Amministrative, la Meloni in pressing sulla Lega per chiudere

Matteo Salvini apre le consultazioni su Roma e Milano; il leader della Lega passerà il week end a incontrare possibili candidati per le due città più importanti, che andranno al voto in ottobre e in cui si sta consumando un duro braccio di ferro con Fratelli d'Italia. Oggi sarà la giornata di Enrico Michetti, avvocato amministrativista, conosciuto tra le radio romane e segnalato da Giorgia Meloni come il “mister Wolf dei sindaci”; con Simonetta Matone il leader della Lega invece ha avuto un incontro ieri: “È una persona splendida”, commenta. 

Intanto qualcosa si muove anche per il capoluogo lombardo: Salvini infatti oggi pomeriggio proseguirà con gli incontri: molte le figure che dovrebbero sfilare al tavolo, tutte rigorosamente civiche e nel totale riserbo, quindi lontano dai giornalisti; tra i nomi ci sarebbero, oltre ai più conosciuti Annarosa Racca, Riccardo Ruggieri e Maurizio Dall'occhio, anche quello di Oscar di Montigny, presidente di Flowe, chief innovation, sustainability & value strategy officer di Banca Mediolanum e amministratore delegato di Mediolanum Comunicazione. Una rosa ricca, assicurano da via Bellerio, perché l'obiettivo è “scegliere i migliori e nessuno ha voglia di perdere, come si maligna. Sia a Roma che a Milano”. Matteo Salvini vuole fare le cose per bene e il pressing di Meloni per chiudere la partita già martedì non è gradito: “Siamo in fase di chiusura non solo a Roma, ma anche a Milano, come in tutte le altre città. Ci dobbiamo rivedere la settimana prossima e confido che si decida perché penso non possiamo perdere altro tempo, l'ho detto agli alleati”, scandisce la leader di Fdi dopo aver incontrato il premier Mario Draghi. Il vertice è stato aggiornato alla prossima settimana, ma sono in pochi quelli che scommettono che si terrà di un incontro risolutivo perché sono diversi i temi di tensione sul tavolo del centrodestra, a partire dal Copasir

Oggi in Cdm ci saranno assunzioni Pnrr e soluzione ponte assegno unico

Oggi in Consiglio dei ministri arriverà il via libera solo per il decreto sulle assunzioni che serviranno direttamente al Recovery plan, ovvero le 350 previste nel dl semplificazioni sulla governance e poi stralciate; non ci sarà, invece, il semaforo verde per le assunzioni di personale nei vari ministeri. Il reclutamento permetterà comunque di portare avanti i progetti ma non si allargheranno oltre le maglie. Sul dl reclutamento, uno dei pilastri indicati dal presidente del Consiglio per portare avanti la gestione dei fondi della Ue, c’è stato un braccio di ferro fino alla convocazione in serata della cabina di regia, alla presenza dei ministri Andrea Orlando, Elena Bonetti, Roberto Speranza, Stefano Patuanelli, Giancarlo Giorgetti, Daniele Franco e Renato Brunetta, con quest'ultimo che nel pomeriggio ha visto anche il leader della Lega Matteo Salvini; il presidente del Consiglio nella riunione ha ribadito l'intenzione di evitare ulteriori dilazioni. Oggi in Cdm dovrebbe arrivare l'ok anche alla soluzione ponte in attesa dell'assegno unico che a luglio sarà riconosciuto solamente a una platea circoscritta di contribuenti; per l'estensione a tutti, invece, bisognerà aspettare gennaio 2022.  

