C’è tensione nel centrodestra. Berlusconi: Draghi deve governare fino al 2023

La partita del Quirinale, il nodo delle elezioni anticipate nel caso in cui Mario Draghi dovesse trasferirsi da Palazzo Chigi al Colle, le prossime elezioni amministrative da programmare per evitare un nuovo flop del centrodestra: Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi programmano le prossime mosse, ma ancora una volta le visioni sul futuro non sembrano convergere. E così, mentre il leader della Lega si allinea alla Presidente di Fdi e sottolinea che “per noi le elezioni sono sempre la via maestra”, il Cavaliere frena e riunendo i coordinatori regionali ricorda che Forza Italia è stata la prima a sostenere l'esecutivo guidato dall'ex numero uno della Bce, “che proprio noi abbiamo voluto e che sta lavorando bene”. Ecco perché, pur sapendo che “l'unità nazionale è una soluzione temporanea” dopo la quale “si tornerà alla contrapposizione tradizionale fra centrodestra e centrosinistra”, “Draghi deve continuare a governare” fino al 2023, sperando che “anche dopo possa svolgere una funzione importante”. 

Nel M5S scatta la tregua dopo l’intervento di Conte. Ma le tensioni rimangono

Tra Giuseppe Conte e una fetta consistente dei gruppi parlamentari è scattata la tregua dopo la retromarcia dell'ex premier sulla salita di Mario Draghi al Colle che, con tutta probabilità, avrebbe avuto come conseguenza un'accelerazione verso la fine della legislatura. La garanzia del leader che, in assemblea congiunta con deputati e senatori del M5S, ha ribadito la volontà di lavorare in funzione della scadenza naturale della legislatura nel 2023, è servita placare il dissenso interno. Conte, dopo i primi mesi e i primi ko politici, sembra aver capito il messaggio delle sue truppe: non può continuare a decidere da solo senza confrontarsi con i parlamentari, sperando che poi tutti lo seguano senza farsi venire almeno un dubbio. Da qui la scelta di essere a disposizione almeno due giorni a settimana, uno alla Camera e l'altro al Senato, per ascoltare. I portavoce ascoltano, segno che il momento è davvero delicato con due appuntamenti fondamentali alle porte: la legge di bilancio ormai in arrivo al Senato e l'elezione del successore di Sergio Mattarella. Servirà una compattezza di cui, oggi, i Cinque Stelle non dispongono. 

Il Presidente Mattarella allontana nuovamente un suo secondo mandato

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha escluso, ancora una volta, un suo possibile bis al Quirinale. Nel suo settennato, più volte, citando i suoi predecessori, il capo dello Stato ha dato un chiaro indirizzo alla sua presidenza, nel solco dalla strada indicata dalla Costituzione. E giovedì, nella sala del Bronzino del Quirinale, è entrato a gamba tesa su chi puntava a una sua permanenza: ricordando Giovanni Leone a vent'anni dalla sua scomparsa, l'inquilino del Colle ha rimarcato la volontà dello stesso di sollecitare il Parlamento (come fece Antonio Segni) a “introdurre la non rieleggibilità del Presidente della Repubblica, con la conseguente eliminazione del semestre bianco”. Una doccia fredda per i partiti-sponsor del Mattarella bis che proprio negli ultimi giorni stavano arricchendo le proprie fila, ma non una novità per il presidente, che già in passato aveva fatto emergere la sua indisponibilità a calcare le orme di Giorgio Napolitano

