Le Commissioni riunite Ambiente e Attività produttive della Camera hanno iniziato il 15 febbraio la discussione delle risoluzioni sulle iniziative finalizzate a fronteggiare l'aumento delle bollette di luce e gas e a favorire la produzione nazionale di energia da fonti rinnovabili (7-00779 Massimiliano De Toma – FdI e 7-00787 Gianluca Benamati – PD).
Massimiliano De Toma (FdI) ha osservato che il Paese sta affrontando una crisi energetica che, senza esagerare e pur con dei distinguo, forse è paragonabile a quella indotta dalla crisi del petrolio negli anni 70 del secolo scorso i cui effetti generarono una crisi economica senza eguali dal dopoguerra. Ha rilevato che ora la storia sembra ripetersi ma quella crisi di quasi cinquant'anni fa non sembra aver insegnato nulla a chi ha governato allora e chi governa oggi il nostro paese che si trova nelle condizioni di essere energeticamente vulnerabile, dipendente dall'estero, mentre si dovrebbe fare ogni sforzo possibile per renderlo indipendente.
Riportando i contenuti di un colloquio avuto qualche giorno addietro, ha riferito di essere stato colpito da un'affermazione del suo interlocutore, affermazione che peraltro non è lontana dalla sua posizione politica, secondo la quale la produzione italiana potrebbe essere di almeno 10 miliardi di metri cubi all'anno maggiore dell'attuale che, ai prezzi correnti, di fatto significa avere rinunciato a 8 miliardi di euro di valore di gas italiano, lasciato sottoterra, gas che deve essere invece importato con l'ulteriore conseguenza che si tratta di un pezzo di PIL, che viene trasferito all'estero. Anche per questo l'Italia dovrebbe rapidamente rivedere la propria politica energetica dotandosi degli strumenti più appropriati per garantirsi l'indipendenza energetica attraverso un mix che sia il più equilibrato possibile, a partire dalle fonti rinnovabili.
Ha quindi fatto presente che, nel frattempo – ancorché l'auspicio di tutti sia che la crisi ucraina si avvii verso una pacifica risoluzione – è passato più di un mese da quando il Presidente del Consiglio, il 10 gennaio, dichiarò che sull'emergenza bollette di luce e gas sarebbero stati presi provvedimenti. Ha sottolineato che a quelle dichiarazioni non sono seguiti i fatti e che quindi il suo gruppo ha sentito il forte dovere di delineare alcune possibili risposte a favore del Paese e presentare la risoluzione contenente una piattaforma di interventi sui quali avviare un sereno dibattito, al fine di condividerli con tutte le forze politiche.
Preferendo non dilungarsi sui contenuti della risoluzione, ha ricordato solo alcuni punti in essa contenuti la cui condivisione è di fondamentale importanza per le famiglie italiane e per le imprese.
Ad avviso del suo gruppo: occorre adottare misure urgenti per ridurre subito il peso fiscale, e dunque il costo finale, dei prodotti energetici, almeno per un certo periodo di tempo; occorre favorire e sostenere i processi e i progetti di transizione ecologica per lo sviluppo, il potenziamento, la ristrutturazione, l'accessibilità, l'efficientamento e la riconversione degli asset produttivi e commerciali dell'impresa; occorrerebbe poi promuovere iniziative di partenariato, tra il MITE e il sistema nazionale della ricerca universitaria, nei settori delle energie rinnovabili, inclusa la ricerca scientifica per la produzione e lo sviluppo competitivo di tecnologie e prodotti energetici per uso civile e industriale, così da valorizzare anche le infrastrutture presenti sull'intero territorio nazionale.
Ha sottolineato che quelle menzionate sono solo alcune tra le misure individuate nella risoluzione ed ha auspicato un sereno e franco prosieguo della discussione anche favorendo l'avvio di un rapido ciclo di audizioni dei soggetti maggiormente coinvolti sui temi energetici e nella transizione ecologica, essendo certo che il Paese si attende dal Parlamento una presa di posizione comune, concreta e capace di dare risposte immediate alle famiglie e alle imprese.
De Toma ha concluso evidenziando che per quanto l'attuale contesto sia difficile, l'Italia non può permettersi il lusso di dipendere solo da quanto accade fuori dei propri confini ma deve tornare a considerarsi centrale e mettere in campo una strategia e quindi scegliere cosa fare e con chi farlo. Ha sottolineato, in ultimo, che efficaci iniziative in materia di energia e carburanti debbono prevedere anche risposte giuste sul versante delle infrastrutture in quanto senza un intervento sulle infrastrutture non potrà essere assicurata nessuna transizione all'elettrico e all'idrogeno.
