Meloni è al lavoro per il rilancio dei centri in Albania
Giorgia Meloni assicura che sui centri in Albania non è intenzionata a fare passi indietro, nonostante le decisioni dei magistrati sui richiedenti asilo che finora hanno bloccato il progetto dell'esecutivo; vorrebbe trovare una soluzione senza aspettare che si pronunci la Corte di Giustizia europea. Dopo un primo confronto venerdì scorso in coda al Cdm tra la premier, il ministro Matteo Piantedosi e il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano, i tecnici si sono messi al lavoro. Il cambio di strategia sul modello Albania s’inserirebbe in un contesto europeo che il Governo considera favorevole: Meloni e Piantedosi hanno più volte sottolineato l'interesse di Bruxelles per il progetto italiano che potrebbe fungere da apripista nella Ue. Non a caso il Ministro dell'Interno nei suoi ultimi incontri con i colleghi europei ha auspicato una riforma della Direttiva rimpatri “che preveda meccanismi di regionalizzazione per trasferire gli immigrati illegali in Paesi limitrofi, quando non sia possibile riammetterli nel Paese d'origine”.
Le ipotesi sul tavolo sono diverse, con l'obiettivo dichiarato di bypassare lo stop dei giudici ai trattenimenti evitando però lo scontro frontale. Si starebbe in particolare riflettendo sulla possibilità di cambiare il format dei centri in Albania, trasformandoli in Centri per il rimpatrio. Così in quelle strutture non sarebbero più trasferiti i migranti caricati dai pattugliatori della Marina nelle acque internazionali del Mediterraneo in attesa delle procedure di frontiera accelerate, ma Shengjin e Gjader diventerebbero centri per gli irregolari già presenti in Italia e su cui pende un decreto di espulsione. Si eviterebbe così il passaggio dai giudici per la convalida del trattenimento nelle strutture che è invece obbligatorio nel caso di richiedenti asilo. Uno dei problemi sul tavolo sarebbe rappresentato però dalla necessità di rivedere il Protocollo con Tirana, con relativo nuovo passaggio in Parlamento che comunque allungherebbe i tempi per rendere operative le novità.
Al via la mozione di sfiducia alla Santanchè
La Ministra Daniela Santanchè deve affrontare la prova della sfiducia del Parlamento. A chiederne le dimissioni sono il M5S, Pd e Avs dopo il rinvio a giudizio per falso in bilancio nell'inchiesta Visibilia e quello che incombe per truffa aggravata all'Inps. Il voto però è rinviato. In ogni caso dalla maggioranza, il sostegno sembra indebolirsi, almeno a contare i deputati in aula a Montecitorio: nessuno di FI, solo una leghista ai banchi del Governo (la viceministra all'Ambiente Vannia Gava) e 11 di FdI, più i due Ministri meloniani che le stanno accanto, al centro dell'Aula, Nello Musumeci e Luca Ciriani. Entrambi negano che le assenze in aula siano segno di distanza e isolamento verso Santanchè e tanto meno che lei stessa sia amareggiata. Per il momento comunque la maggioranza è convinta che la mozione non passerà. Le opposizioni invece attaccano contestando il “conflitto d’interessi vivente che è la Ministra”, l'attaccamento alla poltrona e le bugie ai cittadini. Non va meglio nel centrodestra, dove resta, anche se sottotraccia, l'imbarazzo e il gelo nei confronti della Ministra che, per carattere e per convinzione, sembra decisa a restare al suo posto.
