Meloni e Scholz hanno firmato il Piano d’azione
Il Piano d'azione Italia-Germania è stato siglato e riguarda molto da vicino l'Ue, dalla migrazione all'Ucraina, dal conflitto tra Israele e Hamas alla cooperazione economica ed energetica, fino al Patto di stabilità e l'operazione Lufthansa-Ita. “La nostra cooperazione è stretta e di fiducia, questo filo diretto lo manterremo anche l’anno prossimo con la presidenza italiana del G7”, sono state le parole del cancelliere Olaf Scholz dopo la firma dell'intesa con Giorgia Meloni. “Penso che questa sia un'ottima notizia anche per l'Europa”, ha esultato la premier italiana. L'intesa sigla progetti di cooperazione per rafforzare la sicurezza economica ed energetica, ma anche “nuovi format per approfondire la nostra cooperazione”, ha reso noto il cancelliere tedesco, a partire dal confronto sul Patto di stabilità e crescita su cui “ci sono state buone discussioni in Europa”. L'obiettivo a Bruxelles è quello di chiudere i lavori Ecofin entro inizio dicembre: “Ci siamo avvicinati alla soluzione”, ha assicurato Scholz.
La premier Meloni ha messo in chiaro che il suo Governo “non chiede una politica di bilancio allegra, ma abbiamo un problema di difesa degli investimenti” ed è per questo che spinge per nuove regole di governance”. Meloni e Scholz hanno discusso anche di migrazione. “Germania e Italia sono d'accordo sul fatto che la riforma del sistema europeo comune dell'asilo vada concluso”, è stato perentorio il cancelliere tedesco che ha assicurato come entrambi i Governi condividano la necessità di “un approccio di partenariato con i Paesi di transito e di origine”; vicinanza e interesse sono stati espressi da Scholz sull’accordo Italia-Albania. Sulla politica estera i due leader hanno confermato che “c'è piena convergenza sulla crisi medio-orientale” così come sulla necessità di “rispettare il diritto internazionale e tutelare i civili”: Roma e Berlino spingono per “una soluzione strutturale, con due popoli e due Stati”. Anche sull’Ucraina i due condividono la politica di “fornire assistenza a 360 gradi” a Kiev. Ultima risposta in conferenza stampa sulla questione Ita-Lufthansa: “Siamo pronti la settimana prossima a inviare la notifica alla Commissione Ue”, ha annunciato la Meloni.
Fra i 2600 emendamenti alla manovra ce ne sono 3 della Lega
Alla fine, spuntano anche tre emendamenti della Lega, poi ritirati, tra quelli depositati in commissione Bilancio al Senato sulla manovra. Le opposizioni, intanto, si apprestano a dare battaglia su questo come sul fronte del salario minimo. Martedì alla Camera decine di parlamentari di opposizione si sono iscritti a parlare per protestare contro il “colpo di mano” della maggioranza che ha presentato un proprio emendamento con il quale cancella e riscrive la proposta delle minoranze sul salario minimo a prima firma di Giuseppe Conte. L'obiettivo dichiarato è quello del ritiro del testo. La battaglia, tra l'altro, si riproporrà sulla manovra: M5S, Pd, Avs e +Europa fanno sapere di aver presentato emendamenti comuni su salario minimo e sanità. Nonostante le previsioni alla fine sono oltre 2600 gli emendamenti alla legge di bilancio che sono stati depositati dalle opposizioni più i tre emendamenti della Lega, poi ritirati, che hanno scatenato non poche tensioni nella maggioranza. Nonostante questo, l’accordo di maggioranza ha sostanzialmente retto.
Schlein presenta la contromanovra e richiama all’unità gli alleati
Elly Schelin lancia la sua “contromanovra”. La leader del Pd riconosce che le risorse sono poche, “la coperta era corta”, poi però affonda: “Ma loro gli hanno dato fuoco”. Ecco allora le controproposte democratiche, dai congedi parentali obbligatori per entrambi i genitori al trasporto pubblico locale gratuito per i giovani, fino al piano casa da finanziare con i soldi del ponte di Messina, senza scordare la sanità e la difesa delle pensioni pubbliche. Una “manovra ombra” che M5S ha deciso di anticipare di qualche ora presentando le proprie proposte, in una ormai costante gara con il Pd. La Schlein non commenta, ma un messaggio al M5S lo manda: “Non esiste alcuna alternativa senza il Pd: stiamo in campo come forza portante del campo progressista, perno imprescindibile dell'alternativa alla destra, senza tentazioni egemoniche ma senza complessi di subalternità”. “Tanto pazientemente quanto tenacemente ci ritroverete sempre dalla parte di chi, piuttosto che ai distinguo e alla competizione, preferisce dedicarsi con spirito costruttivo al dialogo, alla ricerca e alla valorizzazione delle ragioni che ci uniscono nel contrasto alle scelte scellerate del governo di Giorgia Meloni”.
