Il candidato del centrosinistra alla Presidenza della regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini è stato riconfermato presidente. Netto il vantaggio sulla leghista Lucia Borgonzoni. Al termine dello scrutinio delle 4.520 sezioni, Bonaccini ha ottenuto il 51,4% contro il 43,6% della sua avversaria di centrodestra, mentre il candidato del M5S Simone Benini si è fermato al 3,4%.

Nulla da fare per le altre liste (Movimento 3 V, Partito Comunista, Potere al Popolo e l'Altra Emilia-Romagna) che nel complesso hanno raccolto poco più dell’1% dei voti. Nessuna di queste liste ha superato la soglia di sbarramento del 3% non eleggendo, quindi, nessun rappresentante in consiglio regionale. Al termine delle votazioni l'affluenza alle urne è stata del 67,6%, in crescita di trenta punti rispetto al 37,7% delle Regionali del 2014. Un esito in netta controtendenza rispetto al passato e frutto di una grande mobilitazione derivata dalla nazionalizzazione e polarizzazione della competizione, dalla reale possibilità per il centrodestra di conquistare la regione e quindi dare una spallata al Governo e dalla mobilitazione provocata dal neonato movimento delle Sardine.

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Il centrosinistra di Bonaccini e delle Sardine riconquista la Regione

 

Stefano Bonaccini alla fine ce l’ha fatta. E con un margine considerevole. Il governatore uscente è stato riconfermato con il 51,4% dei voti, nonostante la sua coalizione abbia raccolto solo il 48,1% dei voti grazie al buon rendimento coalizionale del centrosinistra, vale a dire la differenza tra i voti dati al candidato presidente e quelli ricevuti dalle liste a lui collegate, che ammonta a 3,3 punti percentuali. Molti elettori, cioè, hanno voluto premiare il buon govern o della giunta uscente nonostante abbiano votato per una lista fuori dalla coalizione di centronistra. La coalizione è stata guidata dal PD che, con il 34,7%, si è attestato come prima forza a livello regionale. La strategia di costituire una coalizione ampia ed inclusiva ha pagato dal momento che la civica Bonaccini Presidente, comprendente candidati provenienti da Italia Viva, Azione e Italia in Comune e dal mondo dei sindaci, ha totalizzato il 5,8%, la lista Emilia-Romagna Coraggiosa, frutto dell’accordo tra Articolo Uno e Sinistra Italiana, ha raccolto il 3,8%. Oltre al fattore buon governo, un ruolo fondamentale è stato svolto dalle Sardine che hanno avuto il merito di rimobilitare una larga fetta di elettorato di centrosinistra che si è recato alle urne su tematiche fortemente politicizzate e nazionalizzate contrapponendo alla narrazione conservatrice e securitaria di Matteo Salvini, una risposta incentrata sui valori tradizionali della sinistra. E non è un caso che le categorie più mobilitate dalle Sardine siano state studenti, operai e disoccupati, cioè le categorie sociali tradizionalmente più vicine al centrosinistra.

Lega regge ma non sfonda e l’Emilia-Romagna rimane rossa

 

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Il centrodestra non riesce nell’impresa storica di strappare l’Emilia-Romagna al centrosinistra. Lucia Borgonzoni raccoglie il 43,6% dei suffraggi popolari, in ritardo di 7,8 punti. La senatrice della Lega sconta la minore appetibilità della propria candidatura raccogliendo quasi due punti in meno delle liste a lei collegate (45,4%). Nonostante l’ottimo risultato in alcune province come Piacenza, Parma, Ferrara e Rimini, in cui ha ottenuto la maggioranza, il centrodestra non è riuscito ad imporsi nelle grandi città. Addirittura, in base ai dati elaborati dal CISE, in questa consultazione elettorale, il centrodestra ha prevalso solo nei piccoli comuni (55% contro il 40%), mentre in quelli medi (47,6% vs 47,2%) e in quelli grandi è stato il centrosinistra a farla da padrone (56,2% vs 39,2%). La Lega, come ci si poteva attendere, si è attestata come primo partito della coalizione con il 32% non riuscendo però a scalfire l’egemonia regionale del PD, prima lista a livello regionale. Il voto emiliano-romagnolo ha confermato la forza di Fratelli d’Italia, assurta oramai a seconda forza dello schieramento con l’8,6% dei voti, mentre Forza Italia continua nel suo momento negativo superando di poco il due per cento (2,6%).