Salvini incontra Netanyahu e conferma la sintonia con la visione di Trump
Matteo Salvini è volato in Israele per un giro di colloqui con i vertici dello stato ebraico. Prima una bilaterale con il Ministro degli Affari Esteri Gideon Sa'ar, poi a Gerusalemme l'incontro con il Ministro degli Affari della Diaspora e dell'Antisemitismo Amichai Chikli, quindi il faccia a faccia, di mezz'ora, con Benjamin Netanyahu. Una visita delicata e importante non solo per confermare e rafforzare le forti relazioni tra la Lega ed il Likud, ma anche per fare il punto della situazione all'indomani della visita a Washington del Primo Ministro israeliano e per ribadire i rapporti di amicizia tra Italia e Israele. Con una premessa: la conferma del sostegno al percorso di pace e stabilità in Medio Oriente. In questo quadro, il vicepremier e Ministro italiano ha ribadito le forti perplessità rispetto alla decisione della Corte Penale Internazionale nei confronti di Netanyahu. In Israele è ben noto il posizionamento politico di Salvini e la forte sintonia con la nuova Amministrazione Usa di Donald Trump. E nella mezz'ora di colloquio a Gerusalemme con il premier, questa linea è stata confermata insieme al sostegno “a ogni iniziativa utile per portare pace, stabilità e prosperità in MO, eliminando una volta per sempre terrore e violenza islamica da ogni territorio: nell'interesse dello stesso popolo palestinese”.
Nordio tenta il dialogo con la Cpi. Presentata mozione di sfiducia per il ministro
Dopo le tensioni scoppiate sul caso Almasri, il Governo cerca di trovare un terreno di confronto con la Corte penale internazionale, un’interlocuzione che ha come obiettivo primario quello abbassare i toni, dopo giorni di attacchi, e in secondo luogo quello di individuare procedure che possano scongiurare il ripetersi di quanto avvenuto per il generale libico. Il Tribunale incassa intanto il sostegno dell'Unione Europea dopo le parole di Trump: “Il sistema di cooperazione multilaterale è cruciale per avere giustizia e la difesa dello stato di diritto. E oggi questo sistema” sottolinea il Commissario Ue alla Giustizia, l'irlandese Michael McGrath “viene messo in discussione” dal presidente degli Stati Uniti. Una “sfida alla Cpi che avrà un impatto sulla stabilità a livello mondiale”. Per questo, assicura, l'Ue difenderà “a spada tratta la Cpi, che promuove da sempre pace e libertà”.
Da via Arenula è partita una richiesta informale al Tribunale dell'Aja per avviare delle consultazioni, un confronto sulle criticità che hanno costellato il caso del generale libico accusato di crimini contro l'umanità. L'obiettivo è di avviare una sorta di agreement per una migliore collaborazione futura. All'attenzione dei giudici c'è un documento in cui si chiedono alcuni chiarimenti e s’individuano ipotesi per facilitare la comunicazione in futuro. Sul tappeto ci sarebbero anche alcune proposte, tra le quali quella di rivedere le procedure di invio al ministero dei mandati di cattura internazionali. Si valuta una sorta di comunicazione diretta in modo da eliminare il passaggio con l'ufficiale di collegamento dell'ambasciata italiana in Olanda. Dal canto suo la Cpi fa filtrare che al momento non sarebbe arrivata alcuna comunicazione di indagini nei confronti dell'Italia per quanto avvenuto tra il 19 e il 21 gennaio con il rilascio e l'espulsione di Almasri rimpatriato a bordo di un Falcon.
Sul fronte interno, però, il clima sulla giustizia resta rovente, con le opposizioni sul piede di guerra contro il ministro della Giustizia Carlo Nordio, oggetto di una mozione di sfiducia che è stata presentata da tutti i gruppi in Parlamento. E c'è poi il fronte più strettamente giudiziario, quello aperto dalla Procura di Roma che ha iscritto la premier Meloni e i ministri della Giustizia e dell'Interno nel registro degli indagati dopo una denuncia presentata dall'avvocato Luigi Li Gotti in cui s’ipotizzano i reati di favoreggiamento e peculato. L'iniziativa del procuratore Lo Voi ha scatenato una violenta reazione di Palazzo Chigi nei suoi confronti, un attacco su cui è tornata l'Anm, esprimendo “vicinanza e solidarietà” al procuratore della Capitale oggetto, per il sindacato delle toghe, di una “ingiustificata e gratuita aggressione mediatica solo per aver rispettato il disposto della legge costituzionale in materia di reati ministeriali”.