L’UE: l’Italia crescerà del 6,2% ma la sfida del Pnrr sarà cruciale

Le previsioni economiche d'autunno della Commissione UE sorridono all'Italia più di quelle dello scorso luglio. Bruxelles stima una chiusura del 2021 con il Pil al 6,2% (in estate si prevedeva il 5%) mentre nel 2022 la crescita dovrebbe assestarsi al 4,3%. Il Pil italiano, nonostante l'inflazione e lo spettro dei contagi, “è destinato a continuare a espandersi”, spiega l'UE che, nelle sue stime include anche l'impatto del Recovery. Ed è proprio qui che Roma è chiamata all'ultimo scatto: “Ha una responsabilità particolare perché' ha avuto più risorse, serve concentrarsi su questa sfida”, è il monito del Commissario agli affari economici Paolo Gentiloni, “Noi guarderemo con grandissima attenzione e con spirito di collaborazione alla fase esecutiva del Pnrr”, sottolinea. Al momento l'Italia ha centrato 28 obiettivi su 51 tra quelli elencati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per il 2021. Il tempo stringe e, quasi certamente, Roma non sarà nel primo gruppo di Governi europei a chiedere le risorse del Next Generation Ue per quest'anno, ma c’è anche chi in Europa è più indietro. L’ex premier italiano, se da un lato spiega che “pochi” come lui possono conoscere quanto sia “difficile quest'impresa” dall'altro rileva che il Governo italiano “sta agendo con grande determinazione, con un sostegno parlamentare notevole”. 

Martedì inizierà l’esame della manovra in Senato. Ma i nodi rimangono molti

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza e la legge di bilancio catalizzano il lavoro del Governo da qui a fine anno. La manovra è stata firmata da Mattarella ed è in arrivo in Senato, dove si aprirà martedì la sessione di bilancio. I partiti, già irritati dalla compressione dei tempi di esame, preparano emendamenti. Intanto la Lega prosegue l'offensiva contro il reddito di cittadinanza. Ma il dossier più spinoso si annuncia quello delle tasse, dal momento che bisogna ripartire gli 8 miliardi stanziati per ridurre il cuneo fiscale, decidendo di quanto tagliare l'Irpef e di quanto l'Irap. Il Governo vorrebbe chiudere la partita entro fine novembre, ma potrebbe aspettare le indicazioni che verranno dagli emendamenti parlamentari per poi presentare una propria proposta di sintesi. La discussione potrebbe comunque aprirsi già martedì, quando Mario Draghi, con Daniele Franco e Andrea Orlando, vedrà i sindacati per avviare il tavolo sulle pensioni. Nell'ultima bozza della manovra compare intanto una norma per una spinta all'attuazione del Recovery plan: aumenta di 10 miliardi nel 2022 (da 40 a 50) il Fondo rotativo per l'attuazione del piano, che anticipa i contributi che via via arriveranno dalla Ue. 

Passa la linea Draghi: il Cdm vara il decreto anti frodi

In un momento nel quale le tensioni all'interno della maggioranza, accentuate anche dall'avvicinarsi dell'elezione del prossimo Presidente della Repubblica, non accennano a scemare, Mario Draghi sceglie le parole di Ugo La Malfa per segnare la rotta. Il premier è alla Camera per la presentazione dell'archivio digitale degli scritti politici di quello che definisce “uno dei principali costruttori della Repubblica”. Solo “dinamismo” e “programmazione” possono trasformare un periodo eccezionale “in una stagione di crescita di lungo termine”; di qui, contro “l'incapacità di affrontare i problemi”, è forte la necessità di mettere in campo “un'azione paziente ma decisa, che eviti gli sterili drammi degli scontri ideologici per dare all'Italia una prospettiva di sviluppo, coesione, convergenza”. Il Premier mette in pratica l'insegnamento dello statista non appena fa ritorno a Palazzo Chigi. Sul tavolo della cabina di regia con i capidelegazione dei partiti c'è il decreto antifrodi, con le misure di controllo sulle agevolazioni fiscali: Draghi ha preservato i bonus dalle storture che ne sono state fatte, che secondo alcune stime fatte dall'Agenzia delle entrate, pesano in modo certo per 800 milioni l'anno. Il premier ne fa una questione di “credibilità”. Così come per i fondi del Pnrr, le risorse messe sul tavolo per le riqualificazioni edilizie devono essere spese in modo “equo e responsabile”, così da non perdere “la fiducia” dei cittadini. In Cdm, nonostante le diverse perplessità, Draghi tira dritto e incassa l'ok di tutti sul testo. 

