Conte e Grillo siglano pace. Garante: adesso pensiamo al 2050

Dopo aver definito concordemente la nuova struttura di regole del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo e Giuseppe Conte hanno certificato pubblicamente la ritrovata unità d'intenti. Il garante e l'ex premier, dopo i duri botta e risposta delle passate settimane, si mostrano entrambi sorridenti al tavolo del ristorante “Il Bolognese da Sauro” di Marina di Bibbona, località di mare dove il comico possiede Villa Corallina. Il faccia a faccia era atteso da giorni dopo l'annuncio dell'accordo trovato tra i due e comunicato da Vito Crimi ai parlamentari in assemblea domenica scorsa. Grillo, che ha associato alla foto la scritta “E adesso pensiamo al 2050”, ha definito con Conte gli ultimi dettagli per dare avvio alle votazioni sul nuovo Statuto che porterà l'avvocato pugliese alla presidenza del Movimento. La prossima tappa adesso è la pubblicazione sul sito del M5S dello Statuto rivisto e corretto dopo la mediazione dei sette saggi, poi, 15 giorni dopo, si potrà procedere con la votazione da parte degli attivisti. Comunque sia, Conte avrà piena agibilità politica e avrà ampi poteri non solo nella comunicazione ma anche nella composizione dell'organigramma, composto certamente dai vicepresidenti (parrebbero tre) e dal Consiglio Nazionale. 

Per la vicepresidenza l'ex premier dovrà tenere conto delle varie anime del Movimento. Un nome potrebbe essere quello di Luigi Di Maio. Ci sarà, anche una quota femminile e qui i profili in gara vanno da Chiara Appendino a Lucia Azzolina, fino a Paola Taverna. In ogni caso per Conte la partita non sarà semplice: gli strascichi dell'intesa in Cdm sulla giustizia hanno acuito le tensioni interne ai gruppi e allargato la divisione tra contiani e filo-Draghi. La leadership politica di Giuseppe Conte comunque è ormai un dato acquisito, tanto che all'inizio della prossima settimana, forse già lunedì, l'ex premier dovrebbe tornare a Palazzo Chigi per incontrare il presidente del Consiglio Mario Draghi. Nel M5S resta in agenda il nodo giustizia dopo il via libera dell'esecutivo alla riforma Cartabia ma il Premier non vuole rinvii su un provvedimento che considera cruciale in chiave Recovery. A difendere l'intesa raggiunta in Cdm è stato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, uno dei sette saggi nominati da Grillo che più si è speso per ricucire il rapporto tra Grillo e Conte. E che adesso può scrivere su Facebook che attraverso “impegno, dialogo e mediazione si può raggiungere sempre la migliore soluzione per tutti”. 

Governo e Cts sono al lavoro sul green pass all'italiana

Con l'aumento dei casi e dopo la mossa di Emanuel Macron in Francia, nel nostro Paese prende corpo il dibattito sull'utilizzo del green pass per frenare la diffusione delle varianti. La discussione è arrivata anche sul tavolo del Governo che con il Cts ha avviato la fase di studio; la riunione della cabina di regia è prevista a giorni e una decisione potrebbe arrivare agli inizi della prossima settimana. La direzione sembra essere quella di un green pass all'italiana, quindi limitato solo ad alcune situazioni. Il sì all'ipotesi di adottare anche in Italia il modello esteso, come in Francia, è arrivato da Walter Ricciardi, consulente del ministro Speranza: “È assolutamente giusto portare questo modello in Italia. Bisogna fronteggiare questa quarta ondata, che è minacciosa perché la variante Delta è contagiosissima e quindi c’è la necessità di prendere le misure più adeguate”. Sulla stessa lunghezza Matteo Renzi: “D'accordo con Macron, chi è vaccinato entra dove gli pare e chi non lo è deve avere delle regole diverse. Su sanità e scuola, quindi per infermieri, medici e insegnanti, dico che se fai quel lavoro ti devi vaccinare”. 