Gianluca Benamati (PD) ha sottolineato, preliminarmente, che l'incremento dei prezzi dell'energia trova origine in situazioni di carattere strutturale oltre che dipendere da ragioni di tipo congiunturale e che il processo di decarbonizzazione dovrà traguardare al 2050 e avere diverse fasi, prima e dopo il 2035. Ha rilevato che tale processo si muove in linea con i piani e la strategia energetici nazionali, come il PNIEC, piani che ha affermato di ritenere tuttora validi anche se taluni obiettivi dovranno essere rivisti al rialzo e, soprattutto dopo il 2035, ci sarà bisogno di puntare decisamente su altre fonti rinnovabili, determinando un cambiamento del mix energetico e una progressiva riduzione del peso del gas. A suo avviso tuttavia l'attuale mix energetico pone l'Italia tra quei Paesi che molto hanno fatto per avviarsi decisamente verso la decarbonizzazione ed ha evidenziato che l'utilizzo del gas deve essere considerato un elemento di sostegno al complesso delle esigenze energetiche.
Ha fatto quindi presente che la risoluzione si pone anche come momento di riflessione circa le cause, strutturali e congiunturali, dell'aumento dei prezzi evidenziando che questo dipende non solo da attriti geopolitici e dal calo della produzione globale determinato dagli effetti della pandemia sull'economia mondiale ma anche dal grado di velocizzazione della diffusione delle fonti di energia rinnovabili.
Ha affermato di ritenere che sia stato opportuno l'intervento del Governo a sostegno delle famiglie e delle imprese di fronte all'emergenza causata dall'aumento dei costi dell'energia, nonché di condividere le misure volte a ridurre i costi fiscali e parafiscali a vantaggio di chi consuma energia. Si tratta di un'azione che deve continuare però con misure che vadano oltre, in modo diverso, rispetto a quanto finora fatto. Innanzitutto, si tratta di modificare, o almeno cercare di farlo con decisione, il meccanismo di formazione dei prezzi dell'energia nel mercato italiano, considerando altresì le diverse strutture dei costi delle differenti componenti.
Ha osservato inoltre che si impone una riflessione sulla tematica riguardante l'estrazione di gas dai giacimenti nazionali nonché sull'uso delle scorte di gas in stoccaggio, e ciò per gli effetti che tali elementi potrebbero comportare in materia di formazione e contenimento dei prezzi dell'energia. Ha fatto poi presente che la risoluzione punta anche a ridefinire le quote di rifornimento di carburante ed energia da altri Paesi, esortando ad una maggiore diversificazione delle fonti di approvvigionamento e, pur rafforzando le attuali importazioni, accrescerle da altri contesti geopolitici utilizzando anche le possibilità fornite da un più massiccio impiego del TAP. Ha segnalato inoltre che la risoluzione invita a velocizzare la penetrazione della produzione energetica da fonti rinnovabili, anche al fine di cogliere gli obiettivi del PNIEC. In particolare, ha segnalato che dovrebbero essere coinvolte le imprese a sostegno degli investimenti nazionali nel settore delle Fer elettriche e che dovrebbero essere identificate con celerità le aree idonee per l'installazione di queste ultime nonché velocizzare le procedure di autorizzazione per l'installazione di fonti di energia rinnovabile.
Dopo aver rimarcato che per le nostre imprese il costo maggiorato dell'energia comporta la perdita di competitività, ha fatto presente che l'energia è una materia prima da difendere anche per tutelare la ricchezza e la prosperità della nazione.
Testi delle risoluzioni
Le Commissioni VIII e X,
premesso che:
nella Conferenza stampa di lunedì 10 gennaio 2022 il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato sull'emergenza relativa alle bollette di luce e gas che è previsto vengano presi altri provvedimenti per affrontare l'emergenza bollette nel trimestre successivo e nei mesi a seguire;
allo stato, il Governo ha messo in campo, con la legge di bilancio per l'anno 2022, risorse per circa 3,8 miliardi di euro per il primo trimestre del 2022, tra azzeramento degli oneri di sistema e potenziamento dei bonus sociali (lo sconto per i nuclei più svantaggiati) ma, tuttavia, tali risorse non sono ancora state utilizzate mentre gli effetti dei rincari dei prodotti energetici, compresi quelli delle bollette di luce e gas, sono attuali, immediati ed hanno pesanti riflessi sulle famiglie;
il Prezzo unico nazionale (Pun) dell'energia elettrica ha subito aumenti anche per punte del 540 per cento come prezzo medio giornaliero;
a dicembre 2021 l'inflazione ha toccato un rialzo al 3,9 per cento (dato più alto registrato da agosto 2008) anche e soprattutto a causa del caro energia, comportando la conseguente ricaduta sul potere d'acquisto delle famiglie, sulle filiere produttive e l'aumento dei costi di produzione per le imprese, soprattutto quelle energivore, le quali saranno costrette a scaricare a valle il maggior onere con una spinta al rialzo dei prezzi che innescherà un meccanismo recessivo dei consumi;
