Mattarella ricorda Borsellino. Meloni non partecipa alla fiaccolata
Le celebrazioni a Palermo in ricordo di Paolo Borsellino e della sua scorta, sotto l'egida delle parole del capo dello Stato, segnano una linea tra l'ufficialità e la piazza caratterizzata da due cortei, distinti e distanti (quello serale organizzato dalla destra e quello del coordinamento 19 luglio), e mettono in evidenza l'approccio differente tra i familiari del giudice assassinato: Manfredi Borsellino, figlio del magistrato, ha partecipato alla cerimonia nella caserma Lungaro con la premier Giorgia Meloni; Salvatore, il fratello, ha parlato in via D'Amelio assicurando che “mai nessuna delle personalità salirà su questo palco”; Lucia e Fiammetta, le due figlie del giudice, non erano a Palermo. Al di là dei toni, la tensione tanto temuta alla vigilia non c'è stata. Giorgia Meloni e la segretaria del Pd Elly Schlein, entrambe in città, non si sono incrociate. Il primo dei due cortei, quello con lo slogan Basta Stato-Mafia, organizzato dalla Cgil e dalle Agende rosse assieme a una ventina di altre associazioni e movimenti di sinistra, si è svolto senza alcun problema. In serata la fiaccolata della destra ha chiuso la giornata.
Ad aprirla sono state le parole di Sergio Mattarella: “La Repubblica s’inchina alla memoria di Paolo Borsellino, magistrato di straordinario valore e coraggio, e degli agenti della sua scorta. Il loro esempio ci invita a vincere l'indifferenza, a combattere le zone grigie della complicità con la stessa fermezza con cui si contrasta l'illegalità, a costruire solidarietà e cultura dove invece le mafie puntano a instillare paura”. Niente fiaccolata serale e solo l'ufficialità per la premier con l'obiettivo di non creare altre polemiche dopo quelle della vigilia: Meloni dopo avere deposto la corona in caserma ha visitato le tombe di Borsellino e Falcone e poi ha presieduto il Comitato per l'ordine e la sicurezza, alla presenza del Ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. In Prefettura ha chiarito alla stampa i motivi della sua assenza alla fiaccolata dove è sempre stata presente: “Mi ha stupito quello che ho letto: una polemica inventata sul fatto che avrei scelto di non partecipare alla manifestazione per paura di essere contestata. Chi mi può contestare? La mafia? La mafia può contestare un Governo che ha fatto tutto quello che andava fatto sul contrasto alla criminalità organizzata. Ma io non sono mai scappata in tutta la mia vita”.
È scontro alla Camera sul salario minimo. Il voto slitta a martedì
Mercoledì alla Camera c’è stato l'ennesimo round tra maggioranza e opposizione sul salario minimo. In commissione Lavoro, Giuseppe Conte ha attaccato Giorgia Meloni “non ha dimostrato alcuna sensibilità” rispetto “a un problema sociale così urgente” e per la “dignità di lavoratori”. Il dibattito nella sala del Mappamondo è acceso e si chiude in serata con la decisione di rinviare tutto a martedì prossimo, quando si chiuderà la discussione e si voterà l'emendamento della maggioranza che sopprime il testo presentato dalle opposizioni unite. Schlein ha ribadito che “continueremo a dare battaglia in Parlamento, ma credo dovremmo raccogliere firme in tutto il Paese. Il 75% delle italiane e degli italiani è favorevole”. La proposta sembra essere accolta freddamente dal leader del M5S: “Non ci fasciamo la testa, poi organizzeremo”, spiega assicurando però “adesso noi facciamo la nostra battaglia in Commissione, la continueremo in aula e se non sarà sufficiente parleremo al Paese intero.” Conte attacca anche il ministro Antonio Tajani, che ha parlato “come fosse al bar”, con “frasi dette a vanvera: come si fa dire che noi non siamo in Unione sovietica, se ci sono 21 paesi europei che adottano questa misura?” e “come si fa a manifestare tanta ignoranza?”. Poi ha innescato una polemica con il presidente della commissione Walter Rizzetto di FdI che “firmò nel 2014 un progetto di legge sul salario minimo” quando era ancora nei Cinque stelle.
