è quello della “generazione Fenix”. Il messaggio che arriva dalla festa all’Eur di Roma del movimento giovanile di Fratelli d'Italia è inequivocabile: “Cambieremo futuro” è il titolo della quarta edizione dell'evento. E di passato e futuro parla il primo ospite della kermesse, che si concluderà domenica, il presidente del Senato Ignazio La Russa. Chiamato a passare la fiaccola, si presenta come anello di congiunzione della destra italiana, più che come fondatore di FdI. La fiaccola sono i ragazzi di Gioventù Nazionale, dice, ma è anche “fatta di sangue e di memoria”, senza cui non potrebbe esserci futuro. E allora invita a ricordare “il sacrificio e l'emarginazione” dei ragazzi del passato, da Sergio Ramelli a Ugo Venturini. Quindi, passa in rassegna i protagonisti della storia, “senza cui tutto questo non sarebbe possibile”: Giorgio Almirante e l'Msi, ma anche Pinuccio Tatarella e Gianfranco Fini. “La fiamma nel simbolo è una conseguenza, l'importante è avere nel cuore una fiamma che arde per la nostra patria”, dice rivolgendosi a una platea di giovanissimi dove l'ultimo arrivato ha appena 14 anni. La Russa è accolto da un'ovazione: “C'è solo un presidente”, intonano i ragazzi. Tra i militanti regna il buonumore. Il presidente del movimento Fabio Roscani, deputato FdI classe 1990, non nasconde l'amore per la tradizione tolkeniana. E assicura: “tra di noi i veri eroi moderni sono Falcone e Borsellino, di fronte a cui vibrano le corde dell'anima”.
Inevitabile il confronto con Atreju, la festa della destra giovanile che consacrò la leadership nascente di Giorgia Meloni e di tanti altri ora esponenti di spicco di FdI. Roscani non ha dubbi: “Se accanto alla generazione Atreju cresce una generazione Fenix mettiamo al riparo la storia della destra italiana”; il deputato tiene a ribadire che Fenix non “è in alternativa ad Atreju”. Gli anziani del partito spiegano che anche quest'anno, dopo una pausa, la kermesse tornerà a settembre. Nessun conflitto, ma la manifestazione, tra i più giovani, viene vista come un evento di partito, dei “grandi” e i giovani di FdI rivendicano Fenix come luogo del movimento giovanile. Il calendario prevede panel con diversi ministri: tra gli altri, Tajani, Roccella, Crosetto, Bernini, Valditara, Fitto, Sangiuliano. Attesi anche i giovani di Vox. Nel primo giorno, animano il parterre Donzelli, Malan, Trancassini.