Meloni è pronta per il Consiglio Ue: obiettivo, più Italia in Europa
Due passaggi, inseriti da Giorgia Meloni in avvio e al termine delle comunicazioni rese martedì al Parlamento in vista del Consiglio europeo. Nel primo chiarisce che l'obiettivo dell'esecutivo “è avere, piuttosto che più Europa in Italia, più Italia in Europa”: la convinzione della premier è infatti che l'Italia “debba e possa giocare un ruolo da protagonista” nell'interesse dell'intera Unione, “ma avendo sempre come stella polare la difesa del proprio interesse nazionale”. Insomma, l'obiettivo non è “limitarsi a ratificare le scelte a valle, ma contribuire a definire quelle scelte a monte”. Sfide che saranno affrontate nel corso della riunione di Bruxelles che tra i vari temi all'ordine del giorno annovera in primis il conflitto in Ucraina, ma anche caro energia e gestione dei flussi migratori, dossier su cui l'Italia “ha tutte le carte in regola per offrire il suo contributo autorevole”.
E così chiede all'Ue di continuare a essere unita nel sostegno all'Ucraina: “Il Governo ribadisce il suo pieno appoggio a Kiev, anche sul piano militare”, spiega, riconoscendo comunque che “oggi lo spazio di manovra per il cessate il fuoco appare assai limitato”. Sul fronte delle sanzioni alla Russia Meloni è netta: “Sono dolorose per il nostro tessuto produttivo ma hanno dimostrato di essere efficaci e crediamo svolgano un ruolo fondamentale per accelerare la fine del conflitto e portare a negoziati sostenibili”. Affronta, poi, il tema dell'aumento dei prezzi dell’energia. Da mesi, rimarca la premier, l'Italia è in prima fila nel proporre “soluzioni efficaci come il tetto dinamico al prezzo del gas. Su questo, a oggi, riteniamo che la proposta della Commissione Ue sia insoddisfacente, perché inattuabile alle condizioni date. Per noi è fondamentale porre un argine alla speculazione.
Il Parlamento dà mandato al Governo per l’invio di nuove armi all’Ucraina
L'accordo c'è e regge: Senato e Camera approvano a larghissima maggioranza le risoluzioni che danno copertura politica all'invio di aiuti, anche militari, all'Ucraina. Guido Crosetto e Luca Ciriani lavorano alla limatura del testo del centrodestra e sono in contatto con gli sherpa di Pd e Terzo polo con l'obiettivo di trovare una quadra e dare “all'Italia e non al Governo” un sostegno forte all’Ucraina. Alla fine, la maggioranza ha votato la risoluzione di Pd e Terzo Polo, che hanno ricambiato, per la “grande soddisfazione” del ministro della Difesa. Bocciati, invece, i testi di M5S e Alleanza verdi sinistra che chiedevano di interrompere “immediatamente” la fornitura di armi a Kiev.
Crosetto mette le cose in chiaro sin da subito: “Tutti sia all'interno che al di fuori di quest'Aula siamo per la pace e tutti ripudiamo la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Tutti, nessuno escluso”, scandisce. La scelta di proseguire nel sostegno all'Ucraina, però, non può che essere sostenuta “anche con un cambio di Governo, anche con il cambio di maggioranza, perché è la posizione dell'Italia, non di una maggioranza”. Certo, il Ministro della Difesa si dice “consapevole” del fatto che gli aiuti militari prima o poi dovranno finire, ma assicura “finiranno quando ci sarà un tavolo di pace, che tutti auspichiamo ora e sempre”. Il Governo ottiene quindi un indirizzo politico forte per lavorare al sesto decreto armi, che, come i cinque precedenti, verrà secretato e sarà il ministro della Difesa a relazionare le forze parlamentari sul suo contenuto attraverso il Copasir.
