Todde vince in Sardegna. Esultano Pd e M5S
La candidata del centro sinistra Alessandra Todde a spoglio non ancora ultimato ha conquistato una storica vittoria diventando la prima presidente donna della Regione Sardegna (leggi lo speciale Risultati Sardegna di Nomos). Nonostante i dati definitivi non siano ancora disponibili (mancano all'appello 19 sezioni) Todde ha prevalso sul candidato del centrodestra (45,3%) e sindaco di Cagliari Paolo Truzzu (45%) dopo una lunga e accesa giornata elettorale. Todde ha ottenuto il sostegno delle grandi città, come Cagliari,Sassari e Quartu, oltre a una vittoria schiacciante nella sua Nuoro. La sconfitta di Paolo Truzzu nel capoluogo, dove è sindaco dal luglio 2019, è stata pesante, ma ha vinto in molte roccaforti del centrodestra, tra cui Olbia con la Gallura, Oristano e Alghero. Renato Soru ha ottenuto meno del 9%, risultando escluso dal Consiglio regionale a causa dello sbarramento previsto. Lucia Chessa di “Sardegna R-esiste” si è fermata all'1%.
Nel complesso, le liste di centrodestra collegate a Truzzu hanno ottenuto il 48,8% di voti, contro il 42,6% ottenuto dalle liste di centrosinistra collegate a Todde; l'8% delle liste collegate va a Renato Soru e allo 0,6% a quella di Chessa 0,6%. Nel dettaglio, il Partito Democratico risulta il partito più votato con il 13,8% di consensi, tallonato da Fratelli d'Italia al 13,7%; il Movimento Cinque Stelle sale sul terzo gradino del podio con il 7,8%, seguono, in ordine: Riformatori sardi 6,9%, Forza Italia 6,4%, Partito sardo d'azione 5,4%, Sardegna al Centro Venti20 5,4%, Alleanza Verdi Sinistra 4,7%, Alleanza Sardegna-Pli 4,1%, Uniti per Todde 4%, Lega 3,8%, Movimento progetto Sardegna per Soru 3,5%, Progressisti 3%, Sinistra futura 3%, Orizzonte comune 3%, Udc 2,8%, Psi1,7%, +Eu-Az 1,5%, Forza Paris 0,9%, Demos 0,7%, Rifondazione Comunista 0,7%, Liberu 0,7% Sardegna R-esiste 0,6%, Democrazia cristiana 0,3%.
Il centrodestra si ricompatta sui governatori: confermati Bardi-Cirio-Tesei
Dopo la sconfitta in Sardegna e in vista delle regionali in Abruzzo il centrodestra si ricompatta. L'analisi della premier Giorgia Meloni è che, se “nonostante le liste di centrodestra avessero la maggioranza dei consensi, non siamo riusciti a vincere col candidato presidente qualcosa è stato sbagliato”. Nella coalizione si respira un clima di fiducia in vista della sfida del 10 marzo tra il governatore uscente Marco Marsilio (FdI) e Luciano D'Amico, sostenuto da un'ampia coalizione di centrosinistra che va dalla sinistra ai moderati di Azione e Italia Viva, passando per Pd e M5S. E tra gli alleati sono stati sciolti anche gli ultimi nodi legati al dossier regionali. Con una nota congiunta della maggioranza, è arrivato il via libera a tutti i presidenti uscenti di Basilicata, Piemonte ed Umbria: Vito Bardi per la Lucania, Alberto Ciro per il Piemonte e Donatella Tesei per l'Umbria. Il primo dei tre ad affrontare il test delle urne sarà Bardi col voto in programma il 21 e 22 aprile, investitura sollecitata da mesi da Forza Italia. La sconfitta in Sardegnaha convinto il centrodestra a fare sintesi nel minor tempo possibile per non ripetere gli errori.
Piantedosi ha chiarito in Parlamento sulle manifestazioni di Pisa e Firenze
Il Ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, chiamato a riferire in Parlamento sulle manifestazioni di Pisa e Firenze, difende il personale in divisa e mette in guardia dalla “crescente aggressività” nei suoi confronti. Vanno tuttavia respinti i “processi sommari alle forze di polizia”, che garantiscono “a tutti, in modo imparziale, l'esercizio del diritto di riunione e di manifestazione del pensiero”. Il titolare del Viminale ha riferito sui fatti in base alle relazioni pervenutegli dal Dipartimento della Pubblica sicurezza, che sta svolgendo i suoi accertamenti mentre anche la procura di Pisa ha aperto un'indagine al momento contro ignoti. La Questura, ha spiegato il Ministro, “non aveva ricevuto il preavviso dagli organizzatori della manifestazione. È stato comunque chiuso l'accesso a Piazza dei Cavalieri. Proprio verso uno degli ingressi alla piazza, presidiato dal reparto Mobile e interdetto da una camionetta, si è diretto il corteo”. Le indagini svolte nell'immediato hanno portato alla denuncia di 4 persone. Il Ministro ha informato che quest'anno sono state 2.538 le manifestazioni con 150.388 operatori impegnati, e solo nell'1,5% dei casi si sono registrate criticità di ordine pubblico. In un passaggio dell'informativa al Senato, il Ministro ha anche detto di aver avuto da Giorgia Meloni la disponibilità a convocare il tavolo con le organizzazioni sindacali, che dovrebbe esserci già mercoledì prossimo.