Sarà scontro fra centrodestra e Ue sull'abuso d'ufficio
Sarà incardinato la settimana prossima in Commissione al Senato il ddl della prima parte della riforma della giustizia; l'esame entrerà nel vivo in autunno, se non in inverno. Intanto si è già aperto un fronte con l'Ue sull'abrogazione dell'abuso d'ufficio: il centrodestra (in asse con il Terzo polo) ha bocciato in Commissione Politiche Ue alla Camera la proposta di direttiva Ue anticorruzione con cui quel tipo di reato verrebbe esteso anche al settore privato; 24 ore più tardi un portavoce di Bruxelles ha denunciato che la riforma del governo Meloni “depenalizzerebbe importanti forme di corruzione e potrebbe avere un impatto sull'efficace individuazione e lotta alla corruzione”, considerazioni che non generano reazioni da Palazzo Chigi, dove si è vista Giorgia Meloni impegnata a preparare la Conferenza internazionale su sviluppo e migrazioni che riunirà domenica alla Farnesina diversi leader internazionali.
L'obiettivo principale dell'esecutivo è la separazione delle carriere, il piano è varare un disegno di legge appena prima della sosta estiva, oppure alla ripresa dei lavori a settembre. Per l'Anm sarebbe “un passo verso la sottoposizione” delle toghe “al controllo politico”, ha avvertito il presidente Giuseppe Santalucia, secondo cui “stanno ridimensionando il principio di autonomia della magistratura”. Chiarito ormai che la modifica del concorso esterno in associazione mafiosa non è in agenda, l'abuso d'ufficio si annuncia un nuovo banco di prova per esecutivo e maggioranza. Palazzo Chigi si è impegnato con il Colle affinché il testo sia coerente con la Costituzione, ritoccandolo nell'iter parlamentare, se serve. Nella maggioranza, però, c'è la convinzione che non sarà semplice convincere Carlo Nordio a passi indietro su una norma per molti necessaria.
Fitto annuncia 3 miliardi per imprese e famiglie per l'efficienza energetica
Per aiutare famiglie e imprese ad affrontare le spese di efficientamento energetico, il Governo è al lavoro su un grande piano d’incentivi: i fondi, per circa tre miliardi, arriveranno dal RepowerEU, il capitolo aggiuntivo del Pnrr. Il Ministro responsabile del Pnrr Raffaele Fitto in audizione alla Camera ha spiegato che “a breve” sarà pronta la rimodulazione degli obiettivi del piano e la definizione del capitolo RepowerEU. L'intenzione è presentare tutta la documentazione al Parlamento il 2 agosto, proprio in occasione della sua informativa. Fitto ha dato già qualche dettaglio; la revisione del Pnrr parte dal RepowerEU e ha due priorità: rafforzare le infrastrutture energetiche e mettere in piedi un sistema di aiuti per famiglie e imprese occupate con l'efficientamento energetico. “L'obiettivo è di usare” il RepowerEU “per trasformare” gli aiuti in “un investimento strutturale”, ha chiarito. Durante gli incontri della cabina di regia, il Ministro ne ha parlato anche con le associazioni datoriali, tra cui l'Ance. E proprio la presidente Federica Brancaccio ha riferito di “tre miliardi per famiglie e imprese” messi sul piatto. Gli incentivi per l'efficientamento energetico potrebbero prendere diverse forme, e il Governo è ancora al lavoro.
C’è l’accordo, sbloccata la terza rata del Pnrr
Si sblocca la trattativa tra Governo e Ue sulla terza rata del Pnrr, grazie ad una modifica del target sugli alloggi universitari che salva sia i fondi europei attesi per quest'anno. L'intesa raggiunta prevede il travaso di 519 milioni di euro e di un obiettivo dalla terza alla quarta rata, una soluzione che assicura all'Italia tutti i 35 miliardi previsti nel 2023. Dopo i passaggi formali, Bruxelles dovrebbe erogare la terza rata da 18,5 miliardi. Per chiudere la trattativa con l'Ue il ministro Raffaele Fitto ha convocato una nuova cabina di regia con all'ordine del giorno la modifica individuata dopo l’interlocuzione con la Commissione Ue. Il confronto sulla terza rata va infatti avanti dalla primavera, perché la verifica dei 55 obiettivi che l'Italia doveva completare entro dicembre 2022 è stata più complicata del previsto. Dopo aver passato in rassegna i 55 obiettivi, Bruxelles ha messo in stand by la rata in attesa di sciogliere il nodo sull'obiettivo intermedio degli alloggi universitari: 7.500 nuovi posti letto negli studentati che l'Italia non è riuscita ad assicurare entro l'anno scorso.