Arriva il via libera dell'Ue alla quarta rata e al nuovo Pnrr
Un doppio via libera che chiude, almeno per il 2023, uno dei capitoli più complessi tra l'Italia e l'Ue, quello del Pnrr. La Commissione Ue si avvia a formalizzare il placet alla revisione Pnrr. Per la mole dei finanziamenti e la corposità delle modifiche l'esame di Palazzo Berlaymont è stato lungo. Assieme al sì del nuovo Piano, più probabilmente all'inizio della prossima settimana, arriverà anche il via libera alla quarta rata da 16,5 miliardi. Che l'esame si concluda “molto presto”, come si è limitata a spiegare una portavoce della Commissione, è anche nell'ordine delle cose: la valutazione delle modifiche, che hanno interessato ben 144 misure tra riforme e investimenti, in questi 4 mesi è stata oggetto di una stretta e “costruttiva” collaborazione tra Bruxelles e Roma. Con un obiettivo: cambiare in corsa eventuali punti oscuri senza incorrere in bocciature dannose per l'Italia ma anche per l'Ue.
C'è poi da tener presente anche semplicemente il calendario: affinché le risorse previste dal Recovery Plan non vadano perse, entro il 31 dicembre tutti i Piani modificati vanno approvati in via definitiva, ovvero dal Consiglio Ue. Il Pnrr italiano dovrebbe finire sul tavolo dell'Ecofin dell'8 dicembre. Con il sì dell'Europa Giorgia Meloni e il Ministro Raffaele Fitto avranno un cronoprogramma più fedele agli obiettivi del Governo e, almeno in teoria, potrebbero fare richiesta per la quinta tranche già il 31 dicembre. Il nuovo Piano italiano, inizialmente da 191,5 miliardi, nella proposta presentata dal Governo prevede 2,76 miliardi di prestiti in più tutti dedicati al Repower. Il capitolo energetico ha progetti per 19,2 miliardi, in gran parte ricavati tagliando alcune misure distribuite sui 6 paragrafi del Pnrr iniziale. In particolare, il Governo ha rivisto i target nell'efficienza energetica, nei progetti di rigenerazione urbana, nei cosiddetti piani integrati e nella lotta al dissesto idrogeologico.
Al premier time del Senato è scontro tra Meloni e Renzi
I toni si sono alzati con Matteo Renzi. Fino a quel momento, il question time di Giorgia Meloni al Senato era filato via tranquillamente poi la tensione è salita fino allo scontro. La presidente del Consiglio ha rivendicato con veemenza l'azione del Governo e le opposizioni hanno rintuzzato, anche con i capigruppo Pd Francesco Boccia e Cinque Stelle Stefano Patuanelli. In Aula, Meloni ha risposto seccamente a Renzi: “Mi ha fatto un assist, parlo volentieri di come abbiamo cambiato la situazione di questa nazione” e ha elencato “la fiducia in crescita dei mercati”, i giudizi delle agenzie di rating, lo spread “ai minimi con la borsa che cresce”. Il leader Iv l’aveva accusata: “La sua coerenza si è fermata il giorno delle elezioni”, poi aveva puntato sui conti in tasca degli italiani: “I costi del pane e della benzina aumentano”. Meloni gli ha ribattuto con sarcasmo su Bin Salman e ha citato “il record di occupazione femminile, che è forse il risultato che mi rende più fiera”. E sul Pnrr: “Non c'è nessun ritardo”. Poi la stoccata ai sindacati: “Registro un cambio di atteggiamento: tra il 2012 e il 2022 ci sono stati circa sei scioperi generali, uno ogni due anni, mentre adesso se ne fanno due ogni anno”.
