Il Senato dà l’ok definito alla separazione delle carriere. Esulta la maggioranza

L'Aula del Senato ha approvato in quarta e ultima lettura il ddl costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati con il voto compatto della coalizione di Governo. I 112 voti favorevoli danno così il via libera a uno dei pilastri del programma del centrodestra e aprono ufficialmente la campagna per il referendum confermativo. La premier Giorgia Meloni non è in Aula, ma sui social sottolinea il “traguardo storico”. Assicurando di voler restare salda al timone di Palazzo Chigi a prescindere dall'esito della consultazione, Meloni detta già la linea per affrontare la campagna elettorale. Insomma, la riforma, per Meloni, è “un passo importante verso un sistema più efficiente e vicino ai cittadini” e così va comunicata. Dopo le dichiarazioni infuocate sulla Corte dei Conti, la premier abbassa i toni ed esprime “disaccordo” con il sindacato delle toghe, che non è “mai stato favorevole a qualsiasi riforma”. Intanto, i capigruppo di centrodestra hanno già cominciato a raccogliere le firme dei parlamentari per la richiesta del referendum. A premere sull'acceleratore è soprattutto Forza Italia, che esulta per una “giornata storica” con la festa in piazza Navona e si prepara alla battaglia lanciando già i comitati per il sì. Tuttavia, in vista di una campagna referendaria da mettere ancora a punto, non mancano accenti diversi tra gli alleati. A gioire, in primis, gli azzurri: in Aula, in dichiarazioni di voto, Pierantonio Zanettin parla dal seggio che fu di Silvio Berlusconi e la dedica di tutto il gruppo di FI è proprio per lui. Nel flashmob organizzato a Roma decine di militanti e parlamentari ricordano il Cavaliere tra le bandiere del partito, ma non si vedono esponenti di Lega e FdI che si limitano a una dichiarazione congiunta dei capigruppo di maggioranza. Intanto a escludere un referendum sul Governo è anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio, esponente di FdI, che, mentre promette un impegno in prima persona dichiarandosi pronto a un confronto tv con Cesare Parodi dell'Anm, avvisa: “Il dibattito sul referendum venga mantenuto in termini pacati e non venga politicizzato”. 

Pd, M5S e Avs puntano al referendum. Dubbi di riformisti e centristi

A leggere le dichiarazioni dei leader, la corsa al referendum sulla separazione delle carriere sembra già cominciata, ma nel centrosinistra si ragiona su come sistemarsi ai blocchi di partenza. “Una giornata triste”, la definiscono i capigruppo Pd Francesco Boccia e Chiara Braga in conferenza stampa al Senato. L'appuntamento è stato preannunciato con una nota che non è stata presa benissimo dagli alleati. L’incomprensione è rientrata subito, tanto che Giuseppe Conte, al fianco del suo capogruppo a Palazzo Madama, assicura che, come Pd, M5S e Avs, “faremo delle riunioni e poi decideremo” se mettere in campo comitati unitari delle opposizioni. In ogni caso, per Conte, niente fretta. Il refrain è anche quello che viene ripetuto nel Pd alla domanda se si raccoglieranno le firme per la richiesta di referendum confermativo. Quelle necessarie sono un quinto dei parlamentari che siedono nelle due camere: un traguardo alla portata delle opposizioni. Nonostante questo, fra i dem c’è un dibattito in corso fra chi è convinto che occorra intestarsi la battaglia referendaria a cominciare dalla raccolta firme e chi ritiene sia meglio evitare. Tra questi ultimi ci sono alcuni esponenti riformisti. Questi dubbi si sommano a quelli dell'ala centrista delle opposizioni. Matteo Renzi, intervenendo in Aula, fa sapere che il suo partito si astiene e spiega: “Oggi ci asteniamo perché pensiamo che la montagna abbia partorito il topolino, questa è una riformicchia”. Anche Riccardo Magi, di Più Europa, invita a moderare i toni e a non trasformare la campagna referendaria “in un’ordalia”.  