La soluzione individuata da Governo e Commissione prevede quindi di spostare quell'obiettivo dalla terza alla quarta rata, trasformandolo da un obiettivo quantitativo, quindi numerico, ad uno qualitativo. In sostanza, scompare anche la cifra dei nuovi alloggi, ma non va ad incidere sull'obiettivo complessivo di creare 60mila alloggi entro il 2026. “Per noi si tratta di un'intesa positiva”, “L'Italia raggiungerà gli obiettivi previsti per la terza e la quarta rata”, ha detto Paolo Gentiloni. E intanto Bruxelles lavora anche alle 10 modifiche proposte dall'Italia sui 27 obiettivi della quarta rata, che dopo l'accordo sulla terza tranche aumenta a 16,5 miliardi di euro: “Una volta che le valutazioni delle Commissione saranno approvate dal Consiglio, l'Italia riceverà i fondi”, ha assicurato Gentiloni.
Schlein attacca il Governo sulla ricostruzione in E-R
Dopo Riano e Ventotene, Elly Schlein convoca la terza segreteria nazionale itinerante a Forlì, nel cuore dei territori colpiti dall'alluvione. Ricordato Giacomo Matteotti e omaggiato Altiero Spinelli, è il momento per i Dem di incalzare il Governo sulla ricostruzione in Emilia-Romagna: “Servono risorse immediate altrimenti i Comuni rischiano il default”, dice la segretaria dem. All'incontro che segue la segreteria, ci sono più di 200 amministratori locali che chiedono a Schlein di farsi carico del malessere sociale che monta: “La destra non vuole la ricostruzione, ma la Regione si”, esclama qualcuno, “C'è il rischio che la rabbia si riversi sulle istituzioni” dice il presidente Stefano Bonaccini. E Schlein risponde all'appello: “I sindaci non sono disponibili a fare da parafulmine”. Poi lancia la sfida all'esecutivo: “Servono ristori pari al 100%, come aveva promesso qui la premier”.
Il decreto alluvione torna in Commissione per problemi di copertura
È di nuovo Stefano Bonaccini a dividere maggioranza e Pd sulla ricostruzione post-alluvione. Il Governo ha sollevato nell'aula della Camera un problema di copertura su una norma del decreto alluvione contenuta in un emendamento del Pd che prevede le figure di sub Commissari nelle persone dei tre presidenti delle Regioni colpite dal cataclisma dello scorso maggio: nonostante fosse stato votato in Commissione anche dalla maggioranza con il parere favorevole del Governo, l’Aula l’ha bloccato, appunto, per ragioni di copertura. Il colpo di scena avviene alla Camera al termine della discussione generale sul decreto, quando prende la parola il Ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani: tutti si aspettano che ponga la fiducia sul testo e invece chiede una sospensione di 30 minuti della seduta per “verifiche tecniche”. Lo stesso Ciriani si riunisce con il presidente Lorenzo Fontana e alla ripresa della seduta il presidente della Commissione Ambiente Mauro Rotelli (Fdi) chiede il rinvio del decreto in Commissione: la Rgs ha sollevato un problema di copertura dell'emendamento del Pd approvato il giorno prima. Il testo torna in Commissione Ambiente che deciderà se trovare una copertura o se cassare la parte pensata per coinvolgere i sindaci.
La ratifica dell'intesa tra Ue e Tunisia non è affatto scontata
Fortemente sostenuta da Giorgia Meloni, benedetta da Ursula von der Leyen e dai principali leader europei, l'intesa di Cartagine tra l'Ue e la Tunisia dovrà ora affrontare il meccanismo dell'unanimità. Il Memorandum d'intesa firmato domenica, infatti, potrà entrare in vigore solo dopo che sarà stato ratificato da tutti gli Stati membri e, nel clima incandescente venutosi a creare sul dossier migranti, è tutt'altro che scontato che lo sarà in tempi brevi. Anche perché l'accordo prevede un dispendio di fondi comunitari: 150 milioni a sostegno del bilancio di Tunisi e 105 per il supporto al controllo delle frontiere, ed è proprio sull'uso dei fondi che Ungheriae Polonia hanno promesso battaglia. Nell'ambito del Memorandum sulla migrazione si prevede un maggior coordinamento nelle attività Sar e la dotazione di 25 imbarcazioni alla guardia costiera tunisina per fermare i flussi in partenza e il presidente Kais Saied si impegna ad aumentare il controllo delle partenze dal porto di Sfax. Il testo prevede un passo avanti anche nei rimpatri, ma solo dei tunisini. A destare perplessità c'è il tema del rispetto dei diritti umani.
