Borsa: focus su banche, no di Bruxelles a Golden Power può riaccendere risiko 

Il risiko bancario torna a catalizzare l’attenzione dei mercati finanziari. Nelle prime battute della seduta di Piazza Affari, il sottoindice del settore è cresciuto di oltre mezzo punto percentuale, spinto dalle performance di Banca Popolare di Sondrio(+0,9%), Intesa Sanpaolo (+0,8%) e UniCredit (+0,7%). A sostenere Sondrio è stata la decisione della Banca Centrale Europea di rivedere i requisiti Srep a seguito della fusione con Bper (+0,4%), mentre su Intesa e UniCredit continua a concentrarsi l’interesse degli investitori per le possibili nuove mosse del consolidamento bancario. Il dibattito si è riacceso dopo le indiscrezioni secondo cui la Commissione europea avrebbe chiesto al governo Meloni di accantonare il decreto sul golden power, la normativa che consente allo Stato di intervenire per tutelare gli interessi nazionali in settori strategici. È proprio questo strumento ad aver frenato in passato l’offensiva di UniCredit verso Piazza Meda. Se Bruxelles dovesse davvero ridimensionare i poteri nazionali in materia, la banca guidata da Andrea Orcel potrebbe ritrovarsi con margini di manovra più ampi per tornare a valutare operazioni di rilievo, comprese quelle oltre confine. Il tema non riguarda soltanto l’Italia. La partita si intreccia infatti con quella tedesca, dove UniCredit detiene il 26% di Commerzbank e punta a salire al 29% entro la fine dell’anno. Qui la resistenza della politica tedesca resta però forte, e la possibile “moral suasion” di Bruxelles verso Berlino potrebbe risultare determinante. Intanto, il mercato osserva anche le mosse di Mediobanca (-0,4%), dopo la prudenza espressa dal ceo Luigi Lovaglio su un eventuale delisting, e la gestione della quota del 13% detenuta in Generali (+0,2%). Secondo gli analisti di Equita, la posizione della Commissione rappresenterebbe un segnale favorevole al consolidamento bancario europeo, soprattutto in chiave transfrontaliera, poiché limiterebbe la possibilità per i governi di bloccare fusioni e acquisizioni. Tuttavia, gli esperti invitano alla cautela. A loro giudizio, sarebbe ancora poco probabile un ritorno di UniCredit sul dossier Banco Bpm (+0,4%), mentre Credit Agricole potrebbe trarre vantaggio da un allentamento dei vincoli sul golden power, guadagnando così maggiore flessibilità per rafforzare la propria partecipazione nell’istituto milanese. In attesa di sviluppi, gli acquisti continuano a concentrarsi sui titoli bancari, alimentati dalla prospettiva di una seconda fase di aggregazioni nel sistema del credito. 

Banche. Turco (M5S): MPS-Mediobanca pianificata tre anni fa, altro che mercato 

Il vicepresidente del Movimento 5 StelleMario Turco, ha riportato l’attenzione sul caso Mps-Mediobanca, sostenendo che l’operazione fosse pianificata da tempo e non frutto di dinamiche di mercato. Il senatore, membro della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche, ha sottolineato come, grazie al pressing del suo gruppo, la Commissione abbia iniziato ad ascoltare i protagonisti del recente risiko bancario. Secondo quanto riferito da Turco, durante l’audizione dell’amministratore delegato di Monte dei Paschi di SienaLuigi Lovaglio, sarebbe emerso che la prima ipotesi di un’offerta da parte di Mps su Mediobanca risalirebbe a dicembre 2022, quando il progetto sarebbe stato presentato al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in un incontro al Ministero dell’Economia e delle Finanze, alla presenza dell’allora direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera. L’operazione, lanciata ufficialmente a gennaio 2025, sarebbe dunque stata preparata con largo anticipo rispetto alla tempistica comunicata pubblicamente. Nel dicembre 2022, ha ricordato Turco, il titolo Mps valeva 1,8 euro, mentre oggi si attesta intorno ai 7,3 euro, con un incremento di circa il 300%. In questo arco temporale si colloca la cessione, avvenuta il 23 novembre 2024, di una quota del 15% della banca da parte del Mef agli azionisti CaltagironeDelfin (gruppo Del Vecchio), Banco Bpm e Anima, al prezzo unitario di 5,792 euro, in un momento in cui il valore contabile del titolo era stimato in circa 9 euro. Turco ha inoltre evidenziato come Lovaglio abbia ricondotto l’offerta di Mps su Mediobanca a una reazione alla mossa di UniCredit, che il 25 novembre 2024 aveva lanciato un’offerta su Banco Bpm, successivamente bloccata dal Governo attraverso l’esercizio del golden power. Tuttavia, secondo la ricostruzione del senatore, due settimane prima di quell’operazione si era già verificata la cessione della partecipazione del Mef, elemento che a suo avviso solleverebbe dubbi sulla sequenza e sulla trasparenza delle decisioni assunte. Il senatore ha ritenuto che i contorni della vicenda possano configurare un possibile danno per lo Stato e restino caratterizzati da ampie zone d’ombra. A suo giudizio, le dichiarazioni di Lovaglio, che avrebbe definito “eccellente” la cessione del 15% di Mps, sarebbero difficilmente conciliabili con il complesso intreccio di rapporti tra i soggetti coinvolti. L’operazione, infatti, fu gestita da Banca Akros, controllata da Banco Bpm – una delle beneficiarie della cessione – e collegata ad Anima, anch’essa beneficiaria dell’operazione e sempre legata a Bpm. Turco ha infine ricordato che sulla cessione è tuttora in corso un’indagine della Procura di Milano, dalla quale, secondo quanto emerso in Commissione, né Lovaglio né Mps sarebbero stati ancora sentiti. 