Il premierato ha iniziato il suo cammino in Senato
È iniziato l'iter parlamentare del ddl del Governo che mira a introdurre il premierato. Il testo è stato infatti illustrato in Commissione Affari costituzionali del Senato dal presidente e relatore Alberto Balboni, un passaggio cui seguiranno le audizioni di costituzionalisti ed esperti. La novità della giornata è l'abbinamento del ddl di Iv sul cosiddetto “sindaco d'Italia” che contiene alcuni elementi che la premier Giorgia Meloni ha detto di preferire. Vertendo sulla stessa parte della Costituzione, il ddl Renzi e il ddl Casellati sono stati abbinati a norma di Regolamento: entrambi prevedono l'elezione diretta del Presidente del Consiglio, ma si differenziano per i poteri a lui attribuiti. La Commissione, dopo l'incardinamento dei due ddl, ha anche concordato un primo calendario di audizioni, martedì e giovedì della prossima settimana. Verranno ascoltati gli ultimi presidenti della Corte costituzionale e i rappresentanti delle categorie sociali. Entro lunedì ogni gruppo dovrà indicare altri quattro nomi per un ulteriore giro di audizioni. Un primo braccio di ferro ha riguardato i tempi, che la maggioranza e soprattutto Fdi ha chiesto siano serrati, mentre le opposizioni li chiedevano più riflessivi.
La maggioranza fa quadrato su decreto migranti. Lunedì la fiducia
La maggioranza fa quadrato sul tema dei migranti. La commissione Affari costituzionali della Camera ha dato il via libera al decreto in materia d’immigrazione e protezione internazionale, nonché per il supporto alle politiche di sicurezza e la funzionalità del ministero dell'interno. L'ostruzionismo delle opposizioni è stato superato dal contingentamento dei tempi e la Commissione ha licenziato un testo con poche modifiche significative, tutte targate centrodestra e nella direzione di una ulteriore stretta. Oggi ci sarà la discussione generale e lunedì il voto di fiducia. Poi il decreto passerà al Senato, per essere convertito entro il 4 dicembre. Viaggia dunque spedito il terzo decreto del Governo sui migranti (dopo la stretta sulle navi delle Ong e il cosiddetto decreto Cutro) con novità su minori stranieri non accompagnati, espulsioni, allontanamento ingiustificato e risorse alle forze dell'ordine per fronteggiare l'eccezionale afflusso migratorio ma anche la crescente necessità di presidiare obiettivi sensibili. Una proposta della Lega ha portato il tempo di permanenza nei centri per adulti da 3 a 5 mesi. Confermata anche la possibilità per l'autorità di Pubblica sicurezza di effettuare misurazioni antropometriche o altri esami sanitari per stabilire la vera età del migrante.
Mattarella: la violenza sulle donne è un fenomeno ignobile tristemente presente
Nel giorno in cui il Senato approva in via definitiva il ddl contro la violenza sulle donne, Sergio Mattarella riceve al Quirinale una delegazione del Women economic forum che si tiene per la prima volta in Italia. Il Capo dello Stato richiama a uno “stop” alla violenza sulle donne, che definisce un “ignobile fenomeno tuttora tristemente presente”, ma si concentra soprattutto su quanto fatto e quanto ancora da fare in tema di pari opportunità. La questione della compiuta parità è entrata, “a buon diritto”, ricorda l'inquilino del Colle, tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile al 2030 dell’Onu, ma “malgrado queste solenni indicazioni è un percorso sempre arduo”. Poi parla di Giorgia Meloni: “L'Italia ha, per la prima volta, un primo ministro donna. Donne guidano o presiedono i cda di importanti aziende. Una donna è presidente della Corte Suprema di Cassazione e un'altra guida l'Avvocatura dello Stato”; nonostante questi passi avanti, però, è la sottolineatura del Capo dello Stato, “il tema delle disuguaglianze di genere e del danno che recano alle comunità è parte fondamentale delle preoccupazioni delle Istituzioni”.
È scontro sulla convocazione dei sindacati a Palazzo Chigi durante lo sciopero
Si trasforma in scontro la convocazione delle parti sociali a Palazzo Chigi per fare il punto sulla manovra, alle porte dell'esame in Commissione al Senato, convocato a sorpresa per oggi alle 15.30 e slittato per i soli sindacati martedì alle 9.00. A metà pomeriggio era arrivato, a sorpresa, l’invito a un confronto in sala verde oggi alle 15.30 ma oggi i sindacati sono impegnati nello sciopero generale al Nord, il leader Cgil Maurizio Landini è a Torino, quello della Uil Pierpaolo Bombardieri a Brescia. Poco dopo, parte una lettera formale indirizzata a Palazzo Chigi: “Chiediamo di posticipare l'orario dalle 20.00 in poi, in funzione della partecipazione di una nostra delegazione. Siamo comunque disponibili a un’eventuale convocazione nelle giornate di sabato 25 e domenica 26 novembre”. In serata, Palazzo Chigi accoglie la richiesta rinviando l’incontro a martedì alle 9.00, un segnale di disponibilità istituzionale in giorni in cui i rapporti tra sindacati e governo sono tesi. Il ruolo d'attacco continua a essere giocato dal vicepremier leghista Matteo Salvini, tornato a ventilare l'ipotesi di una precettazione per lo stop di 24 ore dei trasporti di lunedì 27.
