Meloni alla Cop27 assicura: l’Italia farà la sua parte. Poi incontra al-Sisi

Giorgia Meloni arriva alla Cop27 di Sharm el-Sheik e, nel corso della prima giornata del vertice mondiale sul clima, ha svolto diversi incontri bilaterali, dal segretario generale Onu Antonio Guterres al cancelliere tedesco Olaf Scholz, dal premier britannico Rishi Sunak al presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, dal presidente israeliano Isaac Herzog a quello algerino Abdelmadjid Tebboune e al primo ministro etiope Abiy Ahmed. Sul tavolo i dossier più caldi. Ma è la lotta ai cambiamenti climatici il fulcro del suo intervento: “L'Italia farà la sua parte”, assicura la presidente del Consiglio che al contempo avverte: “La lotta al cambiamento climatico è uno sforzo comune, che richiede il pieno coinvolgimento di tutti i Paesi. Purtroppo, dobbiamo ammettere che questo non sta accadendo”, l'assenza di India e Cina pesa. Eppure, gli obiettivi dell'Agenda 2030 e in ottica 2050 sono chiari: fra gli impegni dichiarati da Meloni, secondo cui il nostro Paese è pronto ad accelerare sulle rinnovabili, c'è anche quello di “sviluppare la nostra strategia di diversificazione energetica in stretta collaborazione con diversi Paesi africani”. 

Tornando ai bilaterali, tra i più attesi quello con il leader egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Durante l'incontro si è parlato di approvvigionamento energetico e poi anche di fonti rinnovabili, crisi climatica e immigrazione. Ma il faccia a faccia ha dato occasione alla premier di sollevare il tema del rispetto dei diritti umani e di sottolineare “la forte attenzione dell'Italia sui casi di Giulio Regeni e Patrick Zaki”. I principali temi europei e internazionali, “dalla guerra di aggressione russa all'Ucraina alla conseguente crisi energetica e alla gestione dei flussi migratori” sono stati il cuore dell'incontro fra la premier e Olaf Scholz, che ha inoltre confermato l'intenzione di consolidare le relazioni bilaterali sull'asse Italia-Germania. La lotta all'immigrazione illegale è stata, poi, fra le questioni affrontate nel bilaterale fra Rishi Sunak e Meloni: i due hanno parlato, anche, delle “principali sfide che la comunità internazionale deve affrontare, prima fra tutte l'esigenza di una risposta unitaria all'aggressione russa all'Ucrainae hanno sottolineato l'importanza della cooperazione tra Italia e Regno Unito in ambito G7 e Nato

Al centro del colloquio con Antonio Guterres la collaborazione tra l'Italia e le Nazioni Unite; Meloni ha confermato “il pieno sostegno italiano alla mediazione dell'Onu in Libia” e sono, quindi, state affrontate le ripercussioni della guerra in Ucraina, in particolare riguardo alla crisi alimentare che colpisce soprattutto l'Africa. E non solo: il bilaterale tra Meloni e il presidente israeliano Isaac Herzog si è concentrato poi “sull'eccellente collaborazione bilaterale e sulla transizione energetica”; nel corso del colloquio, inoltre, “è stata condivisa una forte assonanza sulla difesa dei valori comuni a partire dalla lotta all'antisemitismo”. Il colloquio con  Abdelmadjid Tebboune, invece, ha offerto l'occasione per confermare il “solido partenariato bilaterale” e le “intense relazioni di amicizia" tra Italia e Algeria "con sempre più importanti prospettive sul piano economico ed energetico” tra i due Paesi. 

Il Ministro dell’economia Giorgetti esordisce all’Eurogruppo e rassicura sui conti

Il Ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti si è presentato alla riunione dell'Eurogruppo a Bruxelles. I suoi colleghi dell'eurozona cercavano qualche rassicurazione, in particolare, il tedesco Christian Lindner, il falco delle finanze di Berlino, che all'arrivo ha subito puntato il dito contro l'Italia per la necessità di “aver conti solidi e finanze responsabili per affrontare l'inflazione a mantenere l'approccio europeo tracciato dalla Bce”. “Lindner? Siamo tutti preoccupati dal debito e tutti dovranno fare la propria parte. L'Italia la farà”, ha spiegato Giorgetti ai giornalisti. Durante i bilaterali che ha avuto con il presidente dell'Eurogruppo l'irlandese Paschal Donohoe e con la vice premier olandese, Sigrid Kaag (altro falco che ha chiesto di accompagnare alla flessibilità dei conti la rigidità dei controlli) Giorgetti ha posto l'accento, in vista della legge di bilancio, sull'approccio “prudente e realista che tiene conto, da un lato, del buon andamento dell'economia confermato dalle ultime rilevazioni dell'Istat e, dall'altro lato, dei rischi al ribasso, collegati specialmente al mercato dell'energia e all'inflazione”. 

