Mattarella giura mettendo al centro la dignità. Inizia il suo secondo settennato

Ieri è stato il giorno del giuramento, davanti al Parlamento in seduta comune, del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il discorso, 38 minuti interrotti da 52 applausi e 4 minuti di standing ovation, è un crescendo, pronunciato con voce ferma e sicura, molto diverso dal primo messaggio di sette anni fa, quasi sussurrato. Sobrio, alto, impeccabile, senza alcuna sbavatura, il tredicesimo capo dello Stato si rivolge ai grandi elettori che lo hanno rieletto dopo giorni di tensioni politiche molto forti. Sul bis poche parole, dosate: “Una nuova chiamata alla responsabilità alla quale tuttavia non posso e non ho inteso sottrarmi”, scandisce. Il Presidente ringrazia le Camere e le Regioni per la “fiducia manifestata chiamandomi per la seconda volta a rappresentare l’unità della Repubblica” ed elogia il Parlamento certificandolo come luogo “più alto della rappresentanza democratica, dove la volontà polare trova la sua massima espressione”. Mattarella non ha dubbi: le italiane e gli italiani, in particolare “quelli più in sofferenza”, si attendono “dalle istituzioni della Repubblica garanzia di diritti, rassicurazione, sostegno e risposte al loro disagio”. E il Parlamento ha saputo mettere fine al “prolungarsi di uno stato di profonda incertezza politica e di tensioni” durante la settimana di votazioni alla Camera, conscio delle “conseguenze che avrebbero potuto mettere a rischio anche risorse decisive e le prospettive di rilancio del Paese impegnato a uscire da una condizione di gravi difficoltà”. 

I grandi elettori, secondo Mattarella “hanno avuto questa consapevolezza” quando hanno concluso “i giorni travagliati della scorsa settimana. Travagliati per tutti, anche per me”, chiosa. Da questo punto in poi del messaggio, il presidente guarda a un futuro tutto da costruire perché l'Italia è “un grande Paese” e può farcela. La sua sarà una guida salda, che avrà come faro la Costituzione, com’è stato per il suo precedente mandato. Questa la strada da seguire, ma sarà realizzabile solo con “lo sforzo comune” di tutti i livelli del sistema Paese. Gli obiettivi sono tanti, ma le emergenze (sociali, sanitarie ed economiche) restano la spinta che ha convinto Mattarella alla rielezione benché avesse altri piani. Ma per far questo è necessaria una Repubblica “capace di riannodare il patto costituzionale tra gli italiani e le loro istituzioni libere e democratiche”. È qui il passaggio più politico del messaggio quando invoca “l'inveramento della democrazia”, richiamando i partiti “a rispondere alle domande di apertura che provengono dai cittadini e dalle forze sociali”. Bisogna favorire “una stagione di partecipazione”, con il Parlamento che ha il grande compito di stabilire nuove regole: “Senza partiti coinvolgenti così come senza corpi sociali intermedi, il cittadino si scopre solo e più indifeso. Deve poter far affidamento sulla politica come modalità civile per esprimere le proprie idee e, insieme, la propria appartenenza alla Repubblica”. E in questo contesto si inserisce “l'indispensabile dialogo collaborativo tra Governo e Parlamento”. 

Il capo dello Stato ringrazia l'esecutivo di Mario Draghi che sta portando il Paese fuori dall'emergenza, ma nello stesso tempo lo avverte: “Il Parlamento sia posto in condizione sempre di poter esaminare” e “valutare con tempi adeguati” gli atti del Governo. “La forzata compressione dei tempi parlamentari rappresenta un rischio non certo minore di ingiustificate e dannose dilatazioni dei tempi”, richiama. “Costruire un’Italia più moderna è il nostro compito”, è l'incitamento del capo dello Stato, e sarà realizzato se tutto il tessuto della Repubblica viaggerà su un solo binario, quello di difendere l'Unità del paese, rimuovendo gli ostacoli, tra cui le diseguaglianze che segnano la penisola, che non sono il prezzo da pagare per la crescita ma piuttosto il freno per ogni prospettiva reale di crescita”. Combattere le morti bianche, contrastare la violenza sulle donne, difendere la vita quando ci si interroga sui migranti, lottare contro la tratta degli esseri umani, e tanto altro come costruire un Paese “libero dalle mafie”. Mattarella non si stanca di ripetere la parola “dignità” come “pietra angolare del nostro impegno, della nostra passione civile”. E non è un caso che, tra i nomi citati dal capo dello Stato, il suo discorso si è chiuso con un ricordo di David Sassoli, “testimonianza di uomo mite e coraggioso” di cui fa sue le ultime parole dette in pubblico: “La speranza siamo noi”. Ecco, rimarca il nuovo capo dello Stato, “noi, insieme, responsabili del futuro della nostra Repubblica. Viva la Repubblica, viva l’Italia!”