È scontro sul limite di persone al ristorante, ma sparirà il limite all’aperto

Nessun limite di commensali a tavola in ristoranti e bar se si è all'aperto e in zona bianca, ma è scontro sul numero dei presenti al chiuso. Il Governo sposa la proposta della Conferenza delle regioni che sull'interpretazione restrittiva del Ministero della Salute erano salite sulle barricate. Il Ministro Roberto Speranza aveva osteggiato il via libera anche per i territori a più basso rischio, restando fermo sulla limitazione di 4 sia all'aperto che al chiuso, una lettura troppo stringente che aveva trovato la contrarietà anche all'interno dello stesso ministero con i sottosegretari Pierpaolo Sileri e Andrea Costa che avevano sponsorizzato una linea più morbida. Speranza tuttavia fino alla fine non ha mollato la presa e nel corso della riunione di ieri mattina i tecnici del ministero sarebbero tornati sulla necessità di mantenere sia in zona gialla che in quella bianca il limite di 4 dentro e 4 fuori. Il tema è all'attenzione del premier Mario Draghi che, a detta di Giorgia Meloni che lo ha incontrato ieri a palazzo Chigi, non ha nascosto perplessità. A far tornare sui suoi passi Speranza si è quindi reso necessario l'intervento di palazzo Chigi, tale da permettere un allentamento, lo stesso condiviso poi con le Regioni. Ma la liberalizzazione scatena all'interno della maggioranza di governo un vero e proprio braccio di ferro sul numero delle persone sedute all'interno dei locali.  

Si apre così una trattativa che vede le Regioni ferme su 8 e il ministero che tenta con la mediazione dei 6 commensali oppure due nuclei familiari, ma niente di definito, con una ordinanza pronta a essere varata oggi dal titolare della Salute. È quanto si evince anche dalle parole della ministra Maria Stella Gelmini: “Governo e Regioni verso una sintesi positiva sul numero massimo dei commensali nei ristoranti, tanto al chiuso quanto all'aperto. La zona bianca è un premio, non avrebbe avuto senso mantenere le stesse regole previste per la zona gialla. Torniamo alla normalità”. La proposta avanzata dai tecnici delle regioni, infatti, guarda avanti e si concilia con le riaperture già previste dall'esecutivo: il tetto, di 8 o 6 commensali che sia, dovrebbe decadere dopo due settimane e quindi coincidere con il 21 giugno quando tutta l'Italia si tingerà di bianco e sarà cancellato anche il coprifuoco. 

La riforma di Giustizia e Csm dividono partiti. Sullo sfondo i referendum

Il ministro della Giustizia Marta Cartabia apre il dossier sulla riforma dell'ordinamento giudiziario e del Csm, sul quale questa mattina incontrerà i rappresentanti della maggioranza. Quello del Csm è il terzo pilastro della riforma della giustizia, assieme a quelle del processo penale e di quello civile, ma su tutto il pacchetto ora incombe l'incognita di sei referendum promossi da Partito Radicale e Lega, che hanno presentato i quesiti in Cassazione per poter avviare la raccolta delle firme. L'iniziativa divide la maggioranza tra chi ritiene che essa sia in contrapposizione al lavoro del Parlamento sul pacchetto giustizia e quanti invece la ritengono uno stimolo alle stesse Camere. I gruppi parlamentari hanno presentato in Commissione Giustizia della Camera circa 400 emendamenti al ddl sulla riforma dell'ordinamento giudiziario e del Csm presentato dal precedente Guardasigilli Alfonso Bonafede. Tuttavia, la posizione dell'attuale Ministro si conoscerà già oggi quando Cartabia illustrerà alla maggioranza gli esiti della Commissione ministeriale da lei insediata e guidata dal costituzionalista Massimo Luciani. Secondo le anticipazioni la Commissione esclude il sorteggio per l'elezione del Csm, proponendo piuttosto il voto singolo trasferibile, una proposta in campo sin dal 1996 (Commissione Balboni), per contrastare il correntismo nella magistratura. Verrebbero consentite le “porte girevoli” tra magistratura e politica, pur con forti limitazioni al momento di rientrare tra le toghe, e verrebbero limitate a due le volte in cui il magistrato nel corso della carriera potrà passare dalla funzione giudicante a quella inquirente o viceversa.  