Si è chiuso il summit Ue-Celac ma senza l’unanimità sull'Ucraina
Il vertice tra Ue, America Latina e Caraibi ha raggiunto una posizione su Kiev esprimendo “profonda preoccupazione” per la guerra “contro l'Ucraina”, ma ai 60 Paesi riuniti a Bruxelles è sfuggita l'unanimità. Il Nicaragua ha alzato il muro e alla fine il vertice è arrivato alle conclusioni con l'appoggio dei 27 dell'Ue e di 32 su 33 dei Paesi del Celac. Il dossier Ucraina ha rischiato di mettere in ombra un vertice destinato a ravvivare le relazioni con l'America Latina, con il blocco europeo che guarda ormai da mesi oltreoceano per la propria autonomia strategica cercando di smarcarsi dalla dipendenza dalla Cina. Nel corso della sessione plenaria del summit è giunto anche il monito di Giorgia Meloni: “Dobbiamo dare alle parole il giusto significato che hanno: la parola pace non può essere confusa con la parola invasione. Se qualcuno ritiene di poter confondere queste due parole non si rende conto che un mondo nel quale non dovesse più esistere il diritto internazionale non sarà mai un mondo di pace”. “Tutti noi vogliamo la pace e la vogliono specialmente gli ucraini, che soffrono terribilmente”, le ha fatto eco la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, sottolineando come i partecipanti al summit siano tenuti insieme dalla “Carta delle Nazioni Unite e il diritto internazionale. È un sistema di regole che tutti abbiamo a cuore”. Il vertice, che ora avrà cadenza biennale, ha portato con sé un'agenda d’investimenti in oltre 135 progetti sulla transizione verde e digitale su entrambe le sponde dell'Atlantico, con l'Ue che ne ha annunciati per 45 miliardi di euro fino al 2027.
Al-Sisi concede la grazia a Zaki. La politica italiana esulta
Patrick Zaki ha ottenuto la grazia dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Esulta all’unisono la politica italiana per la fine di un caso giudiziario che si era trasformato in un'altra fonte di attrito fra Italia ed Egitto dopo l'omicidio di Giulio Regeni. Sabato “Patrick sarà in Italia e gli auguro dal profondo del cuore una vita di serenità e di successi”, ha annunciato in serata la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio. Non ci sarebbe infatti più alcun divieto di espatrio per l'attivista che era detenuto presso un Commissariato. La svolta, appena il giorno dopo la condanna per diffusione di notizie false pronunciata martedì da una Corte per la sicurezza dello Stato a Mansura, è stata resa possibile dall'atto di clemenza di Sisi annunciato da due componenti del Comitato per la grazia. L'annuncio della grazia è stato accolto da un lungo applauso dei senatori di palazzo Madama; la segretaria del Pd Elly Schlein l’ha definito “una bella notizia” arrivata dopo che “in tante e tanti ci siamo mobilitati in questi anni per la sua libertà”. “Grazie alla politica estera del Governo abbiamo dato un contributo decisivo per liberare questo giovane studente. Risultati concreti attraverso il lavoro ed una credibilità internazionale”, ha twittato il vicepremier Antonio Tajani che successivamente ha chiarito a più riprese che “Non c'è nessun baratto” con l'Egitto.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG il 17 luglio, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma il primo partito italiano, con il 28,7%, davanti al PD (20,0%). Stabile il Movimento 5 Stelle al 15,9%. Da sottolineare come il distacco tra FdI e la seconda forza politica nazionale (PD) sia pari a 8,7 punti percentuali. Nell’area delle sinistre, la lista rosso-verde Alleanza Verdi e Sinistra è stimata al 3,1%, mentre Unione Popolare all’1,8%. Nell’area centrista, Azione è data al 3,4%, mentre Italia Viva al 2,9%. Nella coalizione del centrodestra, la Lega scende al 9,8%, e Forza Italia sale al 7,5%. Italexit di Paragone, infine, sale al 2,5%.
La stima di voto per la coalizione di centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) resta invariata al 46,0%; scende di tre punti percentuali il centrosinistra, formato da PD, +Europa e Alleanza Verdi-Sinistra al 25,7%. Il Polo di centro, composto da Azione e Italia Viva, perde un punto percentuale, passando al 6,3% e infine, fuori da ogni alleanza, il M5S resta invariato al 15,9%.