Meloni tiene il punto sulla manovra. Tensione fra Lega e Fi 

Le banche hanno avuto negli anni grandi profitti ed è giusto, dunque, che diano il loro contributo al sistema Paese. Giorgia Meloni tiene il punto sulla manovra e rivendica la scelta di un meccanismo di aiuto da parte degli Istituti di credito. Insomma, l'intesa, su questo come sugli altri fronti, faticosamente raggiunta nella maggioranza non va rimessa in discussione. Ognuno ha le sue richieste e la manovra, fanno capire anche il ministro Giancarlo Giorgetti e il suo vice Maurizio Leo, non è del tutto blindata ma ogni eventuale ritocco va concordato e soprattutto coperto. E se non ci sarà spazio per questo al momento si potrà trovarne in provvedimenti successivi. Insomma, non ci sarebbero paletti ma “ogni modifica”, è il ragionamento del Ministro, “deve essere compensata in coerenza con le nuove regole” fissate dall'Ue. E su questo sembra proprio esserci un asse di ferro tra la premier e il ministro dell'Economia. Ma intanto la tensione non sembra calare a partire dalle banche con la Lega che continua a rilanciare e a chiedere di aumentare il contributo e FI a fare muro. “Non voteremo alcuna norma” attacca il capogruppo azzurro alla Camera Paolo Barelli “che altera gli accordi presi”. Non solo banche, però, a far fibrillare la maggioranza sono anche altri temi come quello dell'innalzamento della cedolare sugli affitti brevi. Qui Lega e FI sono dalla stessa parte della barricata: no a elevare l'aliquota. Ma è una scelta, quest'ultima, che il Governo difende. Si tratta, però, di una norma che quota solo 100 milioni e “non è una questione di vita o di morte”, evidenzia Giancarlo Giorgetti. Nessuna “distrazione” nel mettere a punto la misura, aggiunge, ma pur difendendone la ratio il Ministro evidenzia che “il Parlamento c'è per migliorare”. Tutta da capire la modifica alla quale si potrà mettere mano nel corso del dibattito in Senato, non è escluso che si possa agire sull'incentivazione degli affitti lunghi come chiede Noi Moderati. Altro capitolo aperto è quello della tassazione sui dividendi e anche qui non si chiude a modifiche. L'ipotesi sarebbe quella di rivedere al ribasso la percentuale ma bisogna fare i conti con il fatto che la misura quota ben un miliardo. Modifiche potrebbero ancora arrivare dall'interlocuzione con gli industriali, tra i punti da modificare il credito d'imposta per chi fa nuovi investimenti ma anche l'imposta sui dividendi. Le opposizioni, intanto, restano sul piede di guerra. Elly Schlein ribadisce le priorità per le opposizioni: dai salari alla sanità, un punto quest'ultimo sul quale è arrivato anche un richiamo del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

La fase dedicata all'esame parlamentare della manovra si è aperta formalmente con le comunicazioni in Aula del presidente del Senato Ignazio La Russa. Il lavoro in Commissione Bilancio, che nel parere al presidente ha proposto lo stralcio di alcuni commi ordinamentali tra cui quello per il tavolo sulle criptoattività, partirà con le audizioni, in calendario dal 3 al 6 novembre, per le quali si profila un tour de force, con possibili riunioni anche in seduta serale o notturna. (Segui la Legge di bilancio 2026 con Nomos)

Via libera da Bankitalia sulle banche. Meloni esclude modifiche sul punto 

Nessuna modifica sulle banche, possibilità invece di ritocchi per gli affitti brevi sui quali “deciderà il Parlamento”. Giorgia Meloni sintetizza così l'approccio del Governo dopo le polemiche su alcune delle misure simbolo della manovra che inizia in questi giorni il suo iter al Senato. Sugli affitti un'apertura c'è, come del resto emerso anche dalle parole degli ultimi giorni di Giancarlo Giorgetti. Meloni lascia spazio alle Camere anche se ribadisce la ratio del provvedimento che “non è fare cassa sul tema degli affitti, ma è favorire gli affitti alle famiglie”. Sul contributo delle banche invece “non credo” ci saranno modifiche, ha puntualizzato la Meloni. Sulle norme, così come scritte dall'esecutivo, è del resto arrivato anche il nullaosta del governatore della Banca d'Italia Fabio Panetta: il contributo previsto in manovra non provoca “rischi di instabilità finanziaria”, spiega, ricordando come le banche italiane siano ben capitalizzate e redditizie e la tassa incide in “maniera limitata sugli utili”. Bankitalia non si dice nemmeno stupita dall'andamento dell'economia italiana, rimasta ferma nel terzo trimestre, con il Pil che, in assenza di variazioni negli ultimi tre mesi dell'anno, si avvia a chiudere il 2025 a +0,5%. Le stime del Governo verrebbero comunque centrate. Ma la congiuntura resta debole e da più parti arrivano sollecitazioni al Governo affinché sfrutti la manovra per intervenire con misure di stimolo ai consumi. Nel resto d'Europa, infatti, c'è anche chi reagisce meglio, come la Francia, il cui Pil è cresciuto dello 0,5% trainato dalle esportazioni, battendo le stime degli analisti. Va meno bene la Germania, con un Pil che nel terzo trimestre non cresce. Nell'Eurozona il Pil è cresciuto dello 0,2%, nell'Ue dello 0,3%, dopo rispettivamente il +0,1% e +0,2% del secondo trimestre. Per quanto riguarda l'Italia, qualche segnale positivo arriva ancora dal mercato del lavoro. A settembre gli occupati sono aumentati (+67mila unità in un mese e +176mila in un anno) e il tasso di occupazione è salito al 62,7%, con un aumento dei dipendenti stabili. Sale anche il tasso di disoccupazione (al 6,1%), con quello giovanile che si attesta al 20,6%. Per la Ministra del lavoro Marina Calderone il dato conferma l'andamento positivo dell'occupazione. 