Il Mattarella Bis apre la strada alle riforme. Fdi chiede il presidenzialismo

Mentre da Sergio Mattarella arriva l'appello ad aprire una nuova stagione di riforme, che riavvicini i cittadini alla politica, in Parlamento i partiti si preparano a darsi battaglia sulla riforma del Csm, in arrivo dopo mesi di stand by, ma anche sulle regole per la scelta del Capo dello Stato. A insistere sull'elezione diretta è Fratelli d'Italia: “Mi auguro sia l'ultimo giuramento di un presidente della Repubblica non scelto dagli italiani ma frutto di veti e inciuci tra i partiti” scrive su Twitter Giorgia Meloni, chiedendo “presidenzialismo subito”. E il suo partito, che pure ha applaudito in Aula il Mattarella bis, in mattinata ha annunciato una proposta di legge per “sancire il divieto di rielezione del Presidente della Repubblica”. Sempre a fine marzo andrà discussa in assemblea anche la proposta di tagliare i grandi elettori delle Regioni, a corredo della riforma che ridurrà a 600 i parlamentari a partire dalla prossima legislatura. Proprio in vista del taglio dei parlamentari il passaggio più urgente è la revisione dei regolamenti parlamentari: alla Camera i due relatori, Emanuele Fiano (Pd) e Simone Baldelli (Fi), sono pronti a riferire in giunta il lavoro istruttorio svolto fin qui, che punta tra l'altro anche a disincentivare i “cambi di casacca”. Ma rimane aperta la questione delle Commissioni: Palazzo Madama con 200 senatori non potrà reggere le 14 Commissioni permanenti attuali che invece a Montecitorio, pur ridimensionato nei numeri, potrebbero rimanere senza incidere sulla loro operatività. Anche per questo i due hanno chiesto al presidente della Camera Roberto Fico di organizzare un incontro congiunto con il Senato. 

Intanto le commissioni Affari Costituzionali dovranno stilare un calendario serrato per portare a termine nell'ultimo anno di legislatura una serie di proposte di legge già avviate. Le riforme costituzionali, con il procedimento di approvazione rafforzato, hanno bisogno di tempo e per fare una lista ragionata, e condivisa, i presidenti Giuseppe Brescia e Dario Parrini stanno preparando un incontro con tutti i capigruppo di maggioranza e opposizione. Intanto alla Camera entro fine mese arriverà l'ok definitivo alla tutela dell’ambiente in Costituzione e a seguire si andrà avanti anche con il riconoscimento della peculiarità delle isole. Aspetta anche la nuova disciplina del referendum propositivo (una possibile risposta alla richiesta di Mattarella). Ma da tempo sul tavolo ci sono anche temi su cui non sarà semplice trovare una sintesi, dalla sfiducia costruttiva, alle competenze del Parlamento in seduta comune. Ci sono anche le proposte sulla nuova base elettorale del Senato (circoscrizionale anziché regionale) e sulla riforma del titolo V (per la clausola di supremazia). E ancora la questione della limitazione della decretazione d'urgenza. Ma la partita a più alto tasso di litigiosità rischia di essere quella sulla legge elettorale: il tema non sarà ufficialmente sul tavolo dell'incontro tra le Commissioni ma il fronte trasversale di chi spinge per un sistema proporzionale vuole evitare rinvii.

Lega e Fi soddisfatti per Mattarella. Salvini positivo al Covid salta giuramento

Il centrodestra è la coalizione uscita più ammaccata dalla partita del Quirinale. A cinque giorni di distanza dalla rielezione di Sergio Mattarella, le tensioni sono ancora tante. Al discorso di giuramento del presidente della Repubblica a Montecitorio Matteo Salvininon è presente, costretto a casa dal Covid; il Leader della Lega comunque poi ha chiamato il capo dello Stato per complimentarsi “per lo splendido e convincente intervento”; “giornata di lavoro come tante altre, tampone di controllo come tanti altri, nessun sintomo di nessun genere, ma risultato positivo. A casa al volo qui a Roma, armato di computer, telefono e pazienza”, scrive su Facebook il leader del Carroccio, che in mattinata ha incontrato al Mise il Ministro e numero due del partito, Giancarlo Giorgetti. La Lega, assicura Salvini, non è interessato ad alcun rimpasto di Governo: “Noi siamo al Governo per lavorare. Il Pd si occupi del Pd. Noi vogliamo costruire, lascio a Letta e Conte i ragionamenti partitici”. In casa Forza Italia, invece, il leader Silvio Berlusconi definisce “ineccepibile” il discorso del capo dello Stato. “La generosa disponibilità di Sergio Mattarella ad accogliere la nostra richiesta di accettare un secondo mandato garantisce la necessaria stabilità all'Italia”. Insomma, Lega e Forza Italia, le due principali forze di centrodestra nel governo Draghi, sembrano all'unisono almeno sotto questo aspetto. 

