Domenica 4 marzo si sono tenute le Elezioni Politiche per il rinnovo del Parlamento e, in contemporanea, le Elezioni Regionali nel Lazio e in Lombardia. Per le consultazioni politiche, hanno votato il 72,9% degli elettori alla Camera (-2,2 rispetto al dato del 2013).

Il voto del 4 marzo segna uno spartiacque nella recente storia politica europea. Per la prima volta, partiti espressione del sentimento anti-establishment raggiungono la maggioranza assoluta dei voti. In particolare, il Movimento 5 Stelle si impone come prima forza del paese con il 32,7% dei voti, superando di gran lunga il secondo partito più votato, il Partito Democratico (18,7%). Per il centrosinistra, che nel complesso ha raccolto il 22,8%, si tratta di un’elezione negativa dato che nessuna delle liste alleate del Pd riesce a superare la soglia di sbarramento del 3%.

Il risultato negativo del Pd è amplificato dall’esplosione della Lega che arriva al 17,4%, a 450mila voti dall’essere la seconda forza del paese. Completano il risultato della coalizione di centrodestra, che in totale ha raccolto il 37%, Forza Italia con il 14% dei voti, Fratelli d’Italia con il 4,3% e Noi con l’Italia-Udc che raggiunge l’1,3%, ma che non supera la soglia sbarramento del 3%.

Com’era immaginabile prima del voto, nessuna forza politica ha raggiunto la soglia del 40% nella parte proporzionale e conquistato il 70% dei collegi uninominali. Ne consegue che nessun partito o coalizione potrà governare autonomamente. Per formare il prossimo Governo bisognerà trovare un accordo in Parlamento. Preoccupato per la situazione di stallo, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha richiamato alla massima responsabilità tutte le forze politiche.

Arrivare alla formazione del prossimo esecutivo non sarà affatto semplice. I risultati del voto disegnano un assetto essenzialmente tripolare formato da Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e centrodestra sempre che rimanga unito. I pentastellati, che sono il primo partito del paese, si aspettano che Mattarella assegnai a loro il mandato esplorativo. Poi c’è il centrodestra guidato da Matteo Salvini che per via dell’ottimo risultato elettorale avrebbe le carte per ricevere l’incarico anche se dovrà dare ampie rassicurazioni sulla propria tenuta interna. Entrambe le formazioni sono alla ricerca di alleati esterni con cui concordare un programma condiviso.

In casa del Partito Democratico la tensione è altissima. Ad agitare il Nazareno non è solamente il disastro elettorale ma il ruolo di Matteo Renzi. A prendere le distanze dal Segretario, che ha annunciato le proprie dimissioni, sono quasi tutte le correnti interne, da Franceschini di Area Dem a Orlando, a quelle che fanno capo a Emiliano e Cuperlo. A pesare, la decisione di non dimettersi immediatamente e di voler gestire la fase di formazione del prossimo Governo.

Lunedì prossimo ci sarà la Direzione Nazionale. Un appuntamento che certificherà la volontà del Pd di stare all’opposizione il che escluderebbe ogni tipo di alleanza con il centrodestra ma soprattutto con il Movimento 5 Stelle. Se così sarà deciso, la strada per la formazione del prossimo esecutivo si complicherà ulteriormente.

La Direzione affiderà la reggenza del partito a Maurizio Martina, nell'attesa dell'Assemblea che ad aprile sceglierà se eleggere un Segretario di transizione o indire subito le primarie. Intanto già iniziano i primi movimenti per la leadership del partito: Nicola Zingarettti ma anche Carlo Calenda potrebbero lanciarsi e partecipare alle primarie.

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Settimana Politica 3 - 9 marzo 2018



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