Caso Almasri: è partita l’indagine del Tribunale dei Ministri. Giallo al ministero
Il clima teso con le opposizioni non è l'unico fronte nell'inchiesta sul caso Almasri, che vede indagati i vertici di Governo. Le indagini del Tribunale dei ministri partono tra stupore e punti interrogativi che si diffondono innanzitutto negli uffici di via Arenula: a oltre dodici ore dalla notizia diffusa dal Corriere della Sera e da Repubblica secondo cui sarebbe stata chiesta l'acquisizione di una serie di atti al ministero della Giustizia, il Guardasigilli Carlo Nordio e il suo capo di gabinetto non risultano a conoscenza di alcun ordine di esibizione documentale da parte dei magistrati. Si tratta dei documenti che servono per ricostruire quanto accaduto tra l'arresto e il successivo rilascio del generale libico, avvenuto due giorni dopo, su cui pendeva un mandato di arresto internazionale diffuso dalla Corte dell'Aja. L'obiettivo è capire la sequenza esatta e i tempi di azione: per questo nel materiale acquisito ci sarebbero le interlocuzioni tra il Tribunale e il ministero della Giustizia, tra la Corte penale internazionale, l'ufficio di collegamento dell'ambasciata italiana in Olanda e via Arenula, e la bozza del provvedimento preparato dai funzionari dello stesso dicastero, che rimase tale e che doveva servire a tenere in carcere il generale libico. Per ora dal Ministero nessun commento ufficiale anche perché non sarebbero ancora stati informati.
In ogni caso le opposizioni attaccano. Alla Camera i gruppi di Avs, Pd e M5S hanno chiesto, rivolgendosi alla presidenza, spiegazioni sulle carte che il Ministro, durante l'informativa sul caso Almasri, aveva mostrato in Aula e che riguardavano le due versioni del mandato d'arresto spiccato dalla Corte Penale internazionale nei confronti del libico. Alla richiesta si sono associati anche gli altri gruppi mentre il Pd ha inoltre chiesto che a intervenire sia Giorgia Meloni. Dal canto suo il vicepresidente di turno della Camera Giorgio Mulé si è già detto disponibile: “Chiederemo se sono intervenute ragioni successive per cui il Ministro ha ritenuto, lui o altri, di non inviare” quella documentazione. Contro il Ministro Carlo Nordio le opposizioni (tranne Azione) hanno firmato una mozione di sfiducia e sono pronte a dare battaglia.
La Lega insiste sulla pace fiscale e temporeggia sul congresso del partito
La Lega insiste sulla pace fiscale e si fa scudo, ora, del via libera dato dal ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. La questione, promossa a nuova battaglia della Lega, domina la discussione del Consiglio federale, durata un paio d'ore e così il congresso nazionale del Carroccio resta ancora senza una data: previsto finora a marzo, dovrebbe slittare ad aprile, prima di Pasqua, e aumentano le quotazioni perché si svolga a Roma. Dalla Lega, l'unica indicazione ufficiale è che sarà “in primavera”, complici ragioni pratiche come, ad esempio, la scelta degli ultimi delegati. In ogni caso, adesso i riflettori puntano alla rottamazione delle cartelle, una proposta condivisa in teoria dal resto del Governo ma tutta in salita per la fattibilità economica. Matteo Salvini però è ottimista: “Troveremo, come sempre, l'intesa con gli alleati”. Eppure, sono proprio loro, e in particolare FdI, a storcere il naso. Soprattutto per l'insistenza dei leghisti.
