Non c’è l’accordo, fallisce il mandato esplorativo di Fico per il Conte ter
L'ultimo tentativo di trattativa per dar vita a un governo Conte ter è fallito. Il presidente della Camera, Roberto Fico, dopo aver atteso la conclusione dei lavori del tavolo sul programma e aver svolto un rapido secondo giro con i partiti della maggioranza uscente radunati attorno al tavolo, è salito al Quirinale per comunicare al Presidente della Repubblica l’esito negativo del suo mandato esplorativo. Prima di lasciare Montecitorio, la terza carica dello Stato ha sentito al telefono innanzitutto Matteo Renzi e a seguire tutti i leader dei partiti che hanno sostenuto il governo uscente. La trattativa, parallela al tavolo sul programma, portata avanti dai leader sulle caselle dell’eventuale nuova squadra di governo si è consumata tra alti e bassi, interrotta da veti e controventi seguiti poi da accuse incrociate.
Mattarella lancia appello ai partiti e chiama Draghi per un governo di alto profilo
Consumata la crisi nella maggioranza giallorossa, il Presidente della Repubblica ha lanciato un appello alle forze politiche “perché conferiscano la fiducia” a un Governo del presidente che faccia fronte subito alle emergenze del Paese. La decisione viene motivata dal Presidente nel suo discorso a tarda sera con un tono severo e serio, elencando tutte le ragioni per le quali non è possibile ora portare il paese al voto anticipato. Il Capo dello Stato ha poi ribadito l’importanza della partita sul Recovery plan: “Dobbiamo provvedere tempestivamente all'utilizzo dei fondi per non perderli e un Governo con un’attività ridotta non potrebbe farlo”. Poi ricorda i tempi tecnici necessari alla formazione di un nuovo Parlamento e di un nuovo governo, mesi cruciali e decisivi che non possono passare vanamente. Di qui “l'appello a tutte le forze politiche perché conferiscano la fiducia a un governo di alto profilo, senza una formula politica”. Subito dopo il Presidente ha convocato il professor Mario Draghi.
Draghi sale da Mattarella e accetta l’incarico con riserva
Quattro priorità: vincere la pandemia, completare la campagna vaccinale, offrire risposte ai problemi dei cittadini e rilanciare il Paese. Un metodo: dialogo con i partiti e le forze sociali. Uno strumento, la potenza di fuoco messa a disposizione dall'Europa con il Recovery Fund, per ricostruire l’Italia dalle conseguenze della più grave recessione della sua storia causata dall’emergenza Covid-19. Sono da poco passate le 13.30 di martedì 3 febbraio quando Mario Draghi annuncia, dal Quirinale, di aver accettato l'incarico, con riserva, offerto da Sergio Mattarella per formare un nuovo governo e in poche frasi disegna il manifesto per l'esecutivo che, se arriverà il via libera delle forze politiche, potrebbe nascere a breve.
Il Pd cerca l’unità su Draghi e rilancia l’alleanza con M5S e Leu
Convergere, per responsabilità, su Mario Draghi ma non rompere l'alleanza con il Movimento 5 stelle e Leu. È questa la partita che il Pd, fallito il tentativo di dar vita al Conte ter, intende giocare. La linea, all'interno della war room del Nazareno è chiara e inizia a tratteggiarla Andrea Orlando: vanno evitati “gli errori del passato”, dice riferendosi al Governo tecnico guidato da Mario Monti che costò caro ai Dem, “Non basta dire c’è Draghi, viva Draghi”, spiega, serve piuttosto “una convergenza sul programma” e, in ogni caso, non dipende tutto dal Pd, che in Senato “pesa per l'11%”. La decisione verrà presa “anche in relazione a quello che fanno le altre forze politiche”, Nicola Zingaretti lo dice chiaro: con l'incarico a Mario Draghi “si apre una fase nuova”, che può portare il Paese “fuori dall'incertezza”; in ogni caso, però, “non bisogna perdere la forza e le potenzialità” del “patrimonio unitario” costruito con M5S e Leu che rappresenta “l'unica alternativa” alla vittoria della destra. Di qui la scelta di incontrare gli alleati, per cercare una convergenza possibile: per i Dem non sarebbe affatto facile dire sì a un Governo Draghi se il M5S alla fine decidesse di votare contro, soprattutto se la golden share sulla nascita del nuovo esecutivo l'avesse il centrodestra e i voti della Lega fossero determinanti. Dopo l'incontro, in realtà, le posizioni restano distanti, anche se Zingaretti registra la “positiva disponibilità di voler tenere aperta una prospettiva politica unitaria”.