La Commissione approva la manovra ma critica le norme su Pos, fisco e pensioni
Come annunciato, mercoledì è arrivato il giudizio di Bruxelles sulla manovra economica: è positivo sebbene ci siano dei passaggi di critica sulle riforme strutturali, a partire dalla riforma fiscale, ma anche sui costi del sistema pensionistico. Il giudizio della Commissione Ue, comunque, è “complessivamente positivo, con alcuni rilievi critici”, ha sottolineato il Commissario Ue all'Economia Paolo Gentiloni: il Governo ha raccolto l'invito di Bruxelles alla prudenza e a tenere sotto controllo la spesa corrente. La manovra, del resto, è stata messa a punto in un solo mese dal nuovo esecutivo “immagino con diverse richieste alle quali far fronte” ma insomma, “c'è un equilibrio”. Purtuttavia il giudizio della Commissione non fa sconti sui temi più dibattuti come l'innalzamento del tetto al contante da 2mila a 5mila euro, i limiti per il Pos a 60 euro e la rottamazione delle cartelle esattoriali: misure che “non sono in linea” con le raccomandazioni specifiche per l'Italia sulla lotta all'evasione fiscale.
“Nel complesso, la Commissione ritiene che il progetto di bilancio dell'Italia sia in linea con gli orientamenti di bilancio contenuti nella raccomandazione del Consiglio del 12 luglio 2022”. Le ipotesi macroeconomiche del Governo sembrano “plausibili” e convince la valutazione sull'impatto delle misure. Gentiloni ha però invitato a non “contraddire o capovolgere” gli obiettivi del Pnrr con la manovra: “Ne stiamo discutendo con le autorità italiane”. La premier Giorgia Meloni si è detta particolarmente soddisfatta del giudizio: “Conferma la bontà del lavoro del Governo italiano, sottolinea la solidità della manovra economica e ribadisce la visione di sviluppo e crescita che la orienta. In questa direzione continueremo a lavorare nell'interesse dei cittadini italiani”.
Si è concluso il Consiglio Ue: tante le decisioni prese
Il Consiglio europeo si è concluso con una serie di decisioni in parte inaspettate alla vigilia. I risultati sono stati illustrati da Charles Michel, Ursula von der Leyen e il premier ceco Petr Fiala. Per quanto riguarda l’Ucraina è stato dato il via libera all'aiuto da 18 miliardi di euro per il 2023. Inoltre, il Consiglio Ue ha salutato la decisione dei ventisette di aumentare le risorse del Fondo per la Pace (European Peace Facility) che ha finanziato finora il sostegno militare degli Stati membri all'Ucraina ma rischiava di restare senza fondi. Per niente scontata poi, visti i precedenti, l'approvazione unanime del nono pacchetto di sanzioni contro la Russia, arrivata in serata dopo una riunione dei rappresentanti permanenti degli Stati membri presso l'Ue cui era affidato il negoziato.
Il Consiglio si è poi occupato di relazioni transatlantiche e della risposta all'Inflation Reduction Act americano. In questo caso le decisioni prese riguardano da una parte il “dialogo attivo” con gli americani per difendere gli interessi delle imprese europee e convincerli a tenerne conto, con accordi specifici in deroga alla logica del “buy American”; dall'altra, il Consiglio ha dato mandato alla Commissione di presentare entro il mese prossimo delle proposte per mobilitare strumenti che sostengano la competitività delle imprese europee nei confronti della concorrenza globale, nei settori strategici e in particolare in quello della “clean-tech”. Sull’immigrazione il vertice ha preso atto dell’intensificazione dei flussi e dei “movimenti secondari”. Il Consiglio ha deciso di dedicare il 9 e 10 febbraio ad una riunione straordinaria su questo punto, per discuterne tutti gli aspetti, con analisi e diagnosi complessive come chiedeva l'Italia. Su difesa e vicinato meridionale, si è discusso di un'accelerazione dell'attuazione della “bussola strategica”, di appalti congiunti nel settore dell’industria della difesa, ed è stato concesso alla Bosnia-Erzegovina lo status di Paese candidato all'adesione all'Ue.