Bocciata la proposta Macron sulle truppe in Ucraina
L'invio di truppe occidentali in Ucraina resta un tabù. La fuga in avanti di Emmanuel Macron, che ha posto il tema al vertice di Parigi sugli aiuti a Kiev, è stata fermata sul nascere dagli Stati Uniti, dall'Ue e da diversi Stati membri, tra cui l'Italia e la Germania. Parigi ha poi corretto il tiro, chiarendo che i militari europei sul terreno non sarebbero “belligeranti”, ma il Cremlino ha colto comunque l'occasione: nel nuovo scenario evocato dall'Eliseo un conflitto diretto con la Nato sarebbe “inevitabile”. Dopo aver disertato la riunione del G7 presieduta da Giorgia Meloni a Kiev, Macron si è ripreso la scena riunendo a Parigi gli alleati per rilanciare il sostegno all'Ucraina. Il presidente francese ha annunciato la nascita di una coalizione per fornire missili e bombe di media e lunga gittata a Kiev, ma ha anche affermato che per “impedire la vittoria della Russia” non deve essere escluso l'invio di soldati occidentali. Macron ha chiarito che il tema sarebbe oggetto di riflessione tra gli alleati, ma le prime reazioni sono apparse come una frenata. A partire dalla Casa Bianca. Neanche la Nato ha piani in questa direzione, ha spiegato il segretario generale Jens Stoltenberg. Sul fronte Ue un portavoce della Commissione ha precisato che la questione “non è stata discussa”.
Meloni volerà in Usa e Canada. Obiettivo: una condivisione delle priorità
L’obiettivo è condividere con il presidente Biden e con il primo ministro Trudeau le priorità della Presidenza italiana del G7. Lo affermano fonti di Palazzo Chigi, contestualizzando la visita, nella cornice del G7 a guida italiana per il 2024, della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a Washington il 1° marzo e a Toronto il giorno successivo: incontrerà il presidente statunitense, Joe Biden, e il primo ministro canadese, Justin Trudeau. La visita fa seguito alla missione in Giappone di inizio febbraio e alla riunione dei leader G7 che si è svolta in videoconferenza da Kiev lo scorso 24 febbraio. Le priorità del G7 italiano sono: difesa del sistema internazionale e continuo sostegno all’Ucraina; conflitto in Medio Oriente, attenzione nei confronti dell’Africa, con l’obiettivo di costruire un modello di partenariato vantaggioso per tutti, continua attenzione alla regione dell’Indo-Pacifico, questioni migratoriee Intelligenza Artificiale. Entrambi i colloqui costituiranno, inoltre, l’occasione per un confronto sull’aggressione russa all’Ucraina, sulla situazione in Medio Oriente e sulla sicurezza e la stabilità nel Mar Rosso; sulla cooperazione con il Continente africano e il Piano Mattei, sulla sicurezza delle catene di approvvigionamento, sul coordinamento transatlantico rispetto alle sfide e alle opportunità poste dalla Cina e sulla preparazione del prossimo Vertice Nato, che si terrà proprio a Washington dal 9 all'11 luglio in occasione del 75esimo anniversario dell’Alleanza atlantica.
Per Meloni è pericoloso togliere sostegno ad agenti
La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni vede un “pericolo” in alcune polemiche sollevate dal mondo politico sulla gestione dell'ordine pubblico nei recenti cortei studenteschi sulla situazione mediorientale. Meloni snocciola alcuni numeri sulle manifestazioni: dal 7 ottobre sono state “oltre mille” e “soltanto nel 3%” delle quali, sostiene, si sono verificati problemi o momenti di tensioni. Come governo, rivendica, abbiamo poi deciso di “non vietare le manifestazioni” a sostegno dei palestinesi, come invece è stato fatto in altri Paesi. Se qualcuno ha sbagliato, è giusto che sia “sanzionato, come prevede l'ordinamento”. La premier attacca la sinistra e respinge “lezioni sul governo autoritario”. “Quando c'è stato qualche giorno fa il dibattito sulle questioni di ordine pubblico, il presidente della Repubblica è intervenuto e qualcuno ha detto questa è la ragione per la quale il governo Meloni vuole togliere poteri al presidente della Repubblica, perché, con la riforma il presidente non potrebbe più fare quello che fa. È falso” tiene poi a sottolineare. “Con il premierato”, il capo dello Stato “avrebbe tranquillamente potuto dire e fare esattamente quello che ha fatto, è un falso problema; è l'unico che la sinistra può usare perché non può dire di essere terrorizzata dalla possibilità che i cittadini scelgano chi governa”.
