Fitto interviene alle Camere sul Pnrr. Critiche le opposizioni

Dopo giorni di polemiche, il ministro Raffaele Fitto è intervenuto alla Camera e al Senato sulla revisione del Pnrr. Per il ministro “il confronto costante con la Commissione Ue sta producendo risultati positivi”. Per poi assicurare che la rimodulazione del Piano, “per detta della stessa Commissione Ue, si completerà entro il 2023 e ci consentirà di avere, entro l'anno, i 35 miliardi della terza e della quarta rata”. Quindi “le nuove misure non sono oggetto di definanziamento”, garantisce il ministro, mandando un messaggio anche “ai sindaci, con i quali ho parlato, o a chi ha immaginato scenari catastrofici: gli interventi del Pnrr vanno avanti regolarmente”, “non c'è alcuna interruzione” e “lavoreremo per salvaguardare tutti gli interventi”. Un “pieno coinvolgimento del Parlamento, nonché la leale collaborazione con le Regioni e gli Enti Locali”. A sollevare incertezze è però il Servizio studi della Camera, che in sottolinea la mancanza di coperture per i progetti esclusi. La replica di Fitto arriva dal Senato “Il definanziamento degli interventi si concretizzerà al termine del confronto con la Commissione Ue e sarà quello il momento in cui andremo a riarticolare i finanziamenti degli interventi con gli altri fondi europei”. Ma la linea del ministro non convince le opposizioni che salgono sulle barricate.

Nel secondo trimestre il pil frena dello 0,3%

Secondo l’Istat, l'Italia rallenta la crescita e nel secondo semestre frena a -0,3% dopo il +0,6% dei primi tre mesi dell'anno; in termini tendenziali la variazione è positiva per lo 0,6%, mentre quella acquisita per l'anno in corso è pari allo 0,8%, lievemente inferiore rispetto allo 0,9% del primo trimestre. Sono dati che preoccupano, anche perché in controtendenza rispetto al resto d'Europa. Il rallentamento del Pil era atteso, nel Def il Governo prevedeva una crescita all’1%, un risultato che “è ancora pienamente alla portata” assicura in una nota il Mef, che sottolinea come “il Governo continuerà a operare per assicurare l'attuazione degli investimenti pubblici e del Pnrr a sostegno della crescita e per favorire l'ulteriore discesa dell'inflazione”. L'arretramento del Pil “appare principalmente dovuto alla caduta del valore aggiunto dell'industria, mentre i servizi hanno continuato a crescere, seppure a un ritmo più moderato. Sui risultati hanno influito la flessione del ciclo internazionale dell'industria, il rialzo dei tassi d’interesse e l'impatto della fase prolungata di rialzo dei prezzi sul potere d'acquisto delle famiglie; in Italia, come nel resto d'Europa, la fiammata inflazionistica è stata una delle conseguenze negative del conflitto in corso”. 

È scontro sul reddito di cittadinanza. La maggioranza è compatta

Sul Reddito di cittadinanza corrono incandescenti accuse reciproche tra maggioranza e opposizione. Da parte del Governo non c'è nessuna marcia indietro all'orizzonte: chi è occupabile perderà il sussidio, chi va sostenuto sarà aiutato. Si fa strada, però, la consapevolezza che qualcosa nella comunicazione non abbia funzionato, che occorra spiegare meglio e non basti arginare le proteste. Così tre giorni dopo l'invio degli sms che comunicano la sospensione dell'assegno a 169mila famiglie, arrivano le Faq sul sito del ministero del Lavoro e una circolare dell'Inps. Sembra accantonata anche la proposta di una Commissione parlamentare d'inchiesta sui controlli sul Reddito di Cittadinanza, bollata dai pentastellati come “bullismo istituzionale”; PdAVS e M5S chiedono di portare la questione in Parlamento, con un’informativa del Governo. Elly Schlein chiede “al Governo di venire a riferire al più presto perché è incredibile non solo che abbiano deciso di fare la guerra ai poveri, ma anche che non abbiano preparato minimamente questi passaggi”. Il M5S chiede di agire “subito per fermare questa macelleria sociale”; Giuseppe Conte ha ricordato che “il taglio del rdc a regime finirà per danneggiare anche i consumi per una cifra pari a 1 miliardo l'anno”. Per Carlo Calenda, il provvedimento è stato “eseguito male e comunicato peggio”. 