Elementi richiamati anche dal commissario europeo all'Economia Paolo Gentiloni: “Confido nel fatto che ci sia un atteggiamento di grande cautela com’è nel caso dei Paesi con grande debito. Cautela non significa non adottare delle misure possibilmente mirate sull'emergenza energetica. Noi abbiamo segnalato a tutti i Paesi, in particolare con quelli ad alto debito, che a un atteggiamento fiscale di grande prudenza possono esserci delle eccezioni di sostegno legate all'emergenza energetica, chiedendo che queste misure siano il più possibile mirate”. Se ne parlerà nel dettaglio quando la Commissione verrà chiamata a esaminare la manovra, probabilmente a inizio dicembre: “Vedo ampi spazi per una relazione molto stretta, positiva e produttiva con il nuovo Governo”, ha confermato Paschal Donohoe al termine della riunione, “C'è stato un forte impegno su come verranno gestite le finanze pubbliche dell'Italia e il ministro Giorgetti ha anche evidenziato la necessità di mettere in campo politiche che possano sostenere lo sviluppo della crescita per l'Italia e l'Europa”. 

D'altronde Giorgetti ha fornito garanzie anche su uno dei dossier più spinosi per l'Italia: la ratifica della riforma del Mes. Finora mancano all'appello solo Roma e Berlino (quest'ultima bloccata in un ricorso alla Corte costituzionale). “Mi attengo alla posizione del precedente Governo di cui facevo parte, in attesa della decisione della Corte tedesca”, ha spiegato ai giornalisti. Il precedente Governo aveva dato l'impegno politico a ratificare in Parlamento la riforma: “Appunto, esattamente la stessa cosa”, ha confermato. Sulla riforma del Patto di stabilità (la Commissione presenterà una comunicazione con la propria proposta domani) Giorgetti ha evidenziato “la necessità che una nuova governance europea tenga conto delle caratteristiche economiche e finanziarie specifiche dei diversi Paesi dell'Unione, e riconosca il valore centrale della crescita nel garantire la sostenibilità”. Con alcuni criteri: semplicità, fattibilità e flessibilità, questioni che Giorgetti ha affrontato con “l'omologo e amico” francese Bruno Le Maire.

La maggioranza è al lavoro sulle presidenze delle Commissioni

Slitta da mercoledì a giovedì il voto per i presidenti delle Commissioni permanenti in Senato. La scelta, che invece non riguarderà la Camera, sarebbe motivata dalla volontà di anticipare a domani la votazione sull'aggiornamento della Nadef e la relazione sullo scostamento di bilancio, ma anche dal braccio di ferro interno alla maggioranza. Come spesso accade in queste circostanze le limature continueranno sino all’ultimo momento utile. Le 24 commissioni permanenti, 14 alla Camera e 10 al Senato, sono tasselli essenziali nell'azione di governo; nel centrodestra dovrebbe tenere l'intesa di massima sulla distribuzione: a FdI, secondo l'accordo raggiunto, andrebbero metà delle presidenze, ovvero 12 (7 alla Camera e 5 al Senato). A Palazzo Madama i nomi che circolano sono: Alberto Balboni per gli Affari Costituzionali, Nicola Calandrini per il Bilancio, Luca De Carlo per Industria e Agricoltura, Francesco Zaffini per la Sanità e poi un altro nominativo da individuare per le Politiche europee. 

La ratio è quella di “incrociare” ciascun ministero con i presidenti delle relative commissioni, in modo tale che se il Ministro viene da una forza politica, questi incarichi vadano alle altre. Si punta a evitare, al contempo, che lo stesso partito abbia entrambe le presidenze delle due Commissioni di merito nei due rami del Parlamento: così, se la Affari Costituzionali del Senato andasse a Balboni (Fdi), quella della Camera potrebbe spettare a Igor Iezzi della Lega. Per Montecitorio in Fratelli d'Italia i rumor parlano di Giulio Tremonti al vertice della commissione Esteri, Marco Osnato alla Finanze (in alternativa Andrea de Bertoldi o Ylenjia Lucaselli), Maria Carolina Varchi alla Giustizia (ma potrebbe essere dirottata all'Antimafia), Federico Mollicone alla Cultura, cui si dovrebbe aggiungere la presidenza della commissione Lavoro più altre due ancora da definire. Il partito di Giorgia Meloni deve anche rinominare i capigruppo e in pole ci sarebbero Lucio Malan per il Senato e Tommaso Foti per la Camera.

Alla Lega dovrebbero spettare 7 presidenze (4 alla Camera e 3 al Senato). Al Senato si danno quasi per certi Giulia Bongiorno alla Giustizia, Massimo Garavaglia alla Finanze e Roberto Marti alla Cultura. Alla Camera, i più accreditati sono per la Affari Costituzionali Igor Iezzi, per la Difesa Eugenio Zoffili (o Paolo Formentini) e Alberto Gusmeroli alla Attività Produttive. I leghisti, che starebbero tenendo fuori il nome di Alberto Bagnai per una eventuale presidenza di bicamerale, dovrebbero incassare anche l'Agricoltura o la Politiche Ue. In questo quadro Forza Italia incasserebbe cinque presidenze (3 alla Camera e 2 al Senato), ma le assegnazioni sono ancora in alto mare: a Montecitorio s’ipotizza Roberto Pella per la Bilancio e Francesco Battistoni per l'Agricoltura, mentre Stefania Craxi quasi certamente verrà riconfermata alla Esteri del Senato.

