Via libera delle Camere al Recovery Plan
Mercoledì le Camere hanno dato il via libera al Recovery Plan targato Mario Draghi. “Oggi è un giorno positivo per l'Italia”, è la chiosa del capo del Governo, entusiasmo e “gusto del futuro”. Dal giorno dopo l'invio del Pnrr a Bruxelles per il Governo comincerà la parte più difficile, a cominciare dalla partita delle riforme: “Senza di loro dispero di spendere bene questi soldi”, spiega nuovamente il presidente del Consiglio richiamando i partiti a lavorare insieme, “c'è accordo se c’è volontà di successo”. Alla Camera la risoluzione passa con 442 voti favorevoli, 19 contrari e con l’astensione di FdI; al Senato la risoluzione raccoglie 224 voti favorevoli, 16 contrari e 21 astenuti. Numeri solidi, che lasciano ben sperare, anche se in tanti sono pronti a scommettere che nei prossimi mesi la tenuta della maggioranza sarà messa a dura prova. Nel frattempo toccherà a Draghi destreggiarsi tra i decreti e i disegni di legge legati al Recovery. Il tempo non è infinito, il controllo dell'Europa è periodico. Draghi prova già a smussare i nodi divisivi nella maggioranza: sul Superbonus c’è l'impegno alla proroga al 2023 e il dl semplificazioni contribuirà fortemente all’implementazione del piano stesso; sulla riforma del fisco la deadline è il 31 luglio mentre per quella della giustizia, che potrebbe essere la più divisiva di tutte, il Governo nell'ultima versione del Pnrr si dà tre mesi di tempo. Il timore della maggioranza è che i nodi politici potrebbero emergere con l'inizio del semestre bianco. Per ora, tuttavia, sul Recovery regna una patina di concordia.
Nasce l’asse del centrodestra di governo di Lega e FI. Scontro con FdI
Matteo Salvini fa asse con FI come “centrodestra di governo” e cerca di isolare FdI. Ma il segretario leghista, allo stesso tempo, non prende del tutto le distanze da Giorgia Meloni, non partecipando, insieme a FI, al voto sull'odg al decreto Covid presentato da FdI. La doppia mossa fa infuriare i partiti di maggioranza, Pd, M5s e Leu, che gli chiedono nuovamente di scegliere “da che parte stare”. Il bersaglio del Salvini di governo sembra la leader di FdI: i leghisti considerano “provocazioni” la presentazione di un odg al dl Covid in cui si chiede la cancellazione del coprifuoco, oltre alla mozione di sfiducia a Roberto Speranza, che sarà discussa oggi in Senato. In Aula alla Camera volano scintille tra FdI e Lega durante le comunicazioni di Draghi sul Pnrr. Ad accendere la miccia è Meloni, che attacca i partiti della maggioranza, accusandoli di “votare il piano a scatola chiusa”. Il carico lo mette Matteo Salvini: “Io ci sono riuscito, me lo sono letto tutto. Uno ci deve mettere un po' di voglia.”. Ma la stilettata più dolorosa a FdI arriva nella nota fatta trapelare al termine del “vertice” tra Tajani e Ronzulli, poche righe con cui si festeggia l'intesa di maggioranza sul coprifuoco e firmata “fonti di centrodestra di governo”. L'intesa prevede che vi sarà una valutazione della misura del coprifuoco a partire dalla seconda metà di maggio; lo scenario in realtà era già previsto dal calendario governativo, ma Lega e FI lo accolgono come una “vittoria politica”.
