La Consulta ammette 5 referendum sulla giustizia. No a cannabis ed eutanasia
Dopo due giorni di camera di consiglio, la Corte Costituzionale ha bocciato tre degli otto quesiti referendari presentati e ne ammette cinque, tutti sulla giustizia. In particolare, la Consulta ha giudicato ammissibili i referendum che riguardano l'abrogazione della legge Severino in materia di incandidabilità, la limitazione del carcere preventivo, la separazione delle funzioni dei magistrati, la riforma del Csm e il voto nei Consigli giudiziari. Vengono bocciati i tre quesiti sulla responsabilità civile dei magistrati, sulla cannabis e sull'eutanasia. Proprio su quest'ultimo si concentra la conferenza stampa del presidente Giuliano Amatoche esordisce: “Leggere che chi ha deciso non sa cosa sia la sofferenza, mi ha ferito. Ha ferito tutti noi”; il presidente della Consulta è netto: “L'uso della parola eutanasia ha portato a questo. Perché quello è un quesito sull'omicidio del consenziente”, e così com'è “apre all'immunità penale per chiunque uccida qualcun altro con il consenso di quel qualcun altro, che sia malato oppure no”. Poi spiega: “Occorre dimensionare il tema dell'eutanasia a coloro ai quali si applica, a coloro che soffrono. E questo noi, sulla base del quesito referendario, non lo potevamo fare, ma, con altri strumenti, se ne può occupare il Parlamento”. Il cosiddetto referendum sulla cannabis, “avrebbe violato accordi internazionali”, perché comprendeva sostanze stupefacenti, “come papavero e coca, cosiddette droghe pesanti”.
È già battaglia sui referendum: Salvini lancia l'Election day con le amministrative
A poche ore dall’ammissione di cinque dei sei referendum sulla giustizia è già partita la campagna elettorale e subito è scattata la battaglia sull'Election day. A intestarsela è Matteo Salvini che chiede che si voti lo stesso giorno, accorpando le elezioni amministrative ai referendum, entro l'estate, così “Si possono risparmiare 200 milioni di euro”. Ma nasconde il vero traguardo da centrare: il quorum per far passare i referendum, un miraggio per ora, vista la natura molto tecnica degli argomenti. Tutti temi che si sovrappongono alla riforma del Csm messa a punto dalla ministra Cartabia e ora al vaglio del Parlamento: anche la Lega sa bene che se quelle norme passassero, i referendum diventerebbero carta straccia e così addio traino elettorale. In ogni caso sull'Election day la parola spetta al Governo, che però non avrebbe ancora approfondito la questione. Più facile sarebbe stato per il partito di via Bellerio se, tra i quesiti ammessi, si fosse salvata la responsabilità civile dei magistrati. Sul tavolo invece restano gli altri cinque, gli stessi che Fratelli d'Italia non appoggerà. Non li ha sostenuti nemmeno per le firme e Giorgia Meloni lo ribadisce: “Non condividiamo la soluzione a questi quesiti, perché non si può buttare il bambino con l'acqua sporca”, spiega la leader e cita il caso della custodia cautelare che, se abrogata, rischierebbe di lasciare liberi criminali gravi. “E questo diventa un problema”, sentenzia. Ennesima prova, insomma, delle divisioni nel centrodestra.
Draghi trova l’intesa in Cdm sui balneari, ma Lega già si smarca
Mario Draghi porta in Cdm la riforma dei balneari: sarà un emendamento al disegno di legge per il mercato e la concorrenza a sancire la scadenza al 31 dicembre 2023 delle concessioni in atto, mentre un disegno di legge delega impegna il Governo, entro sei mesi, ad adottare uno o più decreti legislativi per semplificare la nuova disciplina. L'obiettivo è quello, grazie alle gare e al nuovo regime di concorrenza, di migliorare i servizi offerti e contrastare il caro ombrellone. Tra i “principi e i criteri direttivi” individuati dal Governo ci sono “l’adeguato equilibrio tra le aree demaniali in concessione e le aree libere o libere attrezzate”, nonché “la costante presenza” di varchi specifici che consentano il “libero e gratuito” accesso al mare. Al di là delle singole misure quello che colpisce è l’atteggiamento dei partiti. Le forze politiche sono distanti, tanto che ai Ministri serve una pausa tecnica durante la riunione del Governo per esaminare la riforma, che poi però viene approvata all'unanimità. In realtà, almeno per quel che riguarda la Lega, è un sì che rimanda tutto al Parlamento: “Il testo approvato dal Cdm è migliorato rispetto alla proposta iniziale, grazie all’accoglimento di alcune nostre proposte. Ora siamo già al lavoro, anche con le associazioni del settore, per cambiare e migliorare il testo in Parlamento” dice chiaro Gian Marco Centinaio, sottosegretario al Mipaaf. “Inammissibili” per il PD “doppiezza e inaffidabilità” dimostrate dalla Lega: “Prima i Ministri leghisti approvano il testo in Cdm e cinque minuti dopo Matteo Salvini lo rimette in discussione preannunciando presunte migliorie parlamentari. Per noi vale la posizione assunta in Cdm all’unanimità”, tuona Antonio Misiani.
