Mattarella riunisce il Consiglio Suprema di Difesa: sostegno a Kiev
Dopo le tensioni nella maggioranza, Sergio Mattarella ha riunito il Consiglio Supremo di Difesa; con lui, oltre alla premier Giorgia Meloni, ci sono il vicepremier e Ministro degli Esteri Antonio Tajani, il titolare dell'Interno Matteo Piantedosi, il Ministro della difesa Guido Crosetto, quello dell'Economia Giancarlo Giorgetti, il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, e il Capo di Stato maggiore della difesa Generale Luciano Portolano. Seduti attorno al tavolo ci sono i rappresentanti di tutte le forze politiche che sostengono il Governo, anche i leghisti, ma non Matteo Salvini, il più netto nell'invitare a riflettere su possibili nuovi invii di armi a Kiev. È proprio a partire dall'Ucraina che Mattarella, Meloni e i Ministri avviano la riunione. Il Consiglio conferma “il pieno sostegno italiano all’Ucraina nella difesa della sua libertà” e “in questo senso si inquadra il dodicesimo decreto di aiuti militari” che verrà presentato il prossimo 2 dicembre da Guido Crosetto in Copasir. Fondamentale, per Mattarella e il Governo, rimane la partecipazione alle iniziative dell’Ue e della Nato a sostegno di Kiev e il lavoro per la futura ricostruzione.
Sul fronte mediorientale, il Consiglio valuta “positivamente” il raggiungimento del cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi, anche se resta la “preoccupazione” per gli episodi di violenza. Per arrivare a una pace duratura, poi, è necessario “un approccio regionale e multilaterale”, capace di garantire il disarmo di Hamas e l’attuazione del piano di pace di Sharm el-Sheikh. Anche nel Sud del Libano, il quadro di sicurezza “continua ad essere fragile” e “ineludibile” resta garantire la sicurezza della Linea Blu. Il Csd ha affrontato poi i dossier Sahel, Sudan, Balcani, Mediterraneo.
Sull’autonomia il Governo spinge sulle pre-intese. Critiche le opposizioni
Dopo mesi di stallo, e proprio alla vigilia del comizio dei leader del centrodestra a Padova per tirare la volata alla candidatura del leghista Alberto Stefani in Veneto, si sblocca il dossier autonomia. La coincidenza temporale è duramente criticata dal centrosinistra che accusa Governo e maggioranza di “voto di scambio” e di “ennesima promessa elettorale” dopo quella sul condono edilizio in Campania. Il Ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli ha proceduto alla firma delle pre-intese con Liguria, Lombardia, Piemonte e Veneto, le quattro regioni che avevano fatto richiesta di procedere sulle materie non-lep. L'annuncio è arrivato con una nota diffusa dal dicastero in cui si legge che la stipula delle pre-intese ha avuto “l'autorizzazione” della premier Giorgia Meloni. Ovviamente soddisfatto il vicepremier Matteo Salvini, che parla di “firma storica” e di un passaggio importante.
Tensione fra il Colle e FdI. Bignami attacca, ira delle opposizioni
Un virgolettato attribuito a uno dei consiglieri del Quirinale, Francesco Saverio Garofani, e pubblicato da La Verità crea un caso con FdI. Nella ricostruzione del quotidiano, attacca il capogruppo dei meloniani alla Camera Galeazzo Bignami, Garofani “auspicherebbe iniziative contro il presidente Giorgia Meloni e il centrodestra”. “Confidiamo che queste ricostruzioni siano smentite senza indugio”. Secca la nota di replica inviata a stretto giro dall'ufficio stampa del Colle. È solo l'incipit di quello che diventerà, di lì a breve, uno scontro politico fra FdI e le opposizioni, prima nell'Aula della Camera, poi fuori, per arrivare nei territori che si preparano ad andare al voto. Il capogruppo FdI puntualizza che la richiesta di smentita è rivolta direttamente alla persona che quelle parole le avrebbe pronunciate e non all'istituzione. In ogni caso la reazione delle opposizioni è immediata e investe direttamente la presidente del Consiglio: “Meloni riferisca subito in Aula”. Il coro è pressoché unanime e i capigruppo del Pd di Camera, Senato e Parlamento Europeo affidano la difesa del Colle a una nota congiunta.
