La riforma catasto passa per un voto, ma la maggioranza si spacca

Il catasto compatta il centrodestra e spacca la maggioranza. Si consuma sul prelievo sulla casa, la madre di tutte le battaglie sulle tasse, l'ennesimo incidente parlamentare, stavolta pienamente annunciato, che fa traballare il governo Draghi: la revisione dei criteri per la mappatura catastale tiene in scacco la Commissione Finanze alla Camera per tutta la giornata e alla fine la riforma, così come scritta dall'esecutivo nella delega fiscale, è salva per un soffio. La votazione sull'emendamento di centrodestra che chiede di cancellarla finisce 22 a 23 e non passa, un solo voto che mostra tutte le difficoltà che avranno nelle prossime settimane i partiti a tenere insieme la larghissima alleanza di governo, anche perché la Lega ha già annunciato che, perlomeno sul fisco, d'ora in poi si ritiene con le mani libere. 

La giornata inizia con i tentativi di mediazione di Forza Italia, dopo che era arrivato dalla sottosegretaria Maria Cecilia Guerra il messaggio del premier: la riforma è dirimente, o si vota o tutti a casa. All'ora di pranzo il capogruppo azzurro Paolo Barelli insieme ad Antonio Martino e Alessandro Cattaneo presenta a Palazzo Chigi la proposta elaborata insieme alla Lega e sottoscritta da tutto il centrodestra: al capo di gabinetto di Palazzo Chigi Antonio Funciello, che tiene il filo della trattativa per conto di Mario Draghi insieme al consigliere del premier Francesco Giavazzi, la delegazione di Fi illustra un testo che si concentra sulla caccia agli abusi e sull'emersione delle case fantasma. Ma non c’è più traccia dei nuovi criteri da affiancare agli attuali per avvicinare le rendite catastali ai valori di mercato, scattando una nuova fotografia del catasto senza automatismi sulla revisione del prelievo: una proposta inaccettabile si affrettano a fare sapere gli altri partiti della maggioranza, perché non contiene la nuova mappatura e che non avrebbe raccolto neanche il favore del governo. Il premier, che aveva già avuto contatti con Antonio Tajani, cerca direttamente Silvio Berlusconi per convincerlo a non seguire la Lega: la casa non si tocca, risponde il Cavaliere, ricordando di essere quello che ha tolto l'Imu. 

Tiene insomma l'asse Berlusconi-Salvini, il centrodestra si ricompatta anche se rischia di dividersi, con la sconfessione dei ministri che in Cdm, a differenza dei leghisti, avevano votato la delega. Il “voto di Forza Italia è incomprensibile”, dirà infatti a sera il Ministro Renato Brunetta. Matteo Salvini chiede un appuntamento al premier nel quale ribadirà, a sentire il suo sottosegretario al Mef Federico Freni, l'appoggio al Governo della Lega ma senza venire meno “ai propri valori”. Quando Barelli ritorna a Palazzo Chigi per elaborare un'ulteriore proposta che, lamenta, non arriverà mai sul tavolo della Commissione, fa storcere il naso al resto della maggioranza. La situazione però non si sblocca, la mediazione salta e si va alla conta in commissione sull'emendamento: LegaForza Italia e Coraggio Italia votano compatti e con loro due deputati di Alternativa (Alessio Villarosa e Alvise Maniero). Arrivano a 22, e sono battuti da quelli di LeuPdM5S e Iv cui si uniscono Manfred Schullian del Misto, Nunzio Angiola di Azione e Alessandro Colucci di Nci. 

E anche sull’Ucraina la maggioranza inizia a scricchiolare

Matteo Salvini è gelido sull'invio delle armi in Ucraina (“era giusto farlo ma preferisco la diplomazia e la preghiera”) e lancia una critica al presidente del consiglio, velandola con un complimento: “Macron parla con Putin e fa bene. Berlusconi sicuramente potrebbe essere un interlocutore. Ma chi più di Draghi ha l'autorevolezza internazionale per chiedere il cessate il fuoco? Mi piacerebbe che fosse in prima linea, magari lo è, ma noi non lo sappiamo”. Nel giorno in cui la maggioranza si divide sulla riforma del catasto, si cominciano a sentire scricchiolii anche nelle posizioni sulla guerra in Ucraina. E riparte, seppur con toni cauti, la contrapposizione Lega-Pd: “L'Europa è portatrice di pace, l'Italia non è in guerra” chiarisce il segretario dem Enrico Letta, “Noi sosteniamo la libertà degli ucraini”. 

Matteo Renzi, senza citarli, critica il segretario Pd e il ministro degli esteri Luigi Di Maio, che nei giorni scorsi hanno usato parole dure per definire Vladimir Putin: “Agli statisti in erba che dicono Putin ha perso la testa e vanno all'escalation verbale dico: occhio. È un mezzo pazzo? Ha una strategia”, dice il leader di Iv. Il risiko dei posizionamenti e dei distinguo si giocherà anche nelle piazze sulle adesioni alle manifestazioni per la pace in programma nei prossimi giorni, dalla fiaccolata di oggi a Roma lanciata dal Comune col sindaco Roberto Gualtieri a quella organizzata per sabato a Roma in piazza San Giovanni, cui parteciperanno le realtà che sono critiche rispetto la scelta di inviare aiuti militari. Matteo Salvini si morde la lingua sul Ministro degli esteri Luigi Di Maio (“mi sono impegnato a non fare polemiche”) e intanto continua a progettare la missione in Polonia, primo punto di approdo dei profughi: “Penso di essere presente sul posto la prossima settimana. Con la guerra non si scherza, non mi interessa fare passeggiate, se riusciamo a organizzare la logistica e riportare in Italia donne e bambini”. 