Draghi incontra Mattarella e richiama i partiti: così non si va avanti
Mario Draghi ha avuto un chiarimento con partiti. Il Governo, nella notte tra mercoledì e giovedì, è andato sotto quattro volte alla Camera sul decreto Milleproroghe: un blitz del centrodestra, compatto, ha riportato a 2mila euro il tetto massimo per l'utilizzo del contante, mentre anche grazie ai voti di PD, IV, FI e LeU i fondi destinati Ex Ilva, che per il Governo dovevano servire alla decarbonizzazione dell'impianto, tornano a essere destinati alle bonifiche e a chi ha subito danni ambientali e sanitari; dietrofront, poi, sulle graduatorie della scuola e i test sugli animali. Per il premier ce n'è abbastanza: “Così non si va avanti”, avrebbe detto ai suoi fedelissimi, che descrivono il premier parecchio “irritato” per quanto accaduto. La contromossa è quella di chiamare i partiti alla responsabilità e serrare i ranghi. Prima di tornare a Palazzo Chigi e riunire i capidelegazione, allora, Draghi è andato da Sergio Mattarella. Il premier “a farsi friggere non ci sta” e lo dice chiaro ai diretti interessati, convocando a Palazzo Chigi i capidelegazione. È una cabina di regia tutta politica, nella quale al premier bastano 40 minuti per chiedere un “chiarimento” e “garanzie” sui voti in Parlamento. Non si possono affossare o stravolgere in Parlamento i provvedimenti approvati in Consiglio dei ministri, magari all'unanimità, è la linea. “Così non si può andare avanti”, ribadisce. E se Draghi chiede “coerenza” in Aula rispetto all'azione di Governo, i partiti gli suggeriscono un “cambio di metodo”, con un maggiore coinvolgimento sui dossier, in modo da evitare “simili incidenti”.
In Cdm arriva il decreto contro il caro bollette e sull’automotive
Venerdì è atteso il Cdm con il pacchetto energia. Giovedì, mentre Mario Draghi era a Bruxelles impegnato sul vertice informale straordinario sull'Ucraina, Daniele Franco e Roberto Garofoli hanno limano il testo. Il Governo punta ad accelerare su estrazione e stoccaggio del gas made in Italy, ma non solo. L'idea è quella di mettere in campo una deregulation forte su rinnovabili e fotovoltaico, puntando su tegole, pellicole e pannelli di ultima generazione che consentono un maggiore accumulo di energia e di avere impatti bassi o nulli sull'aspetto delle città. Previsti poi interventi sull'automotive e per calmierare i costi dei bandi pubblici, alle stelle con l'aumento delle materie prime. La ripresa, messa “a rischio” dai rincari dell'energia, insomma, per Palazzo Chigi e per il MEF non passa solo dal contrasto all'emergenza sul fronte bollette. Il provvedimento dovrebbe pesare tra i 5 e i 7 miliardi: 5 dovrebbero essere destinati alla riduzione delle bollette per famiglie e imprese, con la proroga dell'azzeramento degli oneri di sistema e del credito d'imposta, e gli altri 2 per la parte del pacchetto energia che mira a puntellare e rilanciare la crescita. Nella riunione del Governo di oggi, poi, tornerà sul tavolo il dossier Superbonus ma anche in questo caso le tensioni tra i partiti non mancano.