Orban incontra Meloni e attacca duramente l’Ue

La strategia era semplice da inquadrare, cercare una mediazione tra l'Ue e i veti di Viktor Orban. Ma la missione di Giorgia Meloni si è confermata estremamente complessa. Dopo l'incontro in Vaticano con Papa Leone e prima di quello a Palazzo Chigi, il primo ministro ungherese ha attaccato duramente, affermando che “l'Unione europea non conta nulla” e che “Donald Trump sbaglia su Putin”. Un salto di qualità, dopo l'annuncio nei giorni scorsi dell'intenzione di aggirare le sanzioni sul petrolio. Orban spiega la sua visione dello stallo, che lui stesso conta di risolvere con un faccia a faccia tra Trump e Vladimir Putin a Budapest, ancora però solo ipotizzato. L'Ucraina (oltre a famiglia e Medio Oriente) è al centro della visita in Vaticano, dove Orban è ricevuto in udienza dal Papa e poi incontra il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato. E anche del colloquio di circa un'ora nella sede del Governo a Palazzo Chigi il primo ministro ungherese si presenta con un baciamano alla Meloni, che in questi tre anni con lui ha avuto un rapporto privilegiato, sia per affinità politiche, sia per quel “pragmatismo diplomatico” che impone di “parlare con tutti”. Tra i 27 l'insofferenza per la rigidità di Budapest è a livelli di guardia. L'approccio della premier con il suo ospite sarebbe stato calibrato per invitarlo a trovare una soluzione, magari trattando su altri dossier o in alternativa a uscire al momento delle votazioni che riguardano l'Ucraina, senza esercitare il diritto di veto

Salvini incontra Orban. Tajani ribadisce la linea del Governo

ViL'obiettivo finale del premier magiaro resta interno, vincere le elezioni ungheresi il prossimo aprile. La sua strategia, tuttavia, ha il fulcro nella politica estera e Orban vuole sfruttare al massimo l'ancora crescente onda sovranista e l'arrivo, a Praga, del nazionalista Andrej Babis. Con lui e con lo slovacco Robert Fico Budapest vuole allargare il suo potere di veto sul sostegno dell'Ue all'Ucraina, ridando slancio al gruppo Visegrad, all'interno del quale il polacco Donald Tusk appare sempre più isolato. Nell'incontro tra Orban e il vicepremier Matteo Salvini al Mit si è parlato della battaglia comune in Europa. Entrambi sono parte dei Patrioti ed entrambi, sulla Russia, da tempo fanno il controcanto a Bruxelles. “Sono stati affrontati altri temi come la pace, la dura critica al green deal e alle politiche suicide dell'Ue”, ha riferito lo staff di Salvini dopo l’incontro. 