Letta punta sul campo largo e rilancia il ruolo del Pd

Enrico Letta torna a prospettare e auspicare la nascita del campo largo di centrosinistra. Il segretario dem non tiene nessuna porta chiusa, nemmeno a Matteo Renzi e usa le parole del saggio Gianrico Carofiglio quando dice “non sta a noi dare patenti d'ingresso in un’alleanza tutta da definire. Le cose andranno in maniera molto naturale, c’è chi dice che Renzi stia guardando verso destra. Chi ci sta ci sta e chi non ci sta non ci sta”. Ma, aggiunge Letta, molto dipende anche da “come ci si avvicina al progetto”; tradotto: se dal Partito Democratico non si distribuiscono patenti, questo non deve accadere nemmeno da altre forze. E qui il discorso sembra cadere sul Movimento 5 Stelle il cui avvicinamento al gruppo dei Socialisti e Democratici europei, in cui trova casa anche il Pd, ha provocato qualche malumore fra i parlamentari dem vicini all'area di Base Riformista. Assieme a lui, nello studio di Repubblica web tv, ci sono i sei osservatori esterni delle Agorà Democratiche: Elly Schlein, Monica Frassoni, Annamaria Furlan, Gianrico Carofiglio, Carlo Cottarelli e Andrea Riccardi, tutti senza la tessera del Pd ma che Letta candida a rappresentare l'ossatura di un eventuale governo per il dopo Draghi. Prima, però, “bisogna vincere e la strada giusta” è proprio quel campo largo che “ha già battuto le destre” e che sta incassando il pieno di consensi, stando almeno ai sondaggi che vedono il Pd primo partito del paese, davanti anche a Fratelli d'Italia.  

Letta tratta l’ingresso del M5S in S&D, Calenda verso i liberal di Renew

Per l'Europarlamento, e in particolare per i partiti italiani, sarà un inverno segnato da scelte politiche cruciali. Si è aperta, a Bruxelles, la discussione formale sull'entrata degli 8 eurodeputati del M5S nel gruppo dei S&D. A trattare l'ingresso il segretario del Pd Enrico Letta, che ha posto il tema alla riunione del gruppo S&D e, successivamente, all'incontro con la delegazione del Pd. “Stiamo cominciando una discussione che dobbiamo affrontare in modo molto laico, stiamo coinvolgendo tutti, con grande apertura di spirito”, ha spiegato il segretario dem. Sulla collocazione del Movimento in Europa bocche cucite dai pentastellati. L’apertura del confronto ha avuto un immediato effetto: Carlo Calenda, infatti, chiude la porta ai riformisti per aderire in Renew, il gruppo dei liberali dove siede anche Italia Viva di Matteo Renzi. Ma c’è fermento anche a destra. I polacchi del Pis appaiono corteggiati sia dal Fdi che dalla Lega; Matteo Salvini volerà il 3 e 4 dicembre a Varsavia su invito di Jaroslaw Kaczynski, con l'obiettivo di creare una nuova grande coalizione dei sovranisti a Strasburgo che contempli Viktor Orban, fuoriuscito dal Ppe, insieme al Pis, dove milita il premier polacco Mateusz Morawiecki, e ad altre formazioni come il Rassemblement National di Marine Le Pen. Ma le ambizioni di Salvini devono fare i conti con Fdi e con il gruppo dei Conservatori (Ecr).

I sondaggi della settimana

Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG, il Partito Democratico di Enrico Letta torna ad essere il partito italiano con il 20,5% dei consensi, in vantaggio di mezzo punto su Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni che scende al 20%. Inoltre, il distacco tra il PD e la terza forza politica nazionale (Lega) è di 1,7 punti. 

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Nell’area delle sinistre, i Verdi rimangono stabili (2,3%) mentre Sinistra Italiana e MDP Articolo Uno si attestano rispettivamente al 2,2% e al 2,3%. Nell’area centrista, +Europa non fa registrare cambiamenti (1,9%), mentre Italia Viva riprende quota (2,1%) e Azione si ferma al 4%. In sostanziale pareggio rispetto alla settimana scorsa anche il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte con il 16,4%. Nell’area del centrodestra, infine, il consenso della Lega rimane pressoché immutato (18,8%) così come Forza Italia che si attesta al 7%.

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Negli ultimi sondaggi, i partiti che appoggiano il Governo Draghi raccolgono il 75,3%, mentre il centrosinistra formato da PD, M5S e MDP raggiunge il 39,2%. La coalizione del centrodestra unito raggiunge il 45,8%; invece il rassemblement dei partiti di centro (Azione, IV e +Europa) si attesta all’8% dei consensi.



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