La Lega critica Lollobrigida sul Frecciarossa, “da evitare”
Il ministro Francesco Lollobrigida non si dimette e difende la scelta di scendere eccezionalmente a Ciampino dal Frecciarossa che viaggiava in ritardo per andare a inaugurare un parco a Caivano. Ma se FI archivia il caso, la Lega lo bacchetta; a farlo, 48 ore dopo, è Massimiliano Romeo, presidente dei senatori leghisti: “Penso che sia una cosa che bisogna evitare”. Troppo alto il rischio di innescare polemiche, è la sua tesi, nonostante la giustificazione degli impegni istituzionali da rispettare. Parole che arrivano due giorni dopo dalla presentazione di tre emendamenti alla legge di bilancio che hanno irritato non poco i restanti partiti della maggioranza. Tutti indizi, questi, che fanno intuire che la tensione fra i partiti della maggioranza sta crescendo e soprattutto tra Lega e FdI. Intanto, il Ministro ridimensiona le accuse “Non sono mai fuggito al confronto. Sono convinto di aver agito non solo nell'ambito della legalità ma nell'interesse dello Stato e per rappresentarlo a Caivano”. Insiste che la fermata eccezionale del Frecciarossa “non era per andare in vacanza o dalla mia famiglia, ma per andare a fare il mio lavoro”.
C’è tensione nella maggioranza in vista delle prossime regionali
È braccio di ferro nella maggioranza sulle candidature per le Regionali. FdI denuncia il “tradimento dei patti” per non aver ottenuto la vicepresidenza della giunta provinciale di Trento, e non dà l'appoggio al leghista Christian Solinas in Sardegna. Non è escluso che serva un vertice tra Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani per far rientrare le tensioni. Le tensioni, per il momento, impediscono di fissare un nuovo tavolo politico, per confermare i candidati governatori delle tre regioni a guida centrodestra (Abruzzo, Basilicata e Sardegna) al voto a marzo, tre mesi prima delle elezioni europee.
Serve ragionare con una logica “a pacchetto”, secondo la Lega “Abbiamo tre governatori uscenti e vanno ricandidati. Cerchiamo di fare in fretta, troviamo una sintesi e non mettiamo veti tra di noi, altrimenti non facciamo un buon servizio al centrodestra”, chiarisce il vicesegretario Andrea Crippa, secondo cui FdI “ha l'onere e l'onore di tenere unita la coalizione” e definisce rischiosa la strategia di “vendicarsi per il Trentino non facendo partire le campagne elettorali”. L'alternativa, per i leghisti, è rimettere in discussione tutte le caselle. La Meloni nei giorni scorsi ha ricevuto a Palazzo Chigi il presidente dell'Abruzzo Marco Marsilio, di FdI. Tajani ha incontrato e blindato Vito Bardi, governatore uscente della Basilicata: “È vincente in tutti i sondaggi, e non è in discussione la sua candidatura”. E lo stesso pensa Salvini di Christian Solinas in Sardegna. Un risiko, in cui rientra anche la riconferma dell'azzurro Alberto Cirio in Piemonte, dove si vota a giugno, che andrà risolto probabilmente a livello di vertici di partito, a Roma. Al momento il vertice non è però in programma.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall’Istituto SWG il 20 novembre, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma il primo partito italiano, con il 29,0%, davanti al PD (19,4%). Quattro punti percentuali in più per il Movimento 5 Stelle al 16,6%. Da sottolineare come il distacco tra FdI e la seconda forza politica nazionale (PD) sia pari a 9,6 punti percentuali. Nell’area delle sinistre, la lista rosso-verde Alleanza Verdi e Sinistra è stimata al 3,6%, mentre Unione Popolare all’1,1%. Nell’area centrista, Azione è data al 3,7%, mentre Italia Viva al 3,1%. Nella coalizione del centrodestra, Lega sale al 9,6% Forza Italia passa al 6,9%. Italexit di Paragone scende allo 1,7%
La stima di voto per la coalizione di centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) sale al 45,5%, mentre il centrosinistra, formato da PD, +Europa e Alleanza Verdi-Sinistra, scende allo 25,7%. Il Polo di centro, composto da Azione e Italia Viva, scende allo 6,8%; fuori da ogni alleanza, il M5S sale al 16,6%.