“La decisione” sul green pass “verrà presa nella cabina di regia”, ha dichiarato la ministra agli Affari regionali Mariastella Gelmini: “È chiaro che guardiamo con preoccupazione la diffusione della variante Delta”. Per quanto riguarda il modello francese, la Gelmini ha ribadito che “noi non inseguiamo modelli stranieri, troveremo una via italiana all'utilizzo del Green pass”.  Tra i contrari al modello francese il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri: “No al green pass alla francese ora che i contagi sono ancora bassi, è da valutare in prospettiva per i grandi eventi se le ospedalizzazioni aumenteranno”. Secondo Sileri, però, è “giusto usare il green pass per stadi e discoteche, per i ristoranti direi di no a meno che non si arrivi a 30mila casi al giorno”. Contraria Giorga Meloni: “Mentre in Italia si guarda a Macron come modello la Germania dice no al Green Pass come requisito per partecipare alla vita sociale: la coercizione non è la via per guadagnare la fiducia dei cittadini”. Di introdurre l'obbligo del green pass per entrare in bar e ristoranti “ne parleremo se e quando ce ne sarà la necessità”, dice il leader della Lega Matteo Salvini, “Adesso chiediamo attenzione, rispetto delle regole però non possiamo terrorizzare la gente prima del tempo. Quindi se ce ne sarà la necessità vedremo se investire in sicurezza. Noi vogliamo garantire un'estate in salute e al lavoro”. 

Il governo Draghi accelera sui provvedimenti attuativi

Il governo Draghi è deciso a dare uno sprint sui provvedimenti attuativi. È quanto viene sottolineato nella terza relazione sul monitoraggio dei provvedimenti attuativi riferibili alle ultime due legislature che è stata illustrata in Consiglio dei ministri dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Roberto Garofoli. “Dal 13 febbraio 2021 a oggi sono stati adottati 237 provvedimenti attuativi con un andamento crescente che ha raggiunto il livello più alto con l'adozione di 70 provvedimenti nel mese di giugno”, si legge nel documento di tredici pagine. Il “metodo” adottato dal premier Mario Draghi e da Garofoli prevede “l'individuazione per ogni amministrazione di obiettivi quantitativi di riduzione dell'arretrato con l'assegnazione di target specifici di decreti da adottare, a partire dai mesi di giugno e luglio 2021”, si legge nel testo che, nel monitoraggio sui ministeri, tiene conto di alcuni parametri: dallo stock di provvedimenti attuativi assegnati all'urgenza dei provvedimenti stessi fino al cronoprogramma indicato dalle singoli amministrazioni nella fase istruttoria. Rispetto ai due precedenti esecutivi di questa legislatura si è registrata una forte accelerazione: nel mese di giugno sono stati adottati 70 provvedimenti, pari al 50,4% del target prefissato da Palazzo Chigi. “Non tutte le Amministrazioni hanno operato allo stesso modo”: hanno raggiunto i target assegnati il Ministero dell'Istruzione, dell’Università e del Turismo; tra i ministeri più indietro figurano la Difesa, la Giustizia, e il Mite ma, si osserva nel documento, si registrano tuttavia “segnali di recupero” in luglio. 

Nella relazione si invitano tutti i ministeri a stare al passo con i target prefissati e si individuano i nuovi obiettivi per agosto e settembre: la riduzione dell'arretrato di ulteriori 133 provvedimenti. L'arretrato dei provvedimenti attuativi per il Governo italiano non è certo una novità: dalla XVII legislatura, infatti, al momento dell'insediamento di Draghi sono stati ereditati 313 provvedimenti da adottare ridotti a 278 al mese di luglio con uno smaltimento di poso superiore all'11%. L'attenzione del Governo sull'attuazione del programma e sul recupero degli arretrati resta altissima: come stabilito nel Cdm del 10 giugno scorso, ha spiegato Garofoli in Cdm “è stata istituita la Rete governativa permanente dell'attuazione del programma di governo, coordinata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e costituita dai nuclei permanenti per l'attuazione del programma di governo istituiti da ciascun Ministero”.