Alle riserve già espresse dal viceministro dell'Economia Maurizio Leo si aggiunge Luca Ciriani: “Siamo tutti favorevoli, il problema è trovare le risorse e garantirle”. Fratelli d'Italia insomma frena. Così come aveva fatto Antonio Tajani chiarendo che, per FI, la priorità è il taglio dell'Irpef e non altro. Del resto, non è chiaro quanto costerebbe il meccanismo che permette ai contribuenti di mettersi in regola con il fisco pagando i debiti senza interessi e sanzioni: la stima si aggira sui 5 miliardi, cioè il doppio di quanto potrebbe servire per ridurre l'Irpef al ceto medio. Ma per il Carroccio, la rottamazione è ormai la nuova bandiera.
Un obiettivo votato “all’unanimità”, sottolinea il partito in serata, per regolarizzare “chi voleva pagare le tasse, ma non è stato nelle condizioni di farlo”. In altre parole, non è un regalo agli evasori ma piuttosto un aiuto a chi è moroso, è la tesi dei leghisti sostenuta anche dal ministero dell'Economia. Perciò, attenti a far passare il messaggio giusto, l'opzione migliore sarebbe quella di proporre la rottamazione con un provvedimento ampio e condiviso da tutto il Governo, piuttosto che un'iniziativa di un partito. “Giorgetti ha confermato che al Mef sono già al lavoro per trovare una soluzione tecnica”. Del resto al Senato è aperto anche il fronte della rottamazione quater, che la Lega vorrebbe rinnovare chiedendo, cioè, che si estenda alle cartelle successive al 2022. La questione sta animando, e rallentando, l'iter del decreto proroga termini, l'approdo in Aula rischia di slittare alla prossima settimana.
È scontro alla Camera sulla pdl per la settimana corta
Non si attenua lo scontro tra maggioranza e opposizioni nelle Aule parlamentari. Una nuova occasione arriva dalla proposta di legge sulla settimana corta. La Camera ha infatti approvato, per 29 voti di differenza, la richiesta della maggioranza di rinviare in Commissione la pdl che prevede la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario. La motivazione è la mancanza di coperture, per la quale è necessario un ulteriore approfondimento. Subito dopo Pd e M5S chiedono la convocazione della conferenza dei capigruppo, che viene fissata in serata. Ma anche da lì escono delusi: “Come avevamo previsto, abbiamo preso atto che il Governo non è nelle condizioni di dire nulla sui tempi in cui la pdl tornerà in Aula, su quando verrà presentata un'eventuale proposta della maggioranza, e quindi noi denunciamo ancora una volta che questa pdl, per noi fondamentale, è stata buttata in tribuna per evitare di occuparsi di un tema così importante per milioni di lavoratori”, dice la capogruppo del Pd Chiara Braga.
“La destra fa sempre la stessa mossa: quando si tratta dei diritti di chi lavora, sceglie sempre la strada dell'insabbiamento, del rinvio, della fuga”, dice Elly Schlein. “La settimana corta è la bussola che in tutta Europa sta guidando le grandi democrazie. Persino Giorgia Meloni fa fatica ad andare contro una domanda che viene da lavoratori e imprese. Continueremo a incalzarli: abbiano il coraggio di fare una proposta e aprire un confronto”, aggiunge. Giuseppe Conte attacca: “in Parlamento sono scappati di nuovo, mentre si discuteva proprio la nostra pdl per sperimentare anche in Italia la settimana corta. Dicono che mancano i soldi? Una scusa ridicola di chi investe tutto in armi, non tassa gli extraprofitti miliardari delle banche e aumenta gli stipendi ai ministri”. In Aula è il presidente della Lavoro Walter Rizzetto a chiedere il rinvio in Commissione, poi approvato: “Sul provvedimento si è riunito il comitato dei nove per l'eventuale esame delle proposte emendative ma alla luce dei lavori della commissione Bilancio e del testo che ci ha fornito, emergono delle criticità sotto i profili di copertura finanziaria, oltre ad alcuni rilievi che la Commissione Bilancio ha formulato. Si parla di possibili effetti onerosi per la finanza pubblica e di portata normativa rispetto al provvedimento in esame. La stima è nell'ordine di 8 miliardi di euro”.