Meloni vede Mattarella al Quirinale per un chiarimento sul caso Garofani
La stima e il rispetto istituzionale per il Presidente della Repubblica sono immutati, ma se un consigliere si permette di fare tali affermazioni in pubblico non può ricoprire quel posto: è stato inopportuno. A sentire diverse ricostruzioni del centrodestra, questo è stato in sintesi il passaggio cruciale del discorso di Giorgia Meloni nel colloquio con Sergio Mattarella al Quirinale. Una ricostruzione smentita però dall'Ufficio stampa del Quirinale che ribadisce come la presidente del Consiglio non abbia mai chiesto le dimissioni del consigliere. Mentre dai due fronti si cerca di definire il caso chiuso, nel centrodestra molti ragionano sul fatto che sarà interessante vedere come si muoverà il Capo dello Stato nelle prossime settimane. Tutti gli occhi saranno puntati su Francesco Saverio Garofani. Ma il suo ruolo non è mai stato in discussione al Colle. C'è chi parla di tregua, definizione che di certo non può piacere a chi come il Capo dello Stato predica l'equilibrio dei poteri. La sensazione diffusa nell'arco parlamentare è che si sia di fatto aperto un braccio di ferro, nel contesto di un caso giornalistico dai contorni non chiari. Tra le opposizioni circolano quelli di una campagna mediatica per gettare ombre sull'imparzialità del Quirinale, dove fra meno di quattro anni il centrodestra potrebbe per la prima volta avere la possibilità di eleggere un Presidente della Repubblica della propria area: secondo Matteo Renzi, è il palazzo cui punta la premier.
Arrivano i segnalati alla Legge di Bilancio. Centrodestra spinge per i condoni
Condono large e riserve auree di Bankitalia, contante anche sopra i 5mila euro ma con il bollo, previdenza complementare per i nuovi nati. Fratelli d'Italia tira dritto e negli emendamenti segnalati alla manovra conferma tutti i cavalli di battaglia di questi giorni. Il leader della Lega Matteo Salvini dice no alle proposte di sanatoria edilizia così come ipotizzate finora e rilancia proponendo il meccanismo del silenzio assenso: i Comuni devono risponde entro sei mesi, se non lo fanno l'immobile ha tutti i diritti, è in regola. Dalla Lega arrivano anche altre proposte: dagli affitti brevi alle norme sui dividendi e sul congelamento dello scalino pensionistico rinunciando, però, a tentare addirittura l'opzione dell'abbassamento dell'età pensionabile ipotizzata in un primo tempo con una copertura che triplicava il prelievo Irap su banche e assicurazioni. Da Forza Italia si attendono le proposte su casa, compensazione dei crediti, dividendi e comparto sicurezza; Noi moderati insiste sugli affitti lunghi e le detrazioni sui libri scolastici e Civici d'Italia propone il dimezzamento della tassa che i Comuni possono chiedere per la domanda di cittadinanza. Rispetto alle proposte identitarie di maggioranza, è lo stesso viceministro dell'Economia Maurizio Leo a confermare che lo spazio per la sanatoria edilizia, fortemente voluta da FdI quantomeno per la Campania, sarà trovato. Da capire, però, per quale dei quattro condoni proposti dal partito della premier ci potrà essere il disco verde. Da FdI arriva poi l'emendamento a firma del capogruppo Lucio Malan che sancisce che “le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d'Italia appartengono allo Stato, in nome del Popolo italiano”. Si tratta, per altro, di un vecchio cavallo di battaglia del senatore Claudio Borghi, relatore della Lega alla manovra. Per serrare i ranghi e garantire uno svolgimento ordinato dei lavori in Senato, la premier Giorgia Meloni riunisce la maggioranza a Palazzo Chigi. Partecipano i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, il leader di Nm Maurizio Lupi, il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti e il suo vice Maurizio Leo e i capigruppo di maggioranza. Un confronto di circa due ore, che Palazzo Chigi definisce “proficuo e costruttivo”. E cui, per chiudere il cerchio, seguirà un altro appuntamento “conclusivo”, già fissato per la prossima settimana. Praticamente certa invece una riduzione della cedolare secca sugli affitti brevi al 21%: l'ipotesi sul tappeto è quella di applicarle l'aliquota ridotta fino a tre immobili. Il percorso della legge di bilancio in Parlamento certo è appena iniziato.