La strage di Bologna torna a dividere la politica

In occasione della commemorazione della strage di Bologna il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha chiarito che: “La matrice neofascista della strage è stata accertata nei processi e sono venute alla luce coperture e ignobili depistaggi”. Ma ancora c'è da lavorare: “La ricerca della verità completa è un dovere che non si estingue”. Un impegno che Giorgia Meloni ha fatto suo, ricordando come il governo abbia continuato e velocizzato l'opera di “desecretazione” degli atti. Quel 2 agosto 1980, ha continuato la premier, “il terrorismo ha sferrato all'Italia e al suo popolo uno dei suoi colpi più feroci”. Una frase che le opposizioni hanno giudicato “ipocrita”. “Si è dimenticata una parola” ha fatto notare il capodelegazione Pd in Ue, Brando Benifei “Ma per fortuna l'ha ricordata il presidente Mattarella: terrorismo di matrice neofascista. No alle rimozioni”. Sarcastico Stefano Bonaccini: “Non dice neofascista? Speriamo lo pensi e lo aggiunga la prossima volta. Questo farebbe del bene”. In ogni caso la frase di Meloni ha acceso lo scontro con le opposizioni.  A fine giornata il segretario di FI Antonio Tajani ha chiesto di “evitare polemiche, quando si parla di morti e di ricerca della verità, perché ancora la verità non è stata scoperta”. 

La Camera conferma la stretta su vitalizi e il nuovo dress code

Via libera dell'Aula della Camera al proprio bilancio interno con la conferma della stretta sui vitalizi e con qualche novità sul dress code. Il sì dell'Aula è arrivato all'unanimità con 290 voti favorevoli e la sola astensione di Piero Fassino che è intervenuto in dissenso sull'odg sui vitalizi parlando di “un impianto demagogico e populista, che consente di continuare ad alimentare una campagna contro il Parlamento e contro la politica”. Il bilancio, come ha spiegato il questore Filippo Scerra, è di 943,16 milioni di euro, “cifra che è rimasta invariata negli anni e che confermiamo anche nel triennio che stiamo analizzando, al netto quindi delle difficoltà derivanti dalla congiuntura economica”. Diversi i risparmi dovuti, in particolare, al taglio del numero dei parlamentari, al mancato adeguamento agli stipendi dei magistrati e alla stretta sui vitalizi degli ex parlamentari che ha comportato minori uscite per 17 milioni. Confermata la stretta sulle pensioni. Ma mentre si discute di salari, retribuzioni e pensioni a tenere banco è la questione del dress code. Due odg chiedono infatti un intervento a garanzia del decoro delle istituzioni. Alla fine, verrà introdotto l’obbligo della cravatta ma non quello contro le scarpe da tennis.

Meloni stoppa il pasticcio sulla patrimoniale in Aula alla Camera

La patrimoniale fa fibrillare per qualche ora il governo, prima che Giorgia Meloni intervenga per chiarire che non si farà. A far scoppiare il caso è stato un odg di Nicola Fratoianni (Avs) in cui si chiedeva all'esecutivo di valutare una tassa per i patrimoni sopra i 500 mila euro destinata a finanziare l'istruzione. In Aula alla Camera la sottosegretaria all'Istruzione Paola Frassineti ha dato “parere favorevole, con riformulazione”. Un “pasticcio” che per alcune ore fa sì che l'opposizione parli di “maggioranza Meloni-Fratoianni”. A chiudere la questione è stata la premier che da Palazzo Chigi ha chiarito che “il governo ha velocemente valutato la proposta e altrettanto velocemente concluso che non intende dare seguito alla stessa”. Resta il fatto che l'incidente ha fatto scattare un allarme sul raccordo tra esecutivo e Parlamento. Questo è stato uno dei punti affrontati nel corso del pranzo che ha visto seduti al tavolo a Palazzo Chigi la Premier, i due vice Antonio Tajani e Matteo Salvini e i capigruppo della maggioranza. Il caso Fratoianni, per la Meloni è “il classico esempio di ciò che accade quando c'è scollamento tra Parlamento e governo”, che va evitato ponendo “massima attenzione”. Da qui l'invito a “coordinarci di più ed essere ancora più coesi”. 

La discussione del salario minimo è stata rinviata. Ira delle opposizioni

Slitta all'autunno il dibattito alla Camera sul salario minimo. Su richiesta della maggioranza, in Aula è stato approvato il rinvio di 60 giorni dell'esame della proposta di legge delle opposizioni. L'ipotesi di rimandare è maturata nelle scorse settimane, quando la presidente del consiglio Giorgia Meloni ha aperto al confronto, mettendo in stand by la strategia della maggioranza, che fino a quel momento era intenzionata a votare subito in Aula la soppressione della proposta di legge. “Grazie alla sua mediazione” ha spiegato Giovanni Donzelli (FdI) “arriveremo a una proposta utile per superare il tema del lavoro povero. Tema creato dal governo delle sinistre e che vogliamo risolvere con proposte serie, senza demagogia”. Il tema salario minimo è comunque uno dei pochi che continua a tenere unite le opposizioni: la proposta di legge porta la firma di tutti i gruppi di opposizione (tranne gli esponenti di Iv). E dopo la battuta di arresto in Aula, il fronte, composto da PdM5SAVSAzione e +Europa, ha lanciato una raccolta di firme. 