È fumata bianca sui giudici della consulta. Soddisfazione di Meloni
Dopo mesi di stallo, sconvocazioni e tredici scrutini andati a vuoto, si raggiunge finalmente in Parlamento l’elezione dei quattro giudici della Corte Costituzionale. Le trattative andate in scena fino a tarda notte tra maggioranza e opposizione, con contatti tra la premier Giorgia Meloni e la segretaria dem Elly Schlein, producono l’attesa fumata bianca. Al termine dello spoglio risultano eletti Massimo Luciani (in quota Pd, con 505 voti); Roberto Cassinelli (in quota FI, con 503 preferenze); Maria Alessandra Sandulli (nome ‘tecnico’, con 502 voti) e Francesco Saverio Marini (in quota FdI, 500 preferenze). “Habemus papam” affermano lasciando l'Aula di Montecitorio i presidenti di Senato e Camera Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana, e quest’ultimo aggiunge scherzando: “Stavolta c'era il presidente Mattarella infatti abbiamo risolto, serviva lui”, con riferimento alla presenza del Capo dello Stato nella Sala della Regina per la presentazione di due volumi storici della collana ‘Fecero la scelta giusta’ dal titolo ‘I poliziotti che si opposero al nazifascismo e I poliziotti che soccorsero gli ebrei’.
Il via libera è salutato con soddisfazione da Palazzo Chigi: Meloni invia a nome proprio e del Governo gli auguri ai nuovi giudici esprimendo la propria “soddisfazione per l’ampio accordo raggiunto tra le forze parlamentari, che ha consentito la ricostituzione del plenum della Consulta”. Sulla stessa lunghezza d’onda Elly Schlein che sottolinea come “l'accordo ha tenuto con grande compattezza, sia dell'opposizione che della maggioranza, quindi molto bene. C'è molta soddisfazione”. L’intesa sui nomi si concretizza al mattino, con quello in quota FI che viene ufficializzato poco prima della chiama: non più Gennaro Terracciano, prorettore e professore ordinario di diritto amministrativo all'Università Roma Foro Italico, ma Roberto Cassinelli avvocato 69enne genovese, già deputato e senatore azzurro, che però alla fine non risulta essere l’unico di FI a raccogliere preferenze.
Oltre ai quattro eletti, infatti, prendono voti anche due esponenti di FI inizialmente inseriti nella rosa dei papabili: il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto (4 preferenze) e il senatore Pierantonio Zanettin (5 voti). Un segnale di un non perfetto allineamento nel partito, i malumori, tuttavia, vengono smentiti dal segretario Antonio Tajani: “Non c'è mai stato un problema dentro FI: che ci fossero legittime aspirazioni sì, ma non abbiamo mai litigato, abbiamo sempre detto fin dall'inizio, e i parlamentari lo sapevano, che c'era un accordo di tutti i partiti di non mettere parlamentari in carica”. In maggioranza a far discutere c’è però anche il risultato di Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico di Palazzo Chigi e tra gli autori del premierato, ultimo degli eletti con 500 preferenze; in FdI c’è infatti chi sospetta che il ‘piazzamento’ sia dovuto a qualche voto mancante da parte della Lega.
Giorgetti annuncia misure sul caro bollette
È in arrivo un provvedimento sul caro-bollette: lo preannuncia il Ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. “Nelle prossime settimane un provvedimento con riferimento alle dinamiche dei prezzi dovrà essere assunto”, ha assicurato Giorgetti durante il question time al Senato, “L'andamento dei prezzi dell'energia e le bollette non dipendono dal Governo ma da dinamiche estranee, speculative su cui l'attenzione del Governo è massima”, e dunque una “riflessione su ciò che è significato il passaggio al libero mercato degli utenti del mercato elettrico deve essere fatta”. Il rischio di rincari potrebbe vanificare il contenimento dell'inflazione, scesa da picchi del 12% dopo la crisi energetica a un livello vicino all'1%. “Per le famiglie abbiamo fatto uno sforzo importante con il cuneo fiscale e contributivo” e “il potere d'acquisto è aumentato”, rivendica il Ministro respingendo le accuse dell'ex premier Matteo Renzi che lo incalza. In arrivo anche un aggravio per le imprese che dovranno mettersi in regola con l'obbligo di stipulare contratti assicurativi per rischi catastrofali: salta la richiesta di un ulteriore slittamento del termine per adeguarsi e le aziende per mettersi in regola hanno tempo fino al 31 marzo 2025.