Il M5S non ha più un elettorato

La tradizione debolezza del Movimento 5 Stelle a livello locale in questa tornata elettorale ha assunto delle dimensioni epiche: dal 27,5% delle Politiche, al 12,9% delle Europee fino al 4,7% di queste Regionali, si è assistito allo smottamento dell’elettorato pentastellato che si è riversato in massa su Bonaccini, anche a causa del voto disgiunto che riporta un differenziale negativo di più di un punto percentuale per il candidato geillino, Simone Benini. La natura dell’elettorato del M5S può spiegare questo fenomeno. Se precedentemente il Movimento aveva perso verso la Lega quegli elettori che in passato avevano votato il centrodestra, ora sta lasciando al PD quegli elettori che in passato avevano già votato un partito di centrosinistra. Il cattivo risultato del M5S – e delle altre liste minori che si sono presentate fuori dai blocchi – certifica il persistere, a livello regionale, di un assetto politico bipolare spinto, da una parte, dal sistema elettorale maggioritario che non incentiva il voto verso i terzi poli e, dall’altra, dalla polarizzazione ideologica derivante dall’inasprimento dello scontro tra Matteo Salvini e il movimento delle Sardine.

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Le elezioni regionali in Emilia Romagna sono disciplinate dalla legge elettorale entrata in vigore in seguito alle modifiche avvenute nel 2014. Il sistema elettorale prevede l’elezione a Presidente del candidato che raccoglie la maggioranza relativa dei voti a livello regionale in un turno unico e garantisce alle liste che lo appoggiano almeno 27 seggi su un totale di 50. Inoltre, spettano di diritto un seggio ciascuno al presidente eletto e al miglior perdente. Sono ammesse alla ripartizione dei seggi le liste che hanno superato il 3%, ma entrano in Consiglio anche le liste sotto questa soglia, purché il candidato presidente collegato abbia superato il 5%. Ciascun elettore aveva a disposizione diverse opzioni di voto, tra cui il voto disgiunto, cioè la possibilità di votare per un candidato presidente e per una lista a lui non collegata. L'elettore aveva poi la possibilità di esprimere fino a due voti di preferenza a patto che i due candidati fossero di genere diverso, pena l’annullamento della seconda preferenza espressa. Erano infine ammesse le pluricandidature in tutto il territorio regionale.

La Composizione del Consiglio Regionale

In seguito allo spoglio in tutti i 328 comuni emiliano-romagnoli, si è delineata la composizione del Consiglio Regionale che sarà composto da 48 consiglieri (Bologna 13, Ferrara 3, Forlì-Cesena 3, Modena 8, Parma 4, Piacenza 4, Ravenna 3, Reggio Emilia 7 e Rimini 3) più i seggi spettanti di diritto a Stefano Bonaccini e a Lucia Borgonzoni. La maggioranza di centrosinistra può contare su 29 consiglieri, mentre i partiti all’opposizione potranno contare su 21 consiglieri (19 centrodestra e 2 M5S). La maggior parte degli esponenti della maggioranza in Consiglio, ben 23, provengono dalle file del Partito Democratico, mentre 3 sono stati eletti dalla lista civica Bonaccini Presidente (fra questi c’è Giulia Pigoni esponente di Azione, il partito di Carlo Calenda), 2 da Emilia-Romagna Coraggiosa (che ha visto il grande exploit dell’ex parlamentare europea del PD, Elly Schlein che ha raccolto il maggior numero di preferenze, circa 20.000 in due circoscrizioni) e 1 ad Europa Verde. Tra gli eletti del PD, troviamo l’ex sindaco di Scandiano (MO), Alessio Mammi, recordman per i democratici con 15.015 preferenze, l'assessore uscente ai trasporti Raffaele Donini (13.786), la vicesindaco di Bologna con delega alla scuola Marilena Pillati (10.231).