Dopo la vittoria della Todde si apre una nuova fase tra Pd e M5S
Il segnale è chiaro: l'alleanza tra il Pd e il M5S in Sardegna ha vinto ed è la dimostrazione che insieme i due partiti possono governare. In pochi ci credevano, lo ha detto anche Elly Schlein dal quartier generale di Alessandra Todde, a Cagliari. Ma l'esito dello spoglio dice che il patto non solo regge ma si manifesta come forza di governo. Qui in Sardegna di sicuro, altrove si vedrà. Tuttavia, la vittoria di Todde, con un distacco su Truzzu di una manciata di voti, fa esultare la neo governatrice, prima donna alla guida della regione nella storia sarda. Ma anche la segretaria dem e il leader dei cinquestelle Giuseppe Conte. La Todde si presenta in conferenza stampa per dire convinta: “La Sardegna ha risposto con le matite ai manganelli”, chiarendo che “per riuscire a creare un progetto solido che possa convincere l'elettorato, l'alleanza tra Pd e M5S è l'unica strada”. Giuseppe Conte parla di una giornata “storica”, “indimenticabile”: Todde prima donna governatrice in Sardegna e prima presidente di Regione del M5S. E alla domanda se l'esperienza sarda si possa replicare, precisa: “Noi lavoriamo sempre per costruire un progetto solido con altre forze politiche e civiche, con “compagni di viaggio affidabili. Insomma, la vittoria sarda ha dato i suoi esiti ora starà ai due principali partiti di opposizioni trovare la volontà e le energie per consolidare questa alleanza alle prossime elezioni regionali e amministrative e soprattutto in Parlamento.
Bonaccini rilancia sull’allargamento del centrosinistra. Calenda rimane scettico
La vittoria di Alessandra Todde in Sardegna pare non aver spianato la strada al campo largo. A parte il prossimo voto in Abruzzo, il 10 marzo, dove sulla candidatura di Luciano D'Amico convergono tutti i partiti di opposizione, per le altre regioni che andranno alle urne restano le contrapposizioni, anche tra Pd e M5S. Il presidente della E-R, Stefano Bonaccini, è chiaro: per la Sardegna “devo dire complimenti alla segretaria del nostro partito, perché Elly Schlein ci ha creduto dall'inizio e anche il M5S deve riflettere su questa generosità che il Pd ha dimostrato”. Tuttavia, per Bonaccini un'alleanza limitata a Pd e M5S “in questa parte in particolare del Paese, non basta e quindi bisogna lavorare per quando si dovrà tornare a votare in regioni importanti”. In un asse di cui il Pd deve comunque essere il “baricentro”. Giuseppe Conte è pronto ad accordi “ovunque possibile” e arriva un richiamo al leader di Azione, Carlo Calenda, perché “decida cosa vuol fare da grande, però decida una volta per tutte perché gli elettori ci chiedono serietà e credibilità”. A stretto giro, però, Calenda ancora una volta fissa i suoi paletti: “Le elezioni in Sardegna serviranno da lezione. Su amministrative e regionali una convergenza con le altre forze politiche va trovata, valutando la qualità del candidato e del programma. Tuttavia, la nostra linea a livello nazionale non cambia: non entreremo nel campo largo perché le distanze su temi fondamentali come la politica estera non sono colmabili”.
Il centrodestra fa i conti sul terzo mandato. Ma ora uniti sull’Abruzzo
Dopo l'intesa sulle prossime regionali, al centrodestra resta da sciogliere il nodo del terzo mandato, una questione più che mai divisiva per FdI, Lega e Forza Italia che, proprio per questo, potrebbe essere rimandata a dopo le elezioni Europee. La partita s’incrocia con quella interna alla Lega, con una fronda veneta che spinge per la ricandidatura di Luca Zaia anche in chiave anti-Salvini. Il primo banco di prova sarà l'emendamento per il terzo mandato dei governatori al decreto elezioni, atteso nell'Aula del Senato a metà marzo. La proposta leghista, già bocciata in Commissione, potrebbe essere ripresentata nell'emiciclo di Palazzo Madama in quell'occasione oppure essere messa in stand-by. I leghisti che perorano quest'ultima causa rimarcano che andare incontro a una nuova bocciatura non aiuterebbe sicuramente Zaia, mentre il tempo potrebbe giovare a intese più proficue, auspicabilmente nella maggioranza, o, nel peggiore dei casi con il Pd, che ha sensibilità diverse sul tema. Insomma, è possibile che l'emendamento slitti, anche perché manca più di un anno all'appuntamento elettorale in Veneto. Di certo Salvini deve vedersela anche con le critiche interne che arrivano dal Veneto: non è passato inosservato il forfait di Luca Zaia alla scuola politica della Lega a Roma. Sul terzo mandato, per ora, la posizione di FdI e FI non cambia.