Salta anche la proroga del concordato biennale: la Commissione affari costituzionali del Senato ha approvato l'emendamento riformulato al decreto milleproroghe che riapre la rottamazione quater solo per chi, non avendo pagato o avendo pagato in ritardo una rata, è decaduto dal beneficio. Il provvedimento, intanto, ieri è stato approvato in prima lettura al Senato con voto di fiducia e ora passerà alla Camera per l’approvazione definitiva. Nelle parole del Ministro dell'Economia la crescita che si è fermata riflette il peggioramento della crescita globale, europea e in particolare della Germania “da due anni in recessione, diversamente dall'Italia”. Ma a ricordare che i due motori manifatturieri d'Europa sono sulla stessa barca arrivano i dazi di Trump: se il rapporto personale della premier Giorgia Meloni col presidente Usa aveva fatto sperare in misure mirate che risparmiassero l'Italia, le ultime uscite di Trump fanno intravedere dazi generalizzati a tutto spiano a partire dall'acciaio. Insomma, per il Governo si annunciano settimane nelle quali dovranno essere trovate soluzioni percorribili e sostenibili così da non vanificare i risultati ottenuti in questi primi due anni di legislatura.
Trump annuncia dazi reciproci. L’Ue rischia e si prepara
Dopo averli promessi per mesi in campagna elettorale, Donald Trump apre un nuovo capitolo della sua guerra commerciale, quello delle tariffe reciproche che colpiranno tutti i Paesi che tassano i beni americani. La misura rischia di infliggere un nuovo colpo all'Europa. Il presidente ha dato indicazione ai suoi consiglieri commerciali di elaborare un piano per i dazi reciproci, che saranno imposti “Paese per Paese”, a partire da quelli con cui gli Stati Uniti hanno il maggiore deficit commerciale. Le tariffe reciproche scatteranno probabilmente il 2 aprile, ha detto Howard Lutnick, nominato Ministro al commercio, impegnandosi a completare uno studio dettagliato sulla misura annunciata da Trump, prima quindi di una sua attuazione. Nell'esame rientrerà anche l'imposta sul valore aggiunto: “Sarà considerata un dazio”, ha spiegato il presidente annunciando che presto saranno varati anche i dazi sulle auto. Gli alleati degli Stati Uniti sono “spesso peggio dei nostri nemici” sul fronte commerciale, ha detto Trump dallo Studio Ovale, criticando l'Ue per non riservare un buon trattamento agli Usa.
Bruxelles sta affilando le armi per rispondere agli affondi commerciali del presidente americano anche se il dialogo resta la via privilegiata. “La cooperazione rimane la nostra opzione preferita. Restiamo impegnati in un dialogo costruttivo e nella ricerca di soluzioni negoziate, tutelando al contempo gli interessi dell'Ue così come gli Stati Uniti proteggono i propri”, ha detto il portavoce della Commissione Ue riferendo del recente colloquio fra il commissario europeo al Commercio Maros Sefcovic e il segretario al Commercio nominato degli Stati Uniti, Howard Lutnick. “Nel quarto trimestre del 2024, le importazioni statunitensi sono rimaste una determinante fondamentale della crescita del commercio mondiale” ma, “in prospettiva”, la situazione potrebbe cambiare perché con “nuovi dazi” si manifesterebbero “andamenti sfavorevoli”, ha messo in guardia la presidente della Bce Christine Lagarde.