Slitta la riforma sull’autonomia. FdI riscrive la parte sui Lep

Alla fine, il Senato rimanda a settembre la discussione sull’autonomia differenziata. L'atteso rush finale sulla Riforma Calderoli slitta dopo la pausa estiva. Le opposizioni hanno scongiurato in commissione Affari costituzionali del Senato il voto degli emendamenti che significa tenere aperta la possibilità di ascoltare ancora il comitato tecnico sui Lep. PdM5S e AVS hanno ottenuto, oltre alla garanzia sull'audizione del Comitato per i Livelli essenziali delle prestazioni (Clep). Il grimaldello che ha permesso di sbloccare la situazione è però un emendamento di FdI che riscrive completamente l'articolo 3 del provvedimento, proprio la parte che riguarda la determinazione dei Lep. È il frutto, assicurano da FdI, di una paziente mediazione tra FdI e Lega. Il risultato, particolarmente gradito alla premier Meloni, blinda in sostanza la definizione dei Lep e impone alcuni paletti, ritenuti, a destra e a sinistra, indispensabili per non avere un'Italia a due velocità. Tra le novità della proposta la tutela dell'interesse nazionale contro il rischio di creare disparità tra Regioni e il rispetto della centralità del Parlamento. Nella maggioranza però la Lega spinge affinché a settembre si possa riprendere il dibattito così da poter approvare il provvedimento ad inizio 2024.

Mattarella lancia l’allarme sul clima, appello con cinque Capi di Stato

Mentre l'Europa brucia sotto un caldo anomalo e le catastrofi naturali mettono la stagione estiva a rischio, a portare sotto i riflettori i cambiamenti del clima è ancora una volta Sergio Mattarella. Questa volta, insieme agli altri 5 capi di stato del gruppo Arraiolos, una associazione multinazionale informale dei presidenti di alcuni degli stati membri dell'Ue (Italia, Croazia, Grecia, Malta, Portogallo e Slovenia), che lancia un appello all'Ue e alla comunità internazionale affinché vengano prese “iniziative urgenti ed efficaci”. La situazione ambientale va affrontata senza esitazioni, è il monito, “bisogna agire ora” incalzano i sei capi di stato. Il rischio è che la natura impazzisca mettendo a rischio il rapporto uomo-ambiente. Quindi stop ai “compromessi per ragioni politiche o economiche. È imperativo agire” e farlo insieme, “collettivamente”. Tutti i paesi vengono sollecitati a “reagire” e ad “impegnarsi in uno sforzo collettivo per arrestare e invertire gli effetti della crisi climatica”. 

Tajani completa le nomine e fissa il congresso di Fi a febbraio

Il congresso a Roma a fine febbraio, in tempo per le Europee e come momento di legittimazione dal basso, e una squadra collaudata a governare il partito. Il nuovo corso di FI è senza scossoni: Antonio Tajani conferma il gruppo dirigente del partito e aggiunge alcune caselle di peso. La segreteria, riunita nella sede del partito, approva all'unanimità le proposte del segretario. Oltre ai sei attuali, che sono stati confermati, vengono istituiti tre nuovi settori: quello del Portavoce, ruolo affidato al vicecapogruppo alla Camera Raffaele Nevi, mentre Gregorio Fontana, ex responsabile dell'organizzazione, curerà l'identità del partito, l'archivio e la banca dati documentale. Viene inoltre previsto un nuovo settore di peso, quello della macchina elettorale, con il compito di coordinare le campagne elettorali a livello europeo, nazionale e locale, affidato ad Alessandro Battilocchio. Nuovo responsabile organizzazione sarà Francesco Battistoni. Il Congresso, ha detto Tajani, “sarà occasione per discutere dei grandi temi nazionali. FI sarà architrave della politica italiana”. E a chi gli chiede se ci saranno altri candidati, il segretario replica: “Abbiamo convocato ora il Congresso, per chi lo vuole fare, ci sono i tempi e i modi per candidarsi”. 