La riforma del regolamento della Camera limiterà il trasformismo
L’obiettivo è chiaro: contrastare il trasformismo in Parlamento. La proposta di modifica al regolamento della Camera è stata presentata alla Giunta dai relatori Simone Baldelli (FI) ed Emanuele Fiano (PD). Fra le proposte più significative, vicepresidenti e segretari della Camera che cambiano Gruppo decadono dall'incarico, a meno che si tratti di scioglimento o fusione con altri Gruppi parlamentari; viene inoltre codificata la prassi per cui cessano dalla carica i componenti dell'Ufficio di Presidenza chiamati a far parte del Governo. Le riforme dei regolamenti delle due Camere sono da tempo allo studio così da adeguare le norme di funzionamento agli effetti del taglio dei parlamentari che scatterà a partire dalla prossima legislatura. Dai partiti sono arrivati diversi input per intervenire sul fenomeno del trasformismo, che in questa legislatura ha fatto registrare oltre 280 cambi di casacca, con un'emorragia in particolare dal gruppo del M5S e una crescita esponenziale del Gruppo Misto. Le modifiche tutelano le evoluzioni nei partiti, prevedendo che la ripartizione sarà rideterminata solo in caso di cessazione o nuova costituzione di un gruppo e che quella della quota proporzionale sarà ricalcolata solo se la consistenza di un gruppo cambia di almeno un terzo e, se aumenta, con l'arrivo di almeno altri dieci deputati. Per quanto riguarda il Gruppo Misto, in questo calcolo non rientrano i nuovi arrivati non iscritti ad alcuna delle sue componenti.
Esce dal Tribunale una dura lettera di Tiziano Renzi al figlio. Critica IV
“In questi anni ho avuto la netta percezione, la certezza, di essere considerato un ostacolo e comunque un fastidio”. Lo si legge nella lettera sequestrata nell'ottobre 2019 dalla Gdf in un pc di Tiziano Renzi. Lo scritto, finito agli atti del processo per bancarotta in corso a Firenze che vede tra gli imputati i genitori dell'ex premier, risalirebbe ai primi giorni del marzo 2017: il padre accusa il figlio di non prenderlo in considerazione. Nel testo non mancano stoccate ai fedelissimi dell'ex premier: “Carrai non si deve mai più far vedere da me, uomo falso”; quindi si legge ancora di una “banda Bassotti Bianchi, Bonifazi e Boschi” che “hanno lucrato senza ritegno dalla posizione di accoliti tuoi e io sono stato quello che è passato per ladro. Ora tu hai l’immunità, non esiste più il rischio che tramite me arrivino a te. Spero che inizi una nuova stagione di lotta per i valori che hanno animato la nostra vita”. Reagiscono i difensori di Tiziano Renzi: "Questo documento compare improvvisamente oggi a distanza di cinque anni dal momento in cui viene redatto ed è privo di qualsiasi valore penale. Ma viene ugualmente fatto circolare”. Il Tribunale ha rigettato un'eccezione della difesa di Tiziano Renzi secondo cui il documento sarebbe stato sequestrato violando le regole sul sequestro della corrispondenza e le guarentigie dei parlamentari. Immediate le reazioni di tutta Italia Viva.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni torna ad essere il primo partito italiano con il 21,4%, sopravanzando il Partito Democratico di quasi mezzo punto (21,1%). Inoltre, il distacco tra FdI e la terza forza politica nazionale (Lega) è di 4,4 punti.
Nell’area delle sinistre, i Verdi rimangono stabili (2,4%) mentre Sinistra Italiana e MDP Articolo Uno si attestano rispettivamente al 2,2% e al 2,6%. Nell’area centrista, l’alleanza tra Azione e +Europa torna a crescere (4,7%) così come Italia Viva (2,5%). In netto calo invece il consenso del Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte che si attesta al 12,8%. Nell’area del centrodestra, infine, la Lega non fa registrare variazioni (17%), Forza Italia rimane stabile (8%) mentre Italexit di Gianluigi Paragone rallenta all’1,7%.
Negli ultimi sondaggi, i partiti che appoggiano il Governo Draghi raccolgono il 71,1%, mentre il centrosinistra formato da PD, M5S e MDP raggiunge il 36,5%. La coalizione del centrodestra unito raggiunge il 46,4%; invece il rassemblement dei partiti di centro(Azione, IV e +Europa) si attesta allo 7,2% dei consensi.