il conto energetico rischia di essere ancora più oneroso soprattutto per le imprese medio-grandi, rimaste escluse dai provvedimenti emergenziali adottati dal Governo;
viene colpita dal caro energia tutta la manifattura italiana, fortemente vocata all'export, che senza un intervento urgente da parte del Governo corre il rischio di non poter sostenere la concorrenza di quei Paesi dove l'energia ha un costo sensibilmente inferiore a quello italiano come, ad esempio, i Paesi asiatici dove è prevalente l'utilizzo del carbone che inquina di più rispetto a fonti eco-sostenibili;
gli aumenti determinati dalla congiuntura internazionale del caro energia, annunciati dall'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera), a partire dal 1° gennaio 2022 per la famiglia tipo in tutela, saranno del +55 per cento per la bolletta dell'elettricità e del +41,8 per cento per quella del gas per il primo trimestre del 2022 e, secondo recenti stime, nel medesimo periodo il gas metano potrebbe addirittura raggiungere un rincaro del +61 per cento;
gli effetti recessivi derivanti dal «caro energia», sommandosi a quelli prodotti nel nostro Paese dall'epidemia da Covid-19 iniziata nel gennaio del 2020 con la dichiarazione dello stato di emergenza che, tuttavia, prosegue ininterrotto, aggraveranno la già complessa e generalizzata situazione di crisi che ha colpito l'Italia nell'ultimo decennio;
non è sufficiente agire sulle sole componenti Iva e oneri di sistema per ridurre l'impatto sulle famiglie e sulle imprese o prevedere bonus per le famiglie in difficoltà, poiché occorrono misure immediate che diano risposte tempestivi in attesa che i Paesi europei, compresa l'Italia, adottino politiche energetiche comuni e di ampio respiro, con un approccio più realistico e solerte nei confronti delle energie da fonti rinnovabili;
le materie prime non utilizzate e presenti sul nostro territorio sono scarse e irrisorie a garantire il soddisfacimento del fabbisogno energetico nazionale;
la nostra nazione non può più essere subordinata agli altri Paesi esteri, alle evoluzioni geopolitiche in aree strategiche del mondo, alla mancanza di lungimiranza delle politiche energetiche europee;
per contrastare i pericolosi cambiamenti climatici, stando anche agli impegni assunti in seno all'Unione europea per il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, vi è la necessità impellente e non più procrastinabile di contenere la concentrazione dei livelli di CO2nell'atmosfera nel corso dei prossimi anni;
a tal fine, è imprescindibile rispettare l'Accordo sul clima di Parigi conosciuto come la prima intesa universale e giuridicamente vincolante sul climate change, in cui gli Stati firmatari si sono impegnati a contenere l'aumento della temperatura media globale ben al di sotto della soglia di 2°C oltre i livelli pre-industriali, e di limitare tale incremento a 1.5 °C;
il nuovo pacchetto climatico dell'Unione europea «Fit for 55» che contiene le proposte legislative per raggiungere entro il 2030 gli obbiettivi del Green Deal tra cui: la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 55 per cento rispetto ai livelli del 1990, con l'obbiettivo di arrivare alla «carbon neutrality» per il 2050, si configura come il nuovo paradigma per la produzione di energia rinnovabile in Italia e in Europa;
la soluzione del problema energetico sia italiano sia europeo è molto complessa e di natura interdisciplinare e multidisciplinare;
si prefigura la necessità di avvicinare l'opinione pubblica rispetto ad una reale conoscenza delle diverse tecnologie in gioco e dell'impatto e/o dei benefici delle stesse sull'ambiente e sulla qualità della vita delle generazioni future;
si rende necessaria un'azione politica di medio-lungo termine che sia chiara, precisa, definita e lungimirante basata su una pronta attuazione nel breve termine;
l'installazione e la realizzazione di impianti Fer (biomasse, biogas, eolico on-shore e off-shore, fotovoltaico, solare termico per autoconsumo, solare termodinamico, efficientamento dinamico e statico) sono frenate da lungaggini burocratiche che comportano dinieghi autorizzativi e ricorsi giuridici i quali impediscono al nostro Paese di essere competitivo sul piano energetico, rispettare gli impegni europei e costruire filiere industriali nei settori del fotovoltaico, dell'eolico off-shore, delle biomasse, dell'idrogeno e dell'efficientamento energetico, che fungerebbero da importante moltiplicatore anche per la nostra economia nazionale;
nel settore delle energie rinnovabili, a parità di potenza con le energie fossili, si necessita di maggiore manodopera nel rapporto di circa due a uno, con evidenti e tangibili effetti nel tessuto economico e sociale in termini occupazionali;