È polemica sulla cena al Twiga tra Santanché, Boschi e Bonifazi di Iv

Nuove scintille tra IV ed Azione. Questa volta a far discutere i partiti di Matteo Renzi Carlo Calenda è una notizia riportata dal Corriere della Sera di una cena al Twiga, il noto stabilimento della Versilia dove è di casa Daniela Santanchè, cui ha partecipato la ministra del Turismo insieme con alcuni esponenti di Iv, tra cui i parlamentari Maria Elena Boschi e Francesco Bonifazi e che ha scatenato le polemiche aumentando il solco tra gli ormai ex compagni di partito, Renzi e Calenda. Ed è proprio il partito dell'ex ministro a prendere le distanze bollando come “inopportune” le presenze degli esponenti di Iv con la Santanchè. La cena è diventata una sorta di caso politico con il M5S che attacca: il capogruppo al Senato Stefano Patuanelli parla di “mercimonio d’interessi tra Iv e la destra”. Bonifazi che scrive: “Sono stato a cena al Twiga venerdì sera, com’ero già stato altre volte, essendo da sempre un frequentatore della Versilia. Potrei fare l'elenco dei parlamentari di tutti gli schieramenti che ho visto in quel locale”. 

Renzi rilancia sul premierato, sfida la maggioranza e bacchetta le opposizioni 

Matteo Renzi riapre il dibattito sulle riforme istituzionali. In conferenza stampa presenta una pdl sull'elezione diretta del premier. “Firmo davanti a voi un disegno di legge di riforma costituzionale che il governo Meloni non ha avuto la forza di fare in nove mesi”. “Un testo di quattro articoli dove il presidente del consiglio è eletto contestualmente alle elezioni delle Camere e nomina e revoca i ministri”. Al grido di “Basta giochi di palazzo, ridiamo il ruolo di arbitro al cittadino”. Con una mossa a sorpresa il leader di IVscavalca dunque la maggioranza sul primo cittadino d'Italia. I gruppi evitano di commentare le sue parole e in molti si chiedono se l'affondo di Renzi è da interpretare come un intervento a gamba tesa sulla maggioranza o un assist a Fratelli d'Italia. Certo è che per i meloniani si tratta del rilancio di un loro cavallo di battaglia, non sfugge infatti che caldeggiare il premierato oggi significa far tornare sotto i riflettori la promessa del ministro Elisabetta Casellati di presentare un ddl entro l'estate. Renzi precisa subito di non essere la stampella al centrodestra: “siamo gli unici che fanno una opposizione seria e non ideologica” e sollecita il governo a portare a casa al più presto l'elezione diretta del presidente del consiglio. 

Il Terzo Polo sembra al capolinea. Calenda chiede una verifica

Sembrano stretti, nel Terzo Polo, i margini per continuare la legislatura con un gruppo comune Azione e Iv. Negli ultimi giorni si è assistito ad una escalation di tensione. Il tutto mentre non si erano ancora esauriti i veleni incrociati dopo le dichiarazioni di Matteo Renzi, che aveva parlato di “grillismo degli antigrillini” rivolgendosi a Carlo Calenda e agli altri di Azione che avevano attaccato in particolare Maria Elena Boschi e Francesco Bonifazi per aver cenato al Twiga. È stato Carlo Calenda a intervenire direttamente nella querelle e a sintetizzare la situazione: “Roberto Giachetti ha chiesto la separazione dei gruppi parlamentari di Azione e IV. I gruppi lavorano bene insieme su molte questioni di merito. Ma non vi è dubbio, dal salario minimo alla Commissione Covid e all'elezione diretta del premier, stanno emergendo differenze rilevanti. Nei prossimi giorni verificheremo con i vertici di Italia Viva le loro intenzioni. Del Twiga non ci importa nulla. Di chi lo frequenta meno ancora. Ma se persone appartenenti al Gruppo Azione Italia Viva vanno a cena con un Ministro di cui abbiamo chiesto le dimissioni c’è un problema di opportunità evidente”. 

I sondaggi della settimana 

Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG il 31 luglio, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma il primo partito italiano, con il 29,4%, davanti al PD (20,0%). Tre punti percentuali in più per il Movimento 5 Stelle al 16,3%. Da sottolineare come il distacco tra FdI e la seconda forza politica nazionale (PD) sia pari a 9,4 punti percentuali. Nell’area delle sinistre, la lista rosso-verde Alleanza Verdi e Sinistra è stimata al 3,0%, mentre Unione Popolare all’1,7%. Nell’area centrista, Azione è data al 3,4%, mentre Italia Viva al 2,5%. Nella coalizione del centrodestra, Lega (9,7%) e Forza Italia (7,2%) restano pressoché stabili. Italexit di Paragone sale al 2,2%.

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La stima di voto per la coalizione di centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) sale al 46,3%; sale di un punto percentuale il centrosinistra, formato da PD, +Europa e Alleanza Verdi-Sinistra al 25,4%. Il Polo di centro, composto da Azione e Italia Viva, scende al 5,9% e infine, fuori da ogni alleanza, il M5S prende tre punti percentuali, passando al 16,3%.

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