Sangiuliano in lacrime al Tg1 sul caso Boccia ribadisce che non si dimette
Dopo giorni di polemiche, il ministro Gennaro Sangiuliano si presenta in tv per chiedere scusa e per annunciare la sua intenzione di andare avanti a guidare il ministero della Cultura. “Sono disponibile a dimettermi un minuto dopo che Meloni me lo chiede”, ma “l'ho rassicurata anche con prove documentali che è tutta una vicenda di gossip”, e la premier “mi ha detto di andare avanti e di chiarire bene, in punto di verità. Mi ha detto: sii sempre sincero e dì sempre la verità”. Anche perché, ribadisce, “non sono ricattabile”. Il ministro, emozionato, va in tv, al Tg1, per un'intervista esclusiva di circa 20 minuti in onda in coda all'edizione delle 20.00, e si scusa con le persone a lui care e coinvolte nella vicenda: “la premier e il governo tutto, per l'imbarazzo”, i suoi collaboratori ma soprattutto la moglie, “una persona eccezionale”. Poi conferma ancora una volta la sua versione dei fatti: nessuna divulgazione dei documenti riservati del G7 Cultura e nessun euro pubblico è stato speso per pagare le trasferte con Maria Rosaria Boccia.
“Avevamo una relazione, anche per questo ho revocato l'incarico” dice a proposito della mancata nomina dell'imprenditrice al ruolo di consigliera per i Grandi Eventi. Per lei, aggiunge, “non ho mai speso soldi pubblici, ho pagato tutto io”. E dunque, “non sono ricattabile” ripete mostrando al direttore del tg, Gian Marco Chiocci, i suoi dati bancari e i biglietti del treno per Milano e dell'aereo per Taormina, presi insieme a Boccia. “Sono stati pagati da me, con la carta credito che fa riferimento al mio conto personale”. “Mi pesa parlare di questo. È un rapporto personale affettivo” confessa. Ma il chiarimento è necessario ed atteso, anche da Maria Rosaria Boccia che poco prima della messa in onda annunciava di attendere il Tg1 con una confezione di pop corn: “tutto arriva per chi sa aspettare”.
Un'intervista che neppure l'opposizione prende bene: “Quindici minuti di intervista a un ministro su fatti sui quali le opposizioni hanno chiesto di riferire in Parlamento non sono altro che un uso privato del servizio pubblico” dice il Pd pronto a chiedere la convocazione dei vertici Rai in Commissione Vigilanza”. Il centrodestra per ora continua a sostenere il ministro: “Io mi fido dei colleghi con cui lavoro” dice il leader della Lega, Matteo Salvini. Anche il responsabile dell'organizzazione di FdI Giovanni Donzelli, al termine della riunione dell'esecutivo del partito, interpellato sul caso Sangiuliano, alla domanda se sia stata rinnovata la fiducia al ministro replica “Nessuno l'ha mai tolta”. Ma il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, è più duro: a Sangiuliano, dice, “certamente rivolgerei un invito alla cautela quando si occupano posti di responsabilità”. Tant'è che l'affaire Sangiuliano rischia di arrivare anche in procura: il verde Angelo Bonelli annuncia infatti la presentazione di un esposto. IN ogni caso sono moltissime le richieste di dimissioni immediate del ministro.
Il Ppe supporta Fitto, ma i liberali di Renew non ci stanno
Si complicano i piani di Ursula von der Leyen sulla nuova Commissione. A quanto pare, è l'Italia a dividere la maggioranza. La nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo, con potenziali deleghe cruciali come quella ai dossier economici ha fatto drizzare i capelli ai liberali, convinti che un tassello così importante della futura Commissione Ue non possa andare ad un esponente di un partito che considerano come anti-Ue. E sulla mossa di Renew potrebbe esserci anche lo zampino di Emmanuel Macron, deus ex machina dietro le quinte del gruppo che fa capo a Valerie Hayer. Il tema è che sul ruolo da assegnare a Fitto (e quindi all'Italia) si scontrano due visioni: quella del Ppe, convinto che premiare il governo di Giorgia Meloni significhi avvicinarlo alle posizioni più moderate dei popolari; e quella di chi, come Renew, punta ad una maggioranza che anche in futuro resti quella che ha votato l'Ursula bis. Con FdI fuori e i Verdi dentro. Von der Leyen si è recata di persona all'Eurocamera dove ha visto i presidenti di Renew, dei Verdi e dei socialisti Ue. Ma al primo bilaterale in agenda, quello con Hayer, è arrivata subito la doccia fredda.