Il Pd ospita il congresso del Pse con un occhio alle alleanze
Sulla scia dell'entusiasmo per la vittoria in Sardegna, Elly Schlein scalda i motori per il congresso del Partito socialista europeo. Il Pd ospita a Roma l'evento che sancirà l'elezione dello spitzenkandidat Nicolas Schmit e lancerà la campagna elettorale per le elezioni europee. L'avversario in battaglia è chiaro: la destra. Per la Schlein “Noi portiamo qui la famiglia del Pse; altri hanno portato in Italia euroscettici, nemici dell'interesse italiano, amici di Putin, nazionalisti di estrema destra”. E mentre nella capitale si attendono i leader del socialismo europeo, tra cui i primi ministri Olaf Scholz, Pedro Sanchez e Antonio Costa, dallo stesso Pse arrivano parole al miele per la leader dem, che tuttavia non scioglie le riserve sulla sua candidatura. Così, le europee s’intrecciano a doppio filo con la partita delle regionali in Italia, dove il centrosinistra stenta a risolvere il rebus delle alleanze in Basilicata e Piemonte. In particolare, il vento sardo rischia di diventare una bufera lucana: qui il candidato civico Angelo Chiorazzo non sembra intenzionato a ritirare la sua candidatura, appoggiata dal Pd e osteggiata da una parte del M5S locale. Il punto di caduta sarebbe ancora quello di convincere l'ex ministro Roberto Speranza a scendere in campo, ipotesi che, nonostante i ripetuti rifiuti del deputato dem, resta ancora auspicabile. L'esito, insomma, è ancora incerto e il centrosinistra appare ancora fortemente indeciso.
Gentiloni annuncia: presto piano Ue per l’uso degli asset russi
Se per il sequestro dei fondi sovrani russi che si trovano in Occidente la strada del G7 appare in salita, l'Unione europea sta invece ultimando una proposta sulla possibilità di “usare i profitti maturati dagli asset congelati”. Lo anticipa in un'intervista il Commissario dell'Ue all'Economia Paolo Gentiloni, che toccando poi il tema della tassazione alle multinazionali auspica che “il 2024 sia l'anno decisivo” e sollecita l'Europa a mettere “un po' di forza nel suo motore” per tornare a crescere. Gli extra profitti maturati dagli asset russi congelati, che si concentrano per due terzi in Europa “possono essere separati, e utilizzati. Il Consiglio Ue ha già deciso di dividerli e la Commissione europea farà una proposta al Consiglio per utilizzarli. Stiamo parlando di 3-4 miliardi all'anno,” D'altra parte, “tenuto conto che il sostegno economico dell'Ue all'Ucraina è di circa 18 miliardi l'anno, averne quattro in più significa un'aggiunta del 25%”. E la proposta arriverà “in tempi rapidi”. Sottolineando poi l'importanza dell'impegno, emerso dalle riunioni al G20, a firmare entro giugno “la convenzione multilaterale sul pilastro uno” sulla riallocazione dei profitti delle multinazionali con ingressi superiori a 20 miliardi di dollari nei Paesi dove creano profitto, il Commissario ha auspicato che il 2024 sia l'anno decisivo per chiudere l’intesa, in vista delle elezioni americane.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall’Istituto SWG il 12 febbraio, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma il primo partito italiano, con il 27,7%, davanti al PD (20%). Più di 12 punti percentuali in meno per il Movimento 5 Stelle al 15,6%. Da sottolineare come il distacco tra FdI e la seconda forza politica nazionale (PD) sia pari a 7,7 punti percentuali. Nell’area delle sinistre, la lista rosso-verde Alleanza Verdi e Sinistra è stimata al 4,2%, mentre Unione Popolare all’1,4%. Nell’area centrista, Azione è data al 4,4%, mentre Italia Viva al 3,3%. Nella coalizione del centrodestra, Lega sale all’8,1%, Forza Italia rimane invariata a 7,1%. Per l’Italia sale all’1,7%
La stima di voto per la coalizione di centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) scende al 42,9%, mentre il centrosinistra, formato da PD, +Europa e Alleanza Verdi-Sinistra, riamane invariato al 26,8%. Il Polo di centro, composto da Azione e Italia Viva, sale al 7,7%; fuori da ogni alleanza, il M5S sale al 15,6%.
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