Il Senato boccia le mozioni di sfiducia a Speranza anche con i voti della Lega
Tutte respinte le mozioni di sfiducia a Roberto Speranza: dopo le tensioni politiche, la maggioranza si compatta al Senato, anche con i voti della Lega, a difesa del ministro della Salute. Resta isolata la battaglia del partito di Giorgia Meloni: sua la prima mozione proposta per chiedere le dimissioni di Speranza, ma il documento viene affossato in aula da 221 voti contrari, 29 favorevoli e tre astenuti. Un esito senza brividi, ma per la Lega è un voto per evitare il rischio di spaccare il Governo e far saltare l'accordo raggiunto nel “centrodestra di governo”. Proprio a loro la leader di FdI si era rivolta in mattinata: “Qualcuno avrà il coraggio di schierarsi con noi?”. Alla fine la linea governista ha prevalso e contro la mozione ha votato pure Matteo Salvini. In serata l'alleata si limita a osservare: “Tutti i partiti della maggioranza hanno deciso così di sostenere le scelte della gestione opaca e fallimentare della pandemia. Chissà se gli italiani la pensano allo stesso modo”. Di certo un pezzo di maggioranza difende il Ministro e gli riserva un lungo applauso alla fine del suo intervento in aula; parecchi senatori dagli scranni del centrosinistra si alzano in piedi. Speranza del resto non cede alle accuse e replica punto per punto “Affronto questo dibattito e il voto con il rispetto che si deve e la consapevolezza di aver servito ogni giorno il mio Paese con disciplina”, rimarca evidenziando: “la salute degli italiani è il faro che mi guida in ogni scelta”. Poi passa al contrattacco: “Nessuno dovrebbe mai dimenticare che il nemico è il virus e che dovremmo essere più uniti che mai nel combatterlo, evitando di cadere nella tentazione di utilizzare la lotta alla pandemia per ragioni strumentali”.
La Camera approva definitivamente il decreto sulle elezioni
L'Aula di Montecitorio ha approvato il decreto per il differimento di consultazioni elettorali per l'anno 2021. Il decreto rinvia all’autunno le elezioni amministrative che si sarebbero dovute svolgere in primavera. Coinvolte dal provvedimento diverse grandi città, tra cui Roma, Bologna, Napoli, Milano e Torino. Il decreto dispone che, per l'anno 2021, le elezioni si svolgano tra il 15 settembre e il 15 ottobre 2021. La norma vale per le elezioni comunali e circoscrizionali indette sia per scadenza naturale degli organi, sia a seguito di scioglimento per mafia, sia per il verificarsi, entro il 27 luglio 2021, di condizioni che ne rendano necessario il rinnovo; per le elezioni suppletive per i seggi della Camera e del Senato dichiarati vacanti entro il 31 luglio 2021; per le elezioni degli organi elettivi delle Regioni a statuto ordinario, sia quelle già indette, sia quelle che si rendessero necessarie a seguito del verificarsi, entro il 31 luglio 2021, di ulteriori condizioni che determinino l'esigenza del rinnovo. Inoltre, il provvedimento stabilisce che le operazioni di votazione per le consultazioni elettorali si svolgano, oltre che nella giornata di domenica dalle 7.00 alle 23.00, anche nella giornata di lunedì, dalle 7.00 alle 15.00.
Il Governo vara il Recovery, il 18 giugno potrebbe arrivare il giudizio UE
È pronto il Pnrr dell'Italia: 191,5 miliardi da spendere, da qui al 2026, per avviare il rilancio del Paese e superare i devastanti effetti della pandemia. Dopo il passaggio finale in Cdm, il Pnrr è pronto per l'invio alla Commissione europea: Draghi sarà puntuale e, come promesso, oggi consegnerà il pacchetto. L'auspicio dell’Italia è accedere entro l'estate alla prima tranche di anticipo dei fondi, che in totale per l'Italia potrebbe arrivare a 25 miliardi nel 2021. Ma fin da subito per il Governo parte la difficile sfida delle riforme, in una road map da brividi, sia per i tempi di realizzazione che per le distanze politiche da colmare in maggioranza su temi come giustizia e fisco. Poi, partirà il percorso dell'attuazione, anche quello difficilissimo, perché se si sfora il cronoprogramma si perdono i fondi. Draghi ha portato il piano in Cdm per la presa d'atto finale, dopo il passaggio alla Camera e al Senato; insieme al Pnrr il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge che istituisce il fondo complementare al Recovery da 30,6 miliardi che finanzierà, fino al 2033, i progetti che per i tempi di realizzazione o per la natura degli interventi non potevano entrare nel Piano. Per il 2021 il fondo potrebbe essere alimentato con un primo finanziamento fino a 5 miliardi e si tratta comunque di risorse destinate ad avere grande impatto sul territorio, dai fondi per le aree colpite dal terremoto a quelli per il rifacimento delle strade e la sicurezza stradale. Gli Enti locali, a partire dalle Regioni, vogliono avere voce in capitolo, ecco perché il Ministro Gelmini in Cdm ha chiesto di poter convocare la Conferenza unificata per un confronto prima del via libera al decreto; il Cdm viene sospeso per quattro ore e il ministro Daniele Franco illustra il testo ai governatori e, dopo qualche limatura, arriva l'approvazione del Recovery plan italiano.