Draghi ha iniziato le consultazioni; obiettivo: costruire un’ampia maggioranza
Il perimetro parlamentare di Mario Draghi potrebbe spaziare dalla Lega a Leu, passando per Pd e M5S. Al primo giorno di consultazioni, mentre sfilano davanti al premier incaricato i piccoli gruppi parlamentari di Camera e Senato, s’intravede uno spazio politico prima inimmaginabile. La formula sarebbe il modello Ciampi, con pochi ministri tecnici di alto profilo ad affiancare il premier sui dossier più delicati, come l'economia, la giustizia e forse anche la sanità, ma in Consiglio dei ministri i rappresentanti di tutti i partiti; è questa l'ipotesi che rimbalza nei rumors parlamentari. Draghi mantiene un riserbo assoluto sulla forma politica che intende dare al suo esecutivo. Solo al secondo giro di consultazioni potrebbe scoprire le sue carte, per ora prende appunti, ascolta, annota auspici e condizioni. Per il momento, ai rappresentanti dei piccoli gruppi parlamentari l'ex presidente della Bce fornisce in pochi tratti le sue priorità. Ai gruppi chiede proposte e spunti, si sente dire a più riprese che il governo deve essere politico, che i gruppi parlamentari vanno ascoltati, batte molto sul tasto della campagna vaccinale. Che governo sceglierà per questa missione è ancora un'incognita, ma tra i partiti si diffonde la convinzione che il prossimo esecutivo non sarà solo tecnico, sarà anche politico, e non solo perché lo chiedono quasi tutti, ma anche perché portare in Cdm i rappresentanti dei partiti vorrebbe dire avere un più saldo canale con il Parlamento.
La direzione sembra quella di un governo tecnico e politico: il totonomi
C’è chi ipotizza una squadra di Governo snella. Per ora ci si affida solo a ipotesi e rumors, ci s’interroga se Draghi al dunque farà la sua lista o chiederà ai gruppi di indicare rose di nomi. All'Economia, c’è chi accredita l'ipotesi che il premier tenga l'interim, ma viene considerato più probabile che scelga un tecnico di sua fiducia come Daniele Franco o Luigi Federico Signorini (Bankitalia) o Daniele Scannapieco (Bei), mentre vengono considerate in ribasso le quotazioni dell'uscente Roberto Gualtieri. Alla giustizia continua a farsi il nome di Marta Cartabia o Paola Severino. Un tecnico come Ilaria Capua potrebbe andare alla sanità, dove però non è esclusa la conferma di Roberto Speranza. All'interno Luciana Lamorgese potrebbe restare, anche se su quel Ministero pesa l'incognita Lega. Carlo Cottarelli potrebbe entrare in squadra così come la Rettrice della Sapienza Antonella Polimeni. Quanto ai politici, Nicola Zingaretti non sembra escludere del tutto un suo ingresso. Potrebbe essere confermato per il M5S Luigi Di Maio e per il Pd Lorenzo Guerini, Dario Franceschini o entrare Andrea Orlando se Zingaretti decidesse di no. Matteo Renzi dice ai suoi che esclude di essere interessato, potrebbe indicare Ettore Rosato o Maria Elena Boschi. Per Fi Antonio Tajani. Per la Lega, naturalmente, Giancarlo Giorgetti o un tecnico d'area. I desideri dei partiti rischiano però di scontrarsi con i piani del premier incaricato e con la necessità di dare la sua impronta non solo sui temi, ma anche nella squadra. C’è chi non esclude che alla fine i partiti possano entrare solo nei posti di viceministro o sottosegretario. Difficile, però, che si accontentino: il M5S l'ha detto più chiaro di tutti, se il governo non sarà politico difficile che voti sì. (Lo speciale di Nomos)
Conte e Di Maio aprono a Draghi, il M5S, a fatica, va verso una nuova svolta
Il M5S inizia a orientare la bussola verso un possibile sì al governo di Mario Draghi, anche se il percorso resta accidentato. Il premier uscente Giuseppe Conte garantisce di non voler ostacolare il compito dell'ex presidente della Bce e si offre come punto di riferimento dei 5 stelle nel quadro di una collaborazione con Pd e LeU. Luigi Di Maio aggiusta la linea in corsa e spinge il Movimento a un confronto senza pregiudiziali; “Comprendo gli animi e gli umori di queste ultime ore”, inizia così la svolta del M5S. “È proprio in queste precise circostanze che una forza politica si mostra matura agli occhi del Paese”, avverte, facendo appello al “rispetto istituzionale”. L'ex capo politico traccia così la strada: il M5S, dice, ha “il dovere di partecipare, ascoltare e di assumere poi una posizione”. Intanto nel M5S iniziano i primi posizionamenti. Fra i già convinti c’è Luigi Di Maio ma anche Roberto Fico e Federico D'Incà. I contrari sono divisi al loro interno fra seguaci di Alessandro Di Battista ed ex contiani come Paola Taverna, che si stanno rimettendo in movimento dopo le parole del premier uscente. La terza via è rappresentata da chi ricorda che il M5S resta il gruppo più corposo in Parlamento, dispone ancora di non pochi presidenti di commissione, qualunque maggioranza che lo escludesse non avrebbe vita facile. Vito Crimi prova a fare sintesi sabato nelle consultazioni, annuncia, “ascolteremo attentamente” Draghi ma “porteremo al tavolo il Movimento 5 stelle con la sua storia, le sue battaglie e le sue visioni. E, chiaramente, fra queste il reddito di cittadinanza è uno dei punti fermi”.