Anche le opposizioni avanzano le proprie proposte prioritarie puntando su quelle unitarie e proponendo, anche, di destinare, maggioranza e opposizione, i 100 milioni del tesoretto a un'unica misura: in cima alla lista un fondo affitti. Tra i temi comuni nel centrosinistra anche gli Enti locali per i quali le opposizioni chiedono più risorse. Il M5S punta sul Reddito di cura mentre il Pd segnalano la digital tax e il taglio delle risorse per il Ponte sullo Stretto. Iv mette nelle priorità la start tax e il taglio dei fondi del protocollo Albania. Tra le proposte di Azione l'allargamento della platea dei beneficiari del taglio Irpef e una no tax area fino a 20mila euro per gli under 35. Avs segnala due patrimoniali, quella che recepisce la proposta della Cgil e una a scaglioni di patrimonio sul modello spagnolo.
Il centrosinistra si compatta per la “mission impossible” del Veneto
Il centrosinistra ce la sta mettendo tutta anche in Veneto dove ha candidato quel Giovanni Manildo che già a suo tempo ha “dimostrato di sapere vincere”, come ricorda Elly Schlein, espugnando il feudo leghista di Treviso dalla guida di Giancarlo Gentilini. La piazza di Mestre è piena e dà la carica al candidato che ci crede, nonostante parta decisamente sfavorito. Ma nei derby “lo sfavorito vince”, dice, dopo che già con una certa dose di scaramanzia aveva scherzato a fianco di Matteo Renzi. Il suo slogan è “dal Veneto di uno al Veneto di tutti”, che mette nel mirino proprio il Doge che mai, nota Schlein dal palco, si è “opposto alle politiche del Governo” anche quando non davano ascolto alle esigenze del Nord. Il numero di votanti potrebbe aiutare ad accorciare la distanza con Alberto Stefani. Quante preferenze porterà a casa il “doge” e chi vincerà la sfida del primo partito in regione tutta interna al centrodestra tra Lega e FdI, restano i dati più attesi alla chiusura dei seggi lunedì prossimo. Ma certo anche il centrosinistra potrà misurare l'effetto di una coalizione larghissima. Peraltro, secondo Matteo Renzi sommando i risultati dell'intera tornata elettorale d'autunno il centrosinistra porterà a casa “più voti del centrodestra”. Un segnale, questo, che dice che, “se si resta uniti, la Meloni non vince”, è sicuro l'ex premier.
Dal Veneto Meloni esalta Stefani e attacca la sinistra e Romano Prodi
Doveva essere la giornata dell'orgoglio veneto, dove il centrodestra punta a “stravincere”, come dicono Matteo Salvini e Antonio Tajani, ma gli echi delle polemiche tra FdI e il Quirinale arrivano fino a Padova: Giorgia Meloni sale sul palco osannatissima, spende parole di miele per il candidato della Lega Alberto Stefani, maldigerito dai suoi, e mette in campo il meglio del suo copione da comizio, prendendo di mira non solo il sindacato, come fanno anche gli alleati, ma anche quella “sinistra autoreferenziale e salottiera”, con “la puzza sotto il naso”, che rema “contro” il Paese. C'è poco spazio, nel discorso della premier, per l'uscente Luca Zaia. La platea si esalta quando il leader leghista parla di sicurezza, ma soprattutto quando sul palco sale la premier. Giorgia Meloni rivendica i risultati del suo Governo e ricorda la capacità del centrodestra di sovvertire “i pronostici”. Riparte da quando FdI era data nemmeno “al 5%” e rivendica di essere ancora oltre il 30% dopo tre anni di governo, “il terzo più longevo della storia d'Italia”. Ricorda i timori di chi prevedeva con la destra al governo una nuova impennata dello spread o una nuova “tempesta finanziaria” perché “sperano che le cose vadano male per governare sulle macerie”. Attacca a testa bassa Romano Prodi, al centro anche dell'articolo pubblicato da La verità. E rivendica le riforme.
Il Governo riflette sulle armi a Kiev e apre sugli asset russi
I vertici del governo italiano aspettano la formalizzazione del piano di pace degli Usa e al momento non si sbilanciano in commenti sull'iniziativa di Donald Trump. Mentre a Washington il presidente Usa attende le risposte di varie capitali europee sul Purl, il meccanismo di acquisto di armamenti statunitensi da fornire all'Ucraina. A Roma si è ancora in fase di studio e riflessione, come sta accadendo in altri grandi paesi Nato, spiegano fonti italiane, precisando che comunque il sostegno a Kiev è immutato. E continua bilateralmente: con il dodicesimo pacchetto di aiuti militari in arrivo e con quello di forniture energetiche, che per Volodymyr Zelensky non è meno importante con l'inverno alle porte. In questo quadro di attesa, dall'Italia si apre a sorpresa uno spiraglio per la soluzione sull'utilizzo dei beni russi congelati per sostenere l'Ucraina. In un contesto internazionale e interno tutto da definire, Giorgia Meloni riflette sulle prossime mosse da fare nella complessa partita ucraina e si prepara a partecipare al vertice del G20 in Sudafrica. È il primo G20 meno uno, senza gli Stati Uniti, e con vari grandi leader assenti, a partire dal cinese Xi Jinping. Ma è anche il primo in Africa. E questo bilancia un po' il peso dell'agenda della premier, che in una missione di cinque giorni sarà prima al summit a Johannesburg e poi in Angola per il vertice Unione europea-Unione africana: un doppio appuntamento funzionale alla strategia di cooperazione avviata dal governo attraverso il Piano Mattei.