Ok del Cdm ai vertici Rai- FdI sulle barricate

Via libera del Consiglio dei ministri alle nomine per i vertici della Rai: il Governo ha confermato per il Cda Carlo Fuortes, prossimo amministratore delegato, e Marinella Soldi, destinata alla presidenza. A tenere banco e a lasciare pesanti strascichi all'interno dei partiti e delle alleanze sono però altre nomine, quelle arrivate dopo il voto del Parlamento: gli eletti sono stati Alessandro di Majo (M5S) e Igor De Biasio (Lega) al Senato, e Francesca Bria (Pd) e Simona Agnes (FI) alla Camera, la cui scelta, tuttavia, ha comportato l’esclusione dell’unico rappresentante dell'opposizione, ovvero il consigliere uscente in quota FdI Giampaolo Rossi. Lo scenario è quindi ritenuto inaccettabile da Giorgia Meloni che va all'attacco parlando di “decisione scandalosa” e di “violazione senza precedenti delle più banali norme del pluralismo”; la presidente di FdI tira quindi in ballo il Capo dello Stato affermando di essere dispiaciuta “che le massime cariche istituzionali, a partire dal presidente Mattarella, non abbiano ritenuto di intervenire per impedire che un vulnus del genere si creasse”. A conti fatti, è la considerazione della Meloni, “la crescita di FdI viene molto temuta, e questo per me basta per fare ancora meglio il mio lavoro”. In casa FdI però monta la rabbia, con il vicepresidente del Senato Ignazio La Russa che si rivolge al Quirinale ma anche a Palazzo Chigi: “Se ne deve occupare Mattarella perché non può il presidente della Repubblica girarsi dall'altra parte. Io ho grande stima di lui, ma credo che stavolta la sua moral suasion debba farsi sentire. E lo stesso deve fare Draghi, non possiamo aspettarci da un premier così autorevole che copi Ponzio Pilato”. Poi, l'affondo: “Se qualcuno vuole creare i presupposti per far saltare il centrodestra lo dica apertamente, non usi mezzucci”.  

Letta: ci salveremo solo con Europa più forte e integrata

“L'Italia è passata in 15 mesi da un debito del 132% a uno del 160% e questo vuol dire che il Paese si salverà solamente con un'Europa più integrata e più forte”. Lo ha detto il segretario del Partito Democratico Enrico Letta al dibattito “Dal Patto di Stabilità al Patto di Sostenibilità” della Fondazione Aristide Merloni. “Siamo all'inizio di un dibattito molto affascinante”, ha detto, “tre giorni fra sarebbe stato diverso” perché nel frattempo “la Commissione europea ha presentato il più ambizioso piano sul tema della sostenibilità. Quando si dice che non si venderanno più auto a benzina dal 2035, si dice qualcosa che ha dell'incredibile dal punto di vista della fattibilità”. “Noi italiani in questi 15 mesi abbiamo aggiunto 27-28 punti di debito pubblico. Vorrei ricordare la fatica che abbiamo fatto dal 1994 per portare il debito pubblico dal 125 per cento al 100 per cento del 2007/2008 raggiunto da Prodi e Padoa Schioppa. Ci vollero 14 anni per farlo scendere di quei 25 punti. Il Paese pagò un costo in termini di competitività e fece fatica”, ha ricordato. “Noi dobbiamo cominciare a discutere delle condizioni politiche, sociali, economiche del brusco risveglio che vivremo quando dovremo iniziare a ragionare del fatto che non sarà più il Bengodi, come è stato il bilancio di quest'anno, di non avere vincoli”, ha sottolineato.  

“Per me esiste oggi il grande tema del patto politico, economico e sociale che dobbiamo fare per rientrare dentro una situazione di normalità”. E questo “sarà un percorso difficilissimo perché passare dall'11% di deficit all'8% al 3% sono cose da far venire i brividi”, ha aggiunto. “L'unica condizione per cui questo sia possibile per l'Italia” è quella in cui “noi siamo in grado di immaginare in prospettiva che le politiche di investimento stanno dentro una continuità delle politiche e delle filosofie che stanno attorno Next Generation Eu”, ha proseguito. “Cioè dobbiamo immaginare che in prospettiva quella cosa lì continuerà, che quel tipo di risorse che si prendono dall'esterno, gli eurobond, possa essere uno strumento europeo che abbiamo tutti insieme. Solo così potremo liberare risorse per il nostro Paese che evidentemente non saremmo in grado di trovare a casa nostra. Perché col debito al 160%, non saremo più in grado di indebitarci noi” e per questo “dobbiamo pensare che il Next Generation Eu non finisca nel 2026”, ha aggiunto. 

 



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