Infine, il Consiglio ha dato un mandato ai ministri dell'Energia affinché concludano al loro ultimo Consiglio dell'anno a Bruxelles, lunedì 19 dicembre, il complicatissimo accordo sul meccanismo di correzione del mercato del gas (il price cap), e contestualmente approvino anche i regolamenti sulla piattaforma di acquisti congiunti del gas, sulla solidarietà fra gli Stati membri in caso di crisi delle forniture, e sull'accelerazione delle procedure di autorizzazione degli impianti per le rinnovabili. Sostanzialmente, manca solo un numero per arrivare a far quadrare il cerchio, la soglia di prezzo massimo che, dopo tre giorni, farebbe scattare il divieto di acquisto del gas sul mercato europeo dei derivati: nelle ultime settimane oscillava fra i 160 e i 220 euro per MWh e l'Italia lo vorrebbe sotto i 200 euro, ipotesi che per il momento vede la contrarietà di Germania e Olanda.
La maggioranza stringe sulla manovra e attende l’emendamento del Governo
Manca ancora l'intesa nella maggioranza sugli emendamenti super segnalati alla legge di bilancio da votare in Commissione Bilancio alla Camera. La giornata di giovedì è stata scandita da un susseguirsi di riunioni tra esponenti del Governo e partiti di maggioranza, intervallate da confronti con le opposizioni, per definire il metodo del confronto ma soprattutto i temi prioritari. Le opposizioni, nel frattempo, chiedono di conoscere almeno i macro-temi contenuti nell'emendamento di Governo, atteso per venerdì pomeriggio. La manovra da 35 miliardi riguarda per due terzi misure di contingentamento del costo dell'energia ma la contesa è sul resto: Forza Italia insiste sull'aumento delle pensioni minime a 600 euro per gli over 75, mentre FdI e Lega sosterrebbero l'ipotesi di ampliare la rivalutazione delle pensioni, dall'attuale parametro di 4, a 5 volte il minimo.
Questa mattina, probabilmente prima della ripresa dei lavori in Commissione Bilancio prevista per le 10.00, dovrebbe tenersi un vertice di maggioranza al quale parteciperanno oltre alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti i capigruppo. Il tempo stringe, il testo del documento di bilancio è atteso in aula a Montecitorio martedì 20 dicembre, con la maggioranza che punta all'approvazione alla Camera prima di Natale con l’approvazione definitiva del Senato entro il 31 dicembre per evitare l'esercizio provvisorio. Ma l'esame degli emendamenti segnalati è solo all'inizio e cresce l'ipotesi che le votazioni sulla gran parte delle proposte di modifica avverrà solamente tra sabato e domenica sera; non sarebbe escluso che si possa arrivare anche a lunedì.
Bonaccini e Schlein sono pronti per le primarie del Pd
Stefano Bonaccini parla già da segretario del Pd, nel suo tour per i Comuni italiani che, dopo la Puglia, ha toccato Molise e Abruzzo: invita la premier Giorgia Meloni a un incontro su Pnrr e bollette, frena un po' sulla questione dell'autonomia differenziata che al sud è parecchio indigesta anche fra militanti e amministratori del Pd e tende una mano a Elly Schlein pensando già al post congresso, quando ci sarà da ricostruire il partito. Schlein punta però a una nuova svolta della sinistra italiana, politicamente e simbolicamente. In settimana si è iscritta al Pd al circolo della Bolognina, luogo dove Achille Occhetto annunciò che il partito comunista avrebbe cambiato nome. Una scelta non casuale, il luogo dove Schlein ha cominciato a fare politica, ma anche un chiaro richiamo a una nuova svolta del Pd. A meno di sorprese, le primarie del 19 febbraio saranno un derby emiliano che vedrà sfidarsi il presidente della Regione E-R e quella che era la sua vice.
Mentre si delineano gli equilibri congressuali, Bonaccini attacca il Governo: “Invece che cambiare il Pnrr, da settimane chiedo che il Governo chiami Enti locali, sindaci, presidenti di regione, parti sociali; ci mettiamo a sedere e discutiamo su come modificare i prezziari, perché abbiamo cantieri aperti che si fermano. Rischiamo che le prossime gare per gli investimenti miliardari sul Pnrr non vengano nemmeno validate perché le imprese rischiano di non presentarsi. Meloni ci chiami”. A offuscare la corsa rimane però l'ombra dello scandalo delle tangenti in Qatar; entrambi lo hanno condannato: “Un fatto gravissimo su cui bisogna fare piena luce”, ha detto Schlein, “Dobbiamo essere garantisti, ma se confermato sarebbe uno scandalo clamoroso”, ha commentato Bonaccini.