Il centrodestra si spacca su Draghi FdI contro, FI a favore e Lega apre
La coalizione di centrodestra esce con le ossa rotte dalla trattativa pre-consultazioni con il presidente del Consiglio incaricato. È da poco passato mezzogiorno quando arriva una nota di Silvio Berlusconi, che scioglie la riserva e annuncia il sostegno del suo partito a Mario Draghi, prima dell'avvio di un'assemblea di Forza Italia. Durante la riunione la capogruppo di FI Mariastella Gelmini legge la nota del presidente che è accolta da un applauso, in primo luogo dalla vice presidente della Camera Mara Carfagna tra le prime a evocare il governo di larghe intese. Da quel momento è chiaro che la trattativa interna alla coalizione di centrodestra è finita: mercoledì Fratelli d'Italia, dopo aver proposto inutilmente l'astensione di tutti come mediazione, aveva annunciato il suo no categorico. Con il sì di FI si consuma definitivamente la frattura e la coalizione andrà da Mario Draghi con delegazioni separate. Giovedì pomeriggio Matteo Salvini ha riunito la segreteria politica della Lega. Il leader della Lega Salvini chiude rispetto a un eventuale sostegno “In base alle risposte che avremo liberamente e serenamente faremo le nostre scelte” e assicura: “Per noi prima viene l'interesse e il bene del Paese. Ancor prima dell'interesse di coalizione e di partito”. Intanto sono arrivate le aperture di Noi con l’Italia di Maurizio Lupi e di Cambiamo! Di Giovanni Toti.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG, la Lega di Matteo Salvini rimane pressoché stabile rispetto alla scorsa rilevazione (23,3%). Discorso diverso invece per il Movimento 5 Stelle. Il consenso dei pentastellati torna a galoppare raggiungendo il 16,3%. La Lega resta comunque il primo partito del Paese con una distanza dal secondo (PD) di 3,5 punti percentuali, mentre il gap rispetto al M5S, la terza forza politica italiana, si attesta a 7 punti.
Nell’area delle sinistre, i Verdi rimangono stabili al 2,1% mentre Sinistra Italiana-MDP Articolo Uno non fa registrare grossi scostamenti (4%). Nell’area centrista, +Europa rimane in quota (2,1%), così come Italia Viva che non schioda dal 3,2%. Discorso differente, invece, per Azione che perde qualche decimale (3,6%). Il Partito Democratico si avvicina al venti per cento (19,8%). Nell’area del centrodestra, Fratelli d’Italia perde terreno dopo diverse settimane (15,9%) così come è in difficoltà Forza Italia che perde circa mezzo punto (5,8%).
Dopo le dichiarazioni di Giuseppe Conte, riguardanti la necessità di preservare quanto costruito durante la sua ultima esperienza di governo con PD, M5S e LeU riassumibile nella definizione “alleanza per lo sviluppo sostenibile”, il centrosinistra così formato raggiunge, nei sondaggi, il 40,1%. La coalizione del centrodestra unito, invece, il 45%, mentre il rassemblement dei partiti di centro (Azione, IV e +Europa) si attesta all’8,9% dei consensi.