“La nomina di Fitto desta preoccupazione”, ha spiegato la capogruppo macroniana a quanto si è appreso da chi segue il dossier nomine. In mattinata, invece, ad esprimersi era stato il leader del Ppe, Manfred Weber, confermando che a Fitto sarà assegnata una vicepresidente esecutiva e sottolineando come saranno 14 i membri della Commissione di segno popolare. Mercoledì prossimo von der Leyen dovrebbe presentare la nuova squadra. Poi, dopo poche settimane, cominceranno le audizioni. Ed è lì che, oltre a misurare la preparazione del commissario candidato, i delicati equilibri della maggioranza potrebbero saltare. Su ciascun candidato una commissione parlamentare può esprimersi con un voto. Mentre la plenaria è chiamata a decidere, con scrutinio palese, se sostenere o meno la Commissione nel suo insieme. Ma è sui singoli che la maggioranza potrebbe andare in difficoltà.
C'è chi, all'Eurocamera, prevede ad esempio che dai conservatori alla fine arrivino più voti favorevoli ai candidati che dai Greens, che pure hanno sostenuto il bis di Ursula. Senza dimenticare il ruolo dei Patrioti, all'opposizione ma numericamente a dir poco ingombranti. “Fitto ha i requisiti per rappresentare l'Italia”, hanno già anticipato dalla Lega. Il Pd, ma anche i socialisti nel loro insieme, in queste ore restano in prudente silenzio. Molto dipenderà da quale ruolo von der Leyen vorrà assegnare ai (pochi) esponenti del Pse. Renew, invece, dovrebbe avere 5 suoi membri a Palazzo Berlaymont. Tra i vicepresidenti esecutivi, oltre al ministro italiano, sono nettamente in pole Thierry Breton, Valdis Dombrovskis e Teresa Ribera. Secondo i rumors brussellesi, il voto per la ministra spagnola della Transizione ecologica e quello per Fitto sono due facce della stessa medaglia: se cade una, cade anche l'altra.
Il Governo si prepara alla manovra. La Meloni parla chiaro: stop agli spechi
In attesa dell'approdo in Cdm, la prossima settimana, del piano strutturale di bilancio a medio termine, le forze politiche della maggioranza continuano ad avanzare le loro priorità in vista della stesura della prossima legge di bilancio tra fisco, pensioni e welfare. Le opposizioni ipotizzano che si vada verso un testo fatto di tagli alla spesa sociale e chiedono interventi in favore del comparto sanità. La manovra, si parla di un documento poco superiore ai 25 miliardi, dovrebbe prevedere la conferma del taglio del cuneo fiscale e contributivo per i redditi fino a 35mila euro per contrastare l'inflazione. Tra le ipotesi allo studio ci sarebbe anche quella di provare a estenderlo ai redditi fino a 50-60mila euro. Ma le risorse sono limitate. E bisogna fare i conti con il piano di rientro dal deficit eccessivo per cui l'Ue ha aperto una procedura di infrazione.
La premier Giorgia Meloni, nella sua relazione all'esecutivo di FdI, ha ribadito che “sarà una legge di bilancio ispirata, come le precedenti, alla serietà e alla responsabilità”. La premier sottolinea: “Ci muoveremo, come abbiamo già fatto, su due direttrici fondamentali, basta con gli sprechi e con le follie ereditate dai governi di sinistra e che hanno devastato i conti pubblici come il Superbonus”. Tutte le risorse disponibili, secondo Meloni, vanno “concentrate nel sostegno alle imprese che assumono e che creano posti di lavoro e per rafforzare il potere di acquisto delle famiglie, con un'attenzione particolare a quelle con figli”. Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, dopo il vertice della Lega a Montecitorio, chiarisce che il piano strutturale verrà “presentato entro metà mese in Cdm e poi in Parlamento” e che le pensioni “come tutte le altre voci di spesa, saranno trattate nella manovra. Se ne parlerà anche nel piano strutturale”.