Banche, Turco (M5S): “Giganteschi conflitti interessi, commissione inchiesta indaghi su risiko”

La presidente della Banca centrale europeaChristine Lagarde, ha dichiarato che il processo di disinflazione nell’area euro può considerarsi concluso, con l’inflazione tornata attorno al 2% e attesa a mantenersi su livelli simili nel medio periodo. Intervenendo dinanzi alla Commissione per gli affari economici e monetari del Parlamento europeo a Strasburgo, la presidente ha tracciato un quadro di stabilizzazione dei prezzi, sottolineando che la fase più acuta della lotta all’inflazione è ormai alle spalle, ma che la politica monetaria continuerà a basarsi su un approccio prudente e dipendente dai dati. Lagarde ha spiegato che l’ultima decisione del Consiglio direttivo della BCE di mantenere invariati i tassi di interesse chiave riflette la volontà di garantire che la stabilità dei prezzi sia pienamente raggiunta e sostenuta nel tempo. Le prossime mosse dell’istituto di Francoforte saranno determinate riunione per riunione, sulla base dell’analisi delle prospettive inflazionistiche e dei rischi macroeconomici. La presidente ha chiarito che la BCE non intende vincolarsi in anticipo a un percorso predeterminato dei tassi, preferendo mantenere flessibilità in un contesto economico ancora in evoluzione. Lagarde ha inoltre evidenziato che la valutazione della politica monetaria si fonda su una revisione strategica condotta dallo staff della BCE, che tiene conto dell’andamento dei principali indicatori economici, della dinamica dell’inflazione di fondo e della forza con cui le decisioni sui tassi si trasmettono all’economia reale. Tale approccio, consente di calibrare in modo equilibrato le misure di politica monetaria senza anticipare manovre che potrebbero risultare premature. Sul fronte del mercato del lavoro, Lagarde ha sottolineato che i salari reali sono tornati ai livelli precedenti all’impennata inflazionistica innescata dalla crisi pandemica. La crescita dei salari nominali ha registrato nel secondo trimestre del 2025 un aumento del 3,9%, leggermente inferiore al 4% del trimestre precedente e al 4,8% rilevato nello stesso periodo dell’anno scorso. Gli indicatori prospettici, incluso il “tracker dei salari” elaborato dalla BCE, suggeriscono una graduale moderazione della dinamica retributiva, che dovrebbe contribuire a ridurre ulteriormente la pressione sui prezzi interni. Secondo le nuove proiezioni dell’istituto, l’inflazione complessiva dovrebbe attestarsi in media al 2,1% nel 2025, per poi scendere all’1,7% nel 2026 e risalire lievemente all’1,9% nel 2027. Escludendo le componenti più volatili, come energia e alimentari, il dato dell’inflazione di fondo dovrebbe passare dal 2,4% previsto per il 2025 all’1,9% nel 2026 e all’1,8% nel 2027. 

Manovra: Albano (MEF), taglio Irpef anche a favore ceto medio, in rispetto governance Ue

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha confermato che il Governo intende proseguire nel percorso di riduzione dell’Irpef, con particolare attenzione al sostegno del ceto medio. Durante un intervento in Commissione Finanze della Camera, il sottosegretario Lucia Albano ha precisato che, tra le misure in fase di studio per la prossima manovra, figura un progetto di revisione dell’aliquota al 35%, con l’obiettivo di alleggerire ulteriormente il carico fiscale sulle famiglie e sui lavoratori. La proposta, ha spiegato il rappresentante del Mef, sarà valutata nel quadro delle regole europee di finanza pubblica, in linea con la nuova governance economica dell’Unione. L’intento del Governo è quello di coniugare la riduzione della pressione fiscale con la sostenibilità dei conti, evitando scostamenti di bilancio e mantenendo il percorso di consolidamento finanziario. Il richiamo alla responsabilità fiscale riflette l’orientamento seguito dall’esecutivo nelle ultime leggi di bilancio, che hanno introdotto tagli selettivi delle aliquote e misure di semplificazione, in vista di una riforma complessiva dell’Irpef. L’obiettivo rimane quello di favorire il potere d’acquisto del ceto medio, rafforzando al tempo stesso la credibilità finanziaria del Paese nei confronti delle istituzioni europee.

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