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Per quanto riguarda le opposizioni, il centrodestra riesce ad eleggere 19 consiglieri. La maggior parte di questi, ben 15, vanno alla Lega di Matteo Salvini che sarà rappresentata in viale Aldo Moro da Matteo Rancan, consigliere regionale uscente (9.272 voti). Completano la squadra degli eletti, i tre consiglieri di Fratelli d’Italia, tra cui il consigliere comunale a Bologna, Marco Lisei (9.383 voti) proveniente da Forza Italia e vicino al deputato Galeazzo Bignami e, infine, uno solo di Forza Italiaspeciale-regionali-emilia-romagna-6.png, il deputato e sindaco di Sutri (VT), Vittorio Sgarbi che, a causa dell’incompatibilità con la carica parlamentare, lascerà il posto a Valentina Castaldini già portavoce di Angelino Alfano durante l'esperienza del Nuovo Centrodestra. Il Movimento 5 Stelle, infine, esce profondamente sconfitto da questa tornata elettorale e dimezza i propri consiglieri passando dai quattro della precedente consiliatura a due.

Il Commento di Nomos

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Chi beneficerà della riconferma di Stefano Bonaccini è sicuramente il premier, Giuseppe Conte. La vittoria del centrosinistra rende più saldo l’esecutivo giallorosso dando più tempo agli alleati per discutere la revisione del contratto di governo così da provare ad arrivare alla fine della legislatura. Il voto emiliano-romagnolo però ha fatto emergere alcuni spunti di riflessione che potrebbero orientare le scelte strategiche dei partiti a livello nazionale. Prima di tutto, è chiaro come la vittoria di Bonaccini sia dipesa da due fattori: l’effetto “buon governo” e l’effetto Sardine. Come emerso da diversi sondaggi, i cittadini emiliano-romagnoli si erano espressi favorevolmente rispetto all’operato di Bonaccini negli ultimi cinque anni e questo ha pagato elettoralmente. La vittoria non sarebbe stata possibile senza l’apporto, peraltro non ricercato dalla leadership del PD, delle Sardine. Molto probabilmente, infatti, Bonaccini non sarebbe stato in grado di rimobilitare quella fetta di elettorato di centrosinistra che non si era recata alle urne alle Regionali del 2014 e che poi si è rivelata decisiva.

 La strategia di micro-targeting, cioè coinvolgere segmenti specifici di elettorato su tematiche diverse (enfasi sul buon governo e sulla politicizzazione dello scontro), portata avanti dal centrosinistra si è mostrata vincente. Oltre a questo, ha inciso in modo deciso la partecipazione asimmetrica dell’elettorato di centrosinistra e di quello di centrodestra. Come evidenziato dal professore della Luiss, De Sio, i comuni che nelle più recenti elezioni hanno visto andare bene la sinistra hanno aumentato maggiormente la partecipazione, mentre quelli dove era più forte la Lega hanno visto l’effetto opposto. E, a fronte della differenza del comportamento elettorale tra città e campagna, questo ha comportato un aumento della polarizzazione tra città e piccoli centri. In questo caso, l’estrema politicizzazione e nazionalizzazione dello scontro portata avanti da Salvini e culminata con l’episodio del citofono non ha pagato, alienando una parte del voto moderato che si è riversata su Bonaccini.

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Speciale Risultati Elezioni Regionali Emilia-Romagna - 30 gennaio 2020