L’Ilva accende lo sprint di Decaro in Puglia, Pd attacca il governo
Le ombre sull'Ilva che verrà e l'eco della mobilitazione a Taranto incombono sul rush finale della campagna elettorale in Puglia. E nel giorno in cui gli operai occupano l'acciaieria della città sui due mari e il governo allarga, all'impianto tarantino, il tavolo con i sindacati (convocato il 28 novembre), la politica si dà battaglia. Tema che, insieme alle “liste pulite”, sembra rianimare un po' una sfida vissuta in sordina. Pesa il buon vento che soffia per Antonio Decaro, l'eurodeputato Dem che corre per il “campo largo” e premiato dai sondaggi rispetto a Luigi Lobuono, l'imprenditore prestato al centrodestra. È soprattutto la segretaria del Pd a battere sulla vertenza. Elly Schlein chiama in causa la premier: Giorgia Meloni si assuma direttamente la responsabilità politica e istituzionale della partita “senza ulteriori scaricabarile” mentre il ministro delle Imprese, Adolfo Urso “si faccia da parte”. Chiede inoltre a Palazzo Chigi di ritirare il piano industriale, che ha fatto infuriare i lavoratori, e di guidare “urgentemente” una cordata che, insieme alle grandi partecipate pubbliche, investa soldi. Un po' a sorpresa e quasi pro domo suo, Matteo Salvini si allinea sull'azione dello Stato. “Lo Stato deve esserci”, dice il vicepremier leghista.
Ue al bivio su Unicredit. Tajani è chiaro: “evitare l'infrazione”
Le ore sono decisive, i contatti sotterranei più che mai vivi. Sulla procedura di infrazione dell'Ue contro l'Italia per la vicenda Unicredit-Bpm i giochi non sono chiusi. Il pacchetto delle infrazioni che la Commissione Ue aggiorna mensilmente è pronto. È in questo pacchetto che, in teoria, potrebbe esserci anche la procedura dell'esecutivo comunitario contro il Dpcm che interveniva su Unicredit-Banco Bpm. L'operazione bancaria è stata ritirata, il decreto è tuttavia in vigore. I termini per un intervento della Commissione restano attuali. Eppure, la possibilità di un ulteriore rinvio è viva. C'è un dato, innanzitutto, da sottolineare. L'aggiornamento delle procedure di infrazione viene comunicato di giovedì. Questa volta, invece, è stato rimandato inusualmente a venerdì. Tajani era al Consiglio Affari Esteri Ue, ma non si esclude che abbia avuto contatti a più ampio raggio con la Commissione. Del resto, il leader di FI ha sempre sostenuto l'esigenza di rispettare il diritto comunitario sul tema golden power, ponendosi in una posizione ben diversa da quella dell'altro vicepremier Matteo Salvini.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall’Istituto SWG il 17 novembre, tra i partiti del centrodestra Fratelli d’Italia sale al 31,4%. In seconda battuta, il Partito Democratico perde 0,2 punti, attestandosi al 22,0%. Terza forza nazionale il Movimento 5 Stelle che resta stabile al 12,8%. Tra le altre forze del centrodestra, la Lega scende al 7,8%, così come Forza Italia scende all’8,0%. Nella galassia delle opposizioni, AVS sale al 6,9%. I centristi vengono rilevati singolarmente con Azione (3,2%), IV (2,5%), +Europa(1,5%) e Noi Moderati (1,3%).

La stima di voto per la coalizione di centrodestra (FdI, Lega, FI, Noi Moderati) resta stabile al 48,5%. Il centrosinistra (Pd, All. Verdi Sinistra) registra il 28,9% delle preferenze; fuori da ogni alleanza, il M5S si attesta al 12,8%. A chiudere il Centro che registra un risultato con segno positivo di 0,2 punti, salendo al 7,2%.

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