Il caso Qatar e Soumahoro scuotono la politica
Mentre a Bruxelles si susseguono gli sviluppi giudiziari del Qatargate, a Roma lo scandalo ha dato vita a uno scambio di accuse tra forze politiche; non solo, l'ulteriore avanzamento delle indagini sulla moglie del deputato Aboubakar Soumahoro ha aumentato il livello dello scontro fra i partiti. Ad aprire il gioco delle accuse è stato Matteo Renzi, cogliendo al balzo il fatto che Panzeri sia di Articolo 1: “C'è un atteggiamento di doppia morale a sinistra. Quelli coinvolti nello scandalo Qatar sono gli stessi che se ne erano andati dal Pd perché dicevano che io non rispettavo i valori della sinistra”. Il leader del Carroccio Matteo Salvini, invece, attacca: “Da anni infangano la Lega cercando rubli (che non ci sono) con articoli, inchieste e Commissioni, ma allo stesso tempo gli passavano sotto il naso milioni di euro in corruzione dai paesi islamici. Penosi”.
C'è poi il M5S che con diversi suoi dirigenti, da Giuseppe Conte alla capogruppo in Senato Barbara Floridia fino a Federico Cafiero de Raho, se la prende con le parole di Giorgia Meloni che ha chiesto una “reazione ferma”: il centrodestra, osservano i pentastellati, ha appena votato nel decreto rave la parziale abrogazione della legge Spazzacorrotti, favorendo così i reati contro la PA. Quanto al Pd, per ora coinvolto in quanto Panzeri è stato un proprio eurodeputato prima del passaggio ad Articolo 1, vive il proprio dramma in chiave congressuale: Elly Schlein, si è dovuta giustificare per delle foto in cui viene ritratta in eventi pubblici con Panzeri; l'altro candidato Stefano Bonaccini respinge la tesi rilanciata dei quotidiani di destra su una questione morale a sinistra: “Il Pd è parte lesa e come tale si comporterà”, a partire dalla “costruzione di un sistema di prevenzione” a tutti i livelli.
La destra non fa sconti e Maurizio Gasparri ha dichiarato alla festa per il decennale di Fdi, in piazza del Popolo a Roma, che con la vicenda Qatar e quella di Soumahoro la sinistra “ha superato il limite”. Più riflessivo Maurizio Lupi che invita a non guardare il dito ma la luna: “Il problema non è la corruzione di deputati o lobbisti, ma il tentativo di Stati esteri di influenzare e condizionare le decisioni politiche dell'Unione e delle democrazie europee. Questo è il cuore del problema, che va affrontato dal Parlamento europeo e dai singoli stati nazionali”.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG il 12 dicembre, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma il primo partito italiano, con il 30,8%, davanti al Movimento 5 Stelle (17,1%). Brusca frenata per il Partito Democratico che si ferma al 15,1%. Da sottolineare come il distacco tra FdI e la seconda forza politica nazionale (M5S) sia pari a 13,7 punti percentuali. Nell’area delle sinistre, la lista rosso-verde Alleanza Verdi e Sinistra è stimata al 4,1%, mentre Unione Popolare all’1,6%. Nell’area centrista, l’alleanza tra Azione e Italia Viva si attesta all’8%.
Nella coalizione del centrodestra, la Lega conferma il trend positivo delle ultime settimane, arrivando all’8,5%. Forza Italia, al contrario, cala di mezzo punto percentuale, fermandosi al 6%. Italexit di Paragone, infine, rimane pressoché stabile al 2,1%.
La stima di voto per la coalizione di centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) cresce di quasi un punto percentuale rispetto a fine novembre, passando dal 44,6% al 45,3% mentre il centrosinistra, formato da PD, +Europa e Alleanza Verdi-Sinistra, rallenta ancora, fermandosi al 21,9%. Il Polo di centro, composto da Azione e Italia Viva, appare stabile all’8%. Fuori da ogni alleanza il M5S che si attesta al 17,1%.