Giorgia Meloni segnala la presenza dei suoi compatti a Montecitorio durante l'intervento di Mattarella e poi si sfoga: “Rispettiamo sempre le istituzioni della Repubblica”. Quindi, ai cronisti in Transatlantico la leader di FdI dice di aver condiviso “diversi passaggi” del discorso, inclusa “la bacchettata al governo Draghi per i mancati diritti del Parlamento e segnatamente i diritti delle opposizioni, questo non lo ha detto ma io lo interpreto così. Lo considero una significativa discontinuità con il presidente precedente”. Non finisce qui: sul fronte dei rapporti fra i partiti del centrodestra, la vicepresidente dei senatori azzurri Licia Ronzulli assicura che un tentativo di ricomposizione, almeno fra alcuni pezzi del centrodestra, è possibile: “Silvio Berlusconi non ha ancora sentito Giorgia Meloni, ma penso si sentiranno a breve. Per citare Venditti, ci sono grandi amori che fanno il giro e poi ritornano. In politica la parola fine non è mai definitiva”. E il ministro della Pa, Renato Brunetta, si esprime in questi termini: “Un centrodestra a trazione sovranista è un centrodestra che non può esistere. Sogno che Forza Italia torni quella delle origini, con Berlusconi, che sia il baricentro del sistema politico”. 

I parlamentari del M5S chiedono a Conte e Di Maio un chiarimento in assemblea

Anche nel giorno in cui prende il via il secondo settennato di Sergio Mattarella, la battaglia interna tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio non si ferma. Il pomo della discordia restano le modalità del confronto. I vertici pentastellati restano convinti di portare il Ministro degli Esteri al voto degli iscritti, ma alcuni organismi sono incompleti e il collegio dei probiviri è in prorogatio, dunque fuori uso. Così l’ex premier inizia a tirare il freno: “Voto online? Non anticipo nulla, sono cose delicate”, dice a La7. Peraltro, sulle teste di Conte e dei suoi vice pende la spada di Damocle del ricorso presentato da alcuni attivisti alla Procura di Napoli sulla legittimità del voto sul nuovo Statuto. In Parlamento, intanto, cresce il fronte di chi chiede che il faccia a faccia si svolga in un’assemblea congiunta, magari già nel prossimo fine settimana, meglio se in una location lontana da Roma. Se così fosse, ancora una volta, proprio come è accaduto con la candidatura di Mattarella, sarebbero i parlamentari a indicare la strada. Il primo passo lo hanno mosso i senatori durante la riunione settimanale del gruppo di Palazzo Madama: diversi gli interventi per chiedere di virare verso questo tipo di soluzione, da Vincenzo Presutto a Primo Di NicolaFabrizio TrentacosteDaniele PescoSergio PagliaDaniela Donno e Sergio Vaccaro; chi ha preso parte all’assemblea, però, rimarca la forte contrarietà dell’ala vicina a Conte. Nel frattempo anche nelle truppe Cinque Stelle di stanza a Montecitorio si fa largo l’idea che questa sia l’unica strada percorribile, se non si vuole provocare un’implosione del M5S. 

Diversi deputati chiedono a gran voce che sia anche l’ex premier a dare spiegazioni sulle trattative condotte per l’elezione del presidente della Repubblica; l’affare Belloni è argomento che scotta ancora. “Scissione? Il Movimento è la casa di Di Maio. Però Conte deve spiegare seriamente, stavolta non può finire a tarallucci e vino”, dice il presidente della Commissione per le Politiche Ue della Camera Sergio Battelli al Corriere della Sera. “Conte aveva il mandato pieno dei nostri grandi elettori. Quindi, siccome ci sono stati diversi passaggi non chiari e tanti di noi hanno dubbi, è doveroso chiarire ciò che è successo nell'ultima notte di caos. Esprimo dubbi, non accuse”. Giuseppe Conte, da par suo, prova a deviare le polemiche: “Non è una questione riservata fra me e il ministro Di Maio: non potrei accettare che fosse messa in questi termini”. Sottolinea che “chiarimento pubblico non vuol dire che siamo alle gogne. Una comunità deve poter riflettere al suo interno con tutte le sue componenti, gruppi parlamentari e iscritti”. Ma con Di Maio “per quanto mi riguarda, non si tratta di ruggine, di un caso personale, ma una vicenda che va a toccare i punti centrali dell'azione politica, dell'essere comunità, della condivisione, dell'appartenenza e del senso comune verso obiettivi comuni”. Beppe Grillo la sua l’ha già detta, anche se i dubbi sull’interpretazione del post sul “Cupio dissolvi”, se sia un endorsement per Conte o un tentativo di mediazione, restano tutti in piedi e nessuno se la sente davvero di dare un solo significato all’uscita dell’Elevato. E intanto Alessandro Di Battista osserva e rimane alla finestra.



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