L’Ue approva la protezione temporanea per i profughi provenienti dall’Ucraina

L’Unione Europea vara la direttiva per la protezione temporanea dei profughi dall'Ucraina aprendo le porte a quello che si preannuncia come un vero e proprio esodo: un milione di persone è già fuggito dalla guerra e, secondo le ultime stime europee, alla fine potrebbero essere 7-8 milioni gli sfollati dal Paese. Dall'Italia è arrivato il plauso di Palazzo Chigi: “Ancora una volta la risposta dell'Unione europea è stata pronta, rapida, solidale e unita”, ha sottolineato la presidenza del Consiglio. L'attenzione di Mario Draghisul tema rifugiati è massima: lunedì il premier sarà a Bruxelles per un faccia a faccia su temi cruciali nella crisi con la Russia, quello dell'immigrazione e quello dell'energia, dove si fa via via più urgente la necessità di diversificare le fonti diminuendo al minimo la dipendenza dalla Russia. In tema di migranti un passo avanti nell'emergenza Ucraina Bruxelles l’ha fatto alla riunione dei 27 Ministri dell'Interno che ha certificato l'intesa, a un certo punto, sono tuttavia riemerse le endemiche divisioni nell'Ue sul capitolo migranti: i Paesi del gruppo Visegrad e l'Austria hanno infatti avanzato riserve sulla proposta della Commissione, che prevedeva la protezione eccezionale per tutti i residenti, ucraini o non ucraini. 

La proposta, alla fine, è stata emendata: per i cittadini non ucraini ma con permesso di soggiorno a lungo termine lo Stato ospitante potrà scegliere tra la protezione temporanea europea o il regime di asilo previsto a livello nazionale. “Non si tratta di un ritocco significativo”, ha spiegato la commissaria Ue agli Affari Interni Ylva Johansson, ridimensionando la modifica. La trattativa è stata lunga, ma alla fine l'intesa è stata unanime e il nuovo volto dell'Europa unita non ha subito scossoni eccessivi. La direttiva si applica ai non ucraini che, a Kiev e dintorni, erano comunque a loro volta rifugiati e non include i cosiddetti residenti temporanei. Nessuno, però, verrà mai respinto, neppure chi ha smarrito i documenti fuggendo dalle bombe. Anzi gli ucraini possono utilizzare anche l'accordo con l'Ue sui visti viaggiando liberamente nell'Unione per 90 giorni. “L'Italia è abituata a gestire situazioni anche emergenziali, con la rete delle prefetture, il mondo dell'associazionismo, i Comuni. Faremo fronte a tutte le necessità che si presenteranno”, ha assicurato la titolare del Viminale Luciana Lamorgese rimarcando anche lei la necessità di un'Europa solidale. 

Si riaccende il dibattito sullo Ius culturae ma dal centrodestra arriva un secco no 

Torna ad accendersi il dibattito sulla cittadinanza. Il relatore e presidente della commissione Affari costituzionali alla Camera Giuseppe Brescia (M5S) ha presentato la proposta di testo unificato in commissione sullo ius culturae. Si punta esclusivamente sullo ius scholae, cioè il riconoscimento della cittadinanza ai minori stranieri legato a un percorso scolastico. Il testo prevede, in particolare, che i figli di genitori stranieri nati in Italia o arrivati entro il 12esimo anno d'età e che abbiano frequentato almeno cinque anni di scuola, oppure uno o più cicli scolastici, potranno avanzare la richiesta di cittadinanza attraverso i genitori “legalmente residenti in Italia”. Come era inevitabile la proposta divide i partiti della maggioranza. Sulla questione si va da un no secco del centrodestra a una spinta, invece, per la cittadinanza agli stranieri nati in Italia da parte del Pd e buona parte del M5S.

Per il presidente Brescia, la proposta “punta a introdurre in maniera puntuale una nuova fattispecie orientata al principio dello ius scholae, con una scelta di fiducia non solo negli stranieri che vogliono integrare i loro figli, ma nel lavoro della comunità didattica, nella dedizione dei dirigenti scolastici e degli insegnanti che in classe costruiscono la nostra Repubblica e insegnano i valori della nostra Costituzione”. E non solo: Brescia ricorda anche i “diversi ampi tentativi di riforma, tutti rimasti incompiuti”, nelle diverse legislature “con l'unico risultato di illudere e deludere centinaia di migliaia di giovani”. Quello che è certo è che l'iter dei lavori sullo ius scholae in Commissione Affari costituzionali della Camera partirà sicuramente generando ulteriori scossoni nella già fragile maggioranza che sostiene il Governo guidato da Mario Draghi



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