Letta e Conte ci provano: insieme verso le prossime politiche
Enrico Letta e Giuseppe Conte ci provano: il leader Pd e il neo-capo del M5S approfittano della presentazione del manifesto delle Agorà di Goffredo Bettini per rilanciare l'idea di un'alleanza progressista da contrapporre al fronte dei sovranisti alle prossime elezioni politiche del 2023. Essa, avverte Letta, dovrà andare oltre il Pd, il M5S e la sinistra ecologista di Elly Schlein: “Tranquilli, M5S ci sarà, completamente rigenerato”, assicura Conte. L'unico a porre dei paletti precisi è Bettini: “Non dobbiamo ridare fiato a forze che svolgono un lavoro di costante disturbo, al solo obiettivo di rafforzare il proprio orticello di partito. Credo che Renzi abbia scelto questa strada”. Letta glissa sul punto, si limita a sottolineare la necessità di superare le rivalità che hanno segnato il centrosinistra in passato. Conte offre sponda, spiega che il M5S completerà “a giorni il percorso costituente”, assicura che verrà sciolto anche il nodo del rapporto con Rousseau, chiarendo che le scelte politiche non saranno affidate a chi gestisce tecnicamente la piattaforma. L'ex premier ha in mente parecchi strappi col passato. Una volta che il M5S avrà concluso questa nuova fase di ridefinizione, la prossima prova saranno le elezioni amministrative e l’elezione del Presidente della Repubblica sino ad arrivare alle elezioni politiche del 2023, sempre che non si vada al voto anticipato.
È bufera su Durigon dopo video inchiesta di Fanpage. M5S chiede le dimissioni
Il sottosegretario leghista Claudio Durigon è nella bufera in seguito ad una video-inchiesta di Fanpage.it secondo la quale, durante una cena, avrebbe detto: “Quello che fa le indagini sulla Lega lo abbiamo messo noi”. Parole che fanno esplodere la reazione dei Cinque Stelle che chiedono a gran voce le sue dimissioni. Piena solidarietà invece da parte dei suoi, che anzi annunciano iniziative legali. Esplicito il sostegno del segretario: “Mi sembra una vicenda surreale: i 5Stelle si stanno agitando per nascondere i problemi di Grillo”, commenta Matteo Salvini. E Durigon stesso, al Senato, smorza ogni tensione. La polemica scoppia anche nell'Aula di Montecitorio dopo la pubblicazione sul web dell'inchiesta: s'era appena votato sulle pregiudiziali al decreto riaperture, quando Eugenio Saitta (M5S) chiede che il Ministro dell'Economia Daniele Franco riferisca sulle affermazioni di Durigon e per tutto il giorno non si placano le richieste di dimissioni. La sensazione è che la questione difficilmente passerà in sordina e non è escluso un intervento dello stesso Presidente del Consiglio Mario Draghi.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG, la Lega di Matteo Salvini riprende fiato dopo settimane di apnea attestandosi al 21,8%. Discorso diverso per il Movimento 5 Stelle. Il consenso del partito guidato da Giuseppe Conte crolla di un punto (17,4%). La Lega resta il primo partito del Paese con una distanza dal secondo (PD) di 2,7 punti, mentre il gap rispetto a FdI si attesta a 4,2 punti.
Nell’area delle sinistre, i Verdi rimangono stabili (2%) mentre Sinistra Italiana e MDP Articolo Uno si attestano rispettivamente al 3,1% e all’1,6%. Nell’area centrista, +Europa rimane all’1,7%, così come Italia Viva che si ferma all’1,9%. Non fa registrare grosse variazioni Azione, ferma al 3,6%. Situazione identica per il Partito Democratico che rimane inchiodato al 19,1% della scorsa rilevazione. Nell’area del centrodestra, Fratelli d’Italia torna terza forza a livello nazionale pur perdendo qualche decimale (17,6%), Forza Italia riguadagna terreno spingendosi fino al 6,8% mentre Cambiamo! rimane all’1,1%.
Negli ultimi sondaggi, i partiti che appoggiano il Governo Draghi raccolgono il 77% nelle intenzioni di voto, mentre il centrosinistra formato da PD, M5S e MDP raggiunge il 38,1%. La coalizione del centrodestra unito, invece, il 47,3%, mentre il rassemblement dei partiti di centro (Azione, IV e +Europa) si attesta al 7,2% dei consensi.