Nel piano strutturale il governo punta a definire la traiettoria per la spesa netta, coerente con il nuovo Patto di stabilità e l'orizzonte stabiliti dall'Ue per il rientro dal deficit eccessivo da realizzare attraverso un piano di rientro che ha una durata di 4 anni, estendibile fino a 7 anni. Si stima che l'Italia possa procedere con tagli pari a circa lo 0,5%-0,6% del Pil annuo per rientrare dalla procedura di infrazione. Il testo conterrà anche l'indicazione del deficit per l'orizzonte di programmazione indicato. L'Upb ha stimato che solo per confermare gli interventi finanziati lo scorso anno nella manovra occorrono circa 18 miliardi, di cui poco meno di 11 per il taglio del cuneo. Per altri interventi, dunque, lo spazio di manovra appare limitato. Un aiuto potrebbe arrivare dalle maggiori entrate tributare registrate nel periodo gennaio-giugno 2024. C’è poi l'ipotesi di una sforbiciata delle tax expenditure, un insieme di centinaia di esenzioni, detrazioni, crediti d'imposta, aliquote agevolate. Altre risorse potrebbero arrivare dagli effetti della revisione del concordato preventivo biennale.
Il Governo trova l’accordo sui balneari e vara il decreto infrazioni
Le concessioni ai balneari vengono prolungate fino al 2027, le gare dovranno essere bandite entro il giugno precedente e chi subentra dovrà pagare un indennizzo a chi lascia e assicurare la continuità occupazionale dei lavoratori. Dopo giorni di tensione, il Governo trova una quadra sulla questione dei balneari. Per Palazzo Chigi “La collaborazione tra Roma e Bruxelles ha consentito di trovare un punto di equilibrio tra la necessità di aprire il mercato delle concessioni e l'opportunità di tutelare le legittime aspettative degli attuali concessionari, permettendo di concludere un'annosa e complessa questione di particolare rilievo per la nostra Nazione”. Subito arriva la ribattuta da Bruxelles che commenta positivamente la riforma e gli “scambi costruttivi” ma soprattutto sottolinea che si tratta di “una soluzione globale, aperta e non discriminatoria che copre tutte le concessioni da attuare entro i prossimi tre anni”.
La partita ha visto impegnato il ministro e commissario Ue in pectore, Raffaele Fitto, in una serie di contatti, da Bruxelles e Quirinale alle categorie interessate. E non è detto che non abbia incrociato anche altri dossier. Con una chiusa finale tutta politica: il via libera definitivo è arrivato in un vertice di maggioranza tra la premier Giorgia Meloni, i vicepremier Antonio Tajani, Matteo Salvini e il leader di Noi Moderati Maurizio Lupi. Oltre, ovviamente, a Raffaele Fitto. La questione concessioni è ora inserita nel decreto infrazioni approvato dal CdM che, spiega Palazzo Chigi, consentirà di agevolare la chiusura di 16 casi di infrazione e di un caso di EU Pilot: si va dalla riduzione dei tempi della giustizia per il pagamento dei debiti commerciali e dei servizi di intercettazione nelle indagini penali alle norme sul codice della strada, dalla tutela dei minori indagati in procedimenti penali, al diritto d'autore.
Alla Camera
Nell’arco di questa settimana l’Assemblea della Camera non si riunirà. I lavori dell’aula di Montecitorio riprenderanno martedì 10 settembre alle 10.00 con la discussione del ddl in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario e di diverse ratifiche di trattati internazionali. Anche le Commissioni questa settimana non terranno sedute.
Al Senato
L’Assemblea del Senato questa settimana non si riunirà. I lavori dell’Aula di Palazzo Madama riprenderanno mercoledì 11 settembre alle 16.30 con il confronto su diverse ratifiche di trattati internazionali. Anche le Commissioni non terranno seduta per tutta l’arco di questa settimana.
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