Il Copasir ascolterà Lo Voi sul caso Caputi la prossima settimana
La prossima settimana il Copasir ascolterà il Procuratore di Roma Francesco Lo Voi. Il capo dei pm capitolini è stato convocato dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica in merito alla vicenda legata alla gestione degli atti nell'indagine partita da una denuncia del capo di gabinetto della premier Giorgia Meloni Gaetano Caputi. All'orizzonte, sullo sfondo delle tensioni di questi giorni tra Governo e magistratura, si intravedono però anche spiragli di dialogo: Palazzo Chigi ha concordato l'incontro con i nuovi vertici dell'Associazione nazionale magistrati per il prossimo 5 marzo e lo stesso neoeletto presidente del sindacato delle toghe Cesare Parodi, chiedendolo lui stesso, si era detto “pronto al confronto” con il Governo sulla riforma della Giustizia.
Intanto resta sotto i riflettori la vicenda che riguarda invece il procuratore di Roma. Come fatto filtrare nei giorni scorsi Lo Voi ha atteso la formale convocazione nella “sede opportuna” per spiegare le scelte dell'Ufficio e sostenere la corretta applicazione delle norme. L'audizione arriva dopo che il Dis ha presentato un esposto alla Procura di Perugia, che ha avviato un fascicolo di indagine, lamentando la violazione del comma 8 dell'articolo 42 della legge speciale istitutiva dei servizi segreti. Per i denuncianti piazzale Clodio, a cui era stata trasmessa una informativa dai servizi classificata come “riservata”, avrebbe dovuto adottare le necessarie cautele per evitarne l'indebita diffusione. Dal canto suo Lo Voi, davanti al Copasir, illustrerà la sua difesa ribadendo di essere rimasto nel solco di quanto delineato dalla norma. Per il Procuratore capitolino non c'è stato alcun reato in quanto la norma speciale viene applicata in caso di azione coattiva da parte della Procura, con ordine di esibizione di atti al Dis. Nel caso in esame ciò non sarebbe avvenuto: nessun ordine e quindi nessuna infrazione della legge.
È stata, invece, correttamente applicata la legge generale a tutela del diritto di difesa con il deposito degli atti nella chiusura delle indagini a carico di alcuni giornalisti. Sul fronte Csm, Lo Voi, che ha incassato la solidarietà e il sostegno dell'Anm su quanto accaduto per la vicenda Almasri e in particolare l'iscrizione nel registro degli indagati della presidente del consiglio Giorgia Meloni e dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi dopo un esposto presentato dall'avvocato Luigi Li Gotti, è stato oggetto di due richieste di apertura pratiche presentate dai membri laici del centrodestra, in cui si chiede di valutare dal punto di vista disciplinare la condotta del procuratore sia sul caso del generale libico che per vicenda Caputi.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall’Istituto SWG il 10 febbraio, tra i partiti del centrodestra rimane stabile Fratelli d’Italia al 29,5%. In seconda battuta il PD perde 0,3 punti e arretra al 22,3%. Terza forza nazionale il Movimento 5 Stelle che rimane fermo all’11,8%. Salgono Forza Italia dello 0,1% (9,2%) e la Lega dello 0,2% (8,5%). Nella galassia delle opposizioni, AVSguadagna uno 0,2% e sale al 6.7% , mentre i centristi sono rilevati singolarmente con Azione (3,1%), IV (2,9%) e +Europa (1,9%). Chiudono il quadro settimanale le rilevazioni con Noi Moderati all’1,1%.
La stima di voto per la coalizione di centrodestra (FdI, Lega, FI e NM), riprende a crescere, attestandosi al 48,3% rispetto al 48,1% della settimana scorsa. Il centrosinistra (Pd, All. Verdi Sinistra) registra il 29,0% delle preferenze arretrando di 0,1 punti; fuori da ogni alleanza, il M5S rimane stabile all’11,8%. A chiudere il Centro, perde 0,2 punti attestandosi al 7,9%.
- Meloni è al lavoro per il rilancio dei centri in Albania
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