Questi sono anche i temi principali oggetto degli emendamenti alla Camera e curiosamente a creare più problemi alle proposte del Ministero sono le forze garantiste, come Fi o Azione che propongono con i propri emendamenti soluzioni più drastiche. Ben più radicali sono le proposte dei sei referendum del Partito Radicale e della Lega, a partire dalla separazione delle carriere alla responsabilità civile dei magistrati e all'abrogazione della legge Severino. Matteo Salvini ha alzato il ramoscello d'ulivo: “Mentre il Parlamento andrà avanti nel processo delle riforme gli italiani potranno accompagnarle firmando da 2 luglio” sui referendum; “Alcuni temi non potranno trovare spazio in Parlamento e li mettiamo nelle mani dei cittadini. È un aiuto, portiamo una dote al governo Draghi che ha la nostra piena fiducia e al Paese”. Anche Fi e centristi, con Annamaria Bernini e Maurizio Lupi, considerano i referendum uno stimolo alle Camere. Benedetto Della Vedova (+Europa) ha espresso una analoga posizione, e nel Pd inaspettatamente hanno aperto ai quesiti Goffredo Bettini e Andrea Marcucci; ma i capigruppo Dem in Commissione Giustizia di Camera e Senato Alfredo Bazoli e Franco Mirabelli non hanno dubbi: i referendum sono “contro la riforma Cartabia” perché inevitabilmente mettono in contrapposizione Camere e volontà popolare. 

Seggi vacanti alla Camera, ipotesi per Conte e Letta

Giuseppe Conte lavora al rafforzamento della sua leadership nel Movimento e, in attesa che si sciolga nei prossimi giorni la querelle con Rousseau, medita su una sua possibile candidatura alla Camera, approfittando del seggio che lascerebbe libero Emanuela De Re, in procinto di essere nominata nuova inviata dell'Unione europea in Sahel. È una decisione cruciale per il suo futuro alla guida del Movimento: se da un lato un eventuale insuccesso lo esporrebbe ad un inevitabile perdita di prestigio in seno al Movimento, dall'altro, in caso di vittoria, il suo ingresso in Parlamento lo rafforzerebbe moltissimo agli occhi dei parlamentari che, sopratutto alla Camera, sono ancora molto legati alla figura di Luigi Di Maio. Questi, soprattutto dopo la sua iniziativa sul caso Uggetti, ha raccolto nuovi attestati di stima mentre in Parlamento i gruppi del M5S continuano a stare sul piede di guerra, ansiosi di capire quale futuro li attende e quali nuovi rapporti di forza scaturiranno dalla futura organizzazione pentastellata. In parallelo, si apre una prospettiva analoga anche per il segretario del Pd Enrico Letta, che potrebbe decidere di aspirare al seggio di Siena lasciato vacante da Pier Carlo Padoan: “È un'ipotesi. Però non è la mia prima priorità” commenta il segretario dem. Con i leader dei due partiti alla Camera, però, l'alleanza tra le due forze politiche ne uscirebbe sicuramente rafforzata. 

Intanto i 5 Stelle guardano alla scadenza dei termini per la consegna dei dati degli iscritti da parte di Rousseau: la dead line dovrebbe essere quella di domenica ma in questi giorni gli avvocati dell'associazione guidata da Davide Casaleggio stanno trattando con l'Authority per capire se l'organismo abbia o meno l’autorità per pretendere la consegna di dati sensibili nelle mani di un rappresentante non riconosciuto legalmente: Rousseau si è insomma reso disponibile a trattare ma si rifiuta di fare atti “contra legem” che potrebbero esporre l'associazione a risponderne in prima persona. Comunque la prova di forza, in attesa di un nuovo pronunciamento del Tribunale di Cagliari per la prossima settimana, sta fiaccando il Movimento: lascia infatti il M5S anche Elisabetta Trenta, scelta e candidata da Di Maio nel 2018 e nominata ministro della Difesa nel Conte 1: “Lascio perché i troppi compromessi e le retromarce sono la negazione dei sogni di chi ha creduto in noi” annuncia l'ex ministro che promette, però, di restare in politica, anche se non nelle file degli ex M5S che si stanno organizzando per rifondare il Movimento e creare dei gruppi parlamentari alternativi.

L’Aula della Camera

L’Aula della Camera tornerà a riunirsi alle 9.30 per la discussione generale su decreto relativo alle misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell'epidemia da Covid-19, il cosiddetto decreto riaperture.

 



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