Altrettanto complicata è la trattativa tra i partiti dell'opposizione su Vigilanza Rai e Copasir. Per il Comitato per la Sicurezza della Repubblica crescono le quotazioni del dem Francesco Boccia (oltre a Enrico Borghi e Lorenzo Guerini), mentre per la Vigilanza si fanno i nomi di Stefano Patuanelli e Alessandra Todde, entrambi del M5S. Il Terzo Polo sta sulle barricate pronto a contendere il ruolo al Movimento con Maria Elena Boschi

Letta apre all’ipotesi di accorciare i tempi del congresso del Pd

Enrico Letta vuole evitare al Pd di rimanere imprigionato in dibattiti senza fine sulle regole del Congresso e alleanze, ma il passaggio è, ancora una volta, delicato. In tanti continuano a chiedere al segretario di velocizzare il percorso che porterà alle primarie per eleggere il nuovo segretario. L'apertura del leader arriva attraverso un lungo intervento su Repubblica: “Più la fase della chiamata e della discussione saranno efficaci, più si potranno anche contrarre i tempi della fase del confronto tra i candidati, in modo da poter anticipare la data attualmente fissata dalla Direzione nazionale del Pd per il 12 marzo”. L'ipotesi sarebbe quella di accelerare nelle ultime due fasi che riguardano il confronto tra le mozioni congressuali e le primarie vere e proprie, a patto di arrivarci forte di una “grande partecipazione”. L'ala riformista apprezza e anche Stefano Bonaccini, che scioglierà la riserva a giorni su una sua possibile candidatura, esulta: “Anche a livello di dirigenza nazionale stanno dando ragione a chi, come me, chiedeva di accorciare i tempi di convocazione del Congresso”, commenta. 

E se per Peppe Provenzano e Andrea Orlando la data del 12 marzo resta “un buon punto di caduta”, la decisione di un eventuale anticipo sui tempi potrebbe essere messa ai voti nel corso di una nuova direzione nazionale. Letta, intanto, riunisce la Segreteria e inizia a mettere a terra il percorso costituente: “È arrivato il momento di reagire e costruire insieme il nostro futuro. Il bivio che abbiamo dinanzi è tra camminare col solo vecchio bagaglio e gli stessi riti o accettare una sfida che esige risposte nuove e ambiziose”, scrive in una lettera-appello indirizzata ai militanti. Tutti, sottolinea poi, potranno partecipare al Congresso “senza nessun obbligo di iscriversi al Pd fino al momento del voto sulle piattaforme politico-programmatiche e sulle candidature alla Segreteria nazionale”. Poi, al ballottaggio, come sempre, le primarie saranno aperte: “Non vi chiediamo di ratificare decisioni prese dai dirigenti, ma di essere i protagonisti di un processo di rinnovamento del Pd e del centrosinistra nel nostro Paese. La nostra forza è la comunità. Ripartiamo da qui, rinnoviamola, allarghiamola, rendiamola davvero protagonista”. 

Il Pd è alle prese con la questione delle regionali in Lazio e Lombardia

Per i dem resta il nodo Regionali in Lazio e Lombardia. L'opzione primarie è sul tavolo e nel Lazio i gazebo potrebbero allora essere una chance: in campo ci sono Alessio D'Amato (sostenuto già da Azione e Iv e ritenuto l'opzione più forte anche da Letta), il vicepresidente del Lazio uscente Daniele Leodori e Marta Bonafoni, capogruppo della lista Zingaretti in Consiglio Regionale. Giovedì Nicola Zingaretti dovrebbe dimettersi e le elezioni potrebbero tenersi tra il 12 e il 19 febbraio. 

Diversa la partita in Lombardia. Netto il no dei dem alla possibilità di sostenere Letizia Moratti, lanciata da Azione e Iv: “Non c'è alcuna possibilità che il Pd, che è un partito di centrosinistra, insegua questa strategia, chiudiamola qui: non ci possono essere equivoci e ambiguità su questo”, taglia corto il vicesegretario Peppe Provenzano. La candidatura dell'ex assessora alla Sanità della giunta lombarda, però, mette pesantemente in bilico l'opzione Carlo Cottarelli. Se, infatti, anche in questo caso si rendessero necessarie le primarie, l'ex mister spending review, secondo i più, farebbe un passo indietro. E se l'asso nella manica resta Beppe Sala nel partito lombardo si sonda anche la disponibilità di alcuni sindaci, dal primo cittadino di Brescia Emilio Del Bono a quello di Mantova Mattia Palazzi. La strategia, in ogni caso, “verrà definita entro questa settimana”, assicurano dal Pd lombardo.



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