La Corte dei Conti boccia il ponte. Per Meloni è un atto d’invasione. Polemiche

Ponte sullo Stretto, è scontro tra la Corte dei Conti e il Governo. I magistrati contabili hanno bocciato la decisione del Cipess di agosto che aveva approvato il progetto definitivo dell'opera ma l'esecutivo è determinato ad andare avanti. Dopo il no, la reazione è arrivata immediata: “La mancata registrazione da parte della Corte dei conti della delibera Cipess è l'ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del Governo e del Parlamento”, ha dichiarato la premier Giorgia Meloni. Il ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini tuona: si tratta di “una scelta politica e una grave danno per il Paese” e assicura: “andremo avanti”. L'altro vicepremier, il ministro degli esteri Antonio Tajani, si dice “esterrefatto”. Tuttavia, tecnicamente, anche con il parere negativo della Corte dei Conti il Governo può comunque decidere di andare avanti con il progetto. Infatti, viene spiegato dalla stessa Corte, nel caso in cui il controllo riguardi un Atto governativo, secondo la legge, l'amministrazione interessata, in caso di rifiuto di registrazione da parte della Corte dei Conti, può chiedere un'apposita deliberazione da parte del Cdm, il quale, a propria volta, può ritenere che esso risponda a interessi pubblici superiori e debba avere comunque corso. In questo caso la Corte, se ancora mantiene la propria contrarietà, è chiamata ad apporre un visto con riserva alla delibera. La procedura prevede poi una segnalazione in Parlamento. Tra i diversi punti finiti sotto la lente dei magistrati le coperture economiche, l'affidabilità delle stime di traffico, la conformità del progetto definitivo alle normative ambientali, antisismiche e alle regole europee sul superamento del 50% del costo iniziale

Il Governo frena sul Ponte sullo stretto e attende le motivazioni della Corte

La riunione d'urgenza, convocata a Palazzo Chigi dopo la mancata registrazione da parte della Corte dei conti della delibera Cipess riguardante il Ponte sullo Stretto, serve quasi più a rallentare e ad abbassare i toni che a precipitare decisioni straordinarie. Il Ministro dei Trasporti, dopo una riunione fatta al Mit di buon mattino raggiunge la premier nella sede del Governo; ci sono anche i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari, l'Amministratore delegato della società Stretto di Messina Pietro Ciucci e, in videocall dal Niger dove è in missione, Antonio Tajani. Il vertice va avanti per un'ora e mezza. “Si è convenuto di attendere la pubblicazione delle motivazioni della delibera adottata dalla Corte dei conti”. Per il Governo, in ogni caso, “rimane fermo l’obiettivo, pienamente condiviso, di procedere con la realizzazione dell’opera”. Meloni, in serata, si dice “un po' incuriosita” di fronte ad alcuni rilievi, ma assicura che il Governo risponderà. Il leader della Lega sembra escludere soluzioni lampo, come una nuova approvazione da parte del Cdm della delibera Cipess.  

I sondaggi della settimana

Negli ultimi sondaggi realizzati dall’Istituto SWG il 27 ottobre, tra i partiti del centrodestra Fratelli d’Italia sale al 31,2%. In seconda battuta, il Partito Democratico perde 0,1 punti, attestandosi al 22,0%. Terza forza nazionale il Movimento 5 Stelle che perde 0,4 punti e si attesta al 12,8%. Tra le altre forze del centrodestra, la Lega scende all’8,2%, mentre Forza Italia sale all’8,1%. Nella galassia delle opposizioni, AVS sale al 6,8%. I centristi vengono rilevati singolarmente con Azione (3,1%)IV (2,5%)+Europa (1,6%) e Noi Moderati (1,0%)

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La stima di voto per la coalizione di centrodestra (FdI, Lega, FI, Noi Moderati) segna +0,1% rispetto all’ultima rilevazione, salendo al 48,5%. Il centrosinistra (Pd, All. Verdi Sinistra) registra il 28,8% delle preferenze; fuori da ogni alleanza, il M5S, perde 0,4 punti e si attesta al 12,8%. A chiudere il Centro che registra un risultato con segno positivo di 0,2 punti, salendo al 7,2%.

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  1. Il Senato dà l’ok definito alla separazione delle carriere. Esulta la maggioranza
  2. Pd, M5S e Avs puntano al referendum. Dubbi di riformisti e centristi
  3. Meloni tiene il punto sulla manovra. Tensione fra Lega e Fi 
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  5. Orban incontra Meloni e attacca duramente l’Ue
  6. Salvini incontra Orban. Tajani ribadisce la linea del Governo
  7. La Corte dei Conti boccia il ponte. Per Meloni è un atto d’invasione. Polemiche
  8. Il Governo frena sul Ponte sullo stretto e attende le motivazioni della Corte
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