non si può continuare a rinviare la creazione di una base line italiana sulla questione, finalizzata alla creazione di un nuovo mix energetico nazionale che dipenda esclusivamente dall'interno,
impegnano il Governo:
ad adottare le iniziative di competenza per:
a) azzerare, per il periodo minimo di 12 mesi, l'imposta sul valore aggiunto e l'accisa per i prodotti energetici ottenuti da fonti rinnovabili, per l'energia elettrica e per il gas destinati agli usi domestico ed industriale, per i prodotti energetici a basso impatto ambientale come benzina verde e Gpl destinati alla mobilità personale e per quelli destinati al trasporto delle merci, al fine di favorire il contenimento complessivo dei prezzi delle bollette energetiche per le famiglie e per le imprese e salvaguardare la sostenibilità del sistema economico, produttivo ed occupazionale del Paese;
b) dare immediata attuazione, in subordine al punto a) ed in ogni caso conseguentemente alla conclusione del periodo di 12 mesi in esso previsto, al complesso degli impegni di cui alla mozione 1-00513 approvata dalla Camera con il parere favorevole del Governo ed in particolare del capoverso 4) del dispositivo volto ad adottare iniziative progressive di contenimento del costo finale dei prodotti energetici riducendo il peso fiscale delle accise e dell'Iva all'aliquota più bassa oggi consentita dalla normativa europea;
c) destinare annualmente, a decorrere dall'anno 2023 e in subordine all'attuazione dei punti a) e b), almeno il 50 per cento del gettito erariale derivante dalla vendita al consumo dei prodotti energetici sottoposti ad accisa, per sterilizzare gli aumenti di energia elettrica e gas per le famiglie italiane, direttamente in bolletta mediante compensazione ovvero mediante restituzione in sede di dichiarazione dei redditi delle persone fisiche;
d) destinare annualmente, a decorrere dall'anno 2023, almeno il 50 per cento del gettito erariale da accisa, derivante dalla produzione e vendita al consumo dei prodotti sottoposti ad accisa, con esclusione dei prodotti da fumo, nonché del gettito erariale derivante dalle operazioni di contrasto delle frodi fiscali sui prodotti sottoposti ad accisa, al sostegno della corrispondente filiera produttiva e commerciale, mediante l'erogazione di contributi pari al 50 per cento degli importi sostenuti e autorizzati per la realizzazione di progetti di sviluppo, potenziamento, ristrutturazione o riconversione degli asset produttivi o commerciali che favoriscano nel contempo la salvaguardia o la crescita dei livelli occupazionali nonché i processi di transizione ecologica per una economia green e sostenibile;
e) istituire, al fine di rafforzare le misure previste a tutela dei consumatori, un «Albo delle Imprese e degli operatori economici e commerciali certificati» di pubblica consultazione in cui, i soggetti tenuti all'iscrizione, ripartiti per categoria merceologica, limiti dimensionali e in possesso del rating di legalità, siano autorizzati ad operare sul territorio nazionale nei settori della gestione idrica, dell'energia e delle utilities;
f) ridefinire il «mix energetico» del Paese dando immediata priorità a fattori con diretto impatto sulla economia nazionale, ossia efficienza energetica ed autoconsumo, tenuto conto che, in tal senso, è di fondamentale importanza portare in edilizia libera tutte le possibilità di installazione di impianti Fer, dalle persone fisiche alle persone giuridiche, utilizzando strutture o superfici urbane e industriali che potrebbero soddisfare gran parte della produzione interna di energia;
g) snellire e semplificare tutti gli adempimenti burocratici attualmente richiesti per ottenere un'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti indicati al punto f), ed evitare in tal modo ricorsi giuridici e dinieghi autorizzativi;
h) avviare, al fine di realizzare parte della stabilizzazione della rete, piccoli impianti a biomassa e biogas, dando così in parte una svolta alla gestione dei rifiuti trasformando il problema in occasione;
i) riorganizzare il sistema dei pompaggi e degli accumuli attraverso un controllo pubblico, dato che ad oggi si calcola un potenziale di circa 7 GWp non utilizzati;
l) a seguito dell'attuazione dei punti f), g), h) e i), prendere in considerazione le attuali tecnologie in ordine di costo marginale crescente per garantire stabilità alla rete (gas, carbone e nucleare d'importazione);
m) porre un obbligo, a carico alle amministrazioni pubbliche quali comuni, province e regioni, a dotarsi di un piano energetico ed ambientale che permetta l'individuazione e la perimetrazione di aree destinate alle installazioni di impianti Fer (biomasse, biogas, eolico on-shore e off-shore, fotovoltaico);
n) individuare da parte dello Stato le zone più opportune, anche all'interno delle acque territoriali, per consentire l'installazione di impianti Fer (biomasse, biogas, eolico on-shore e off-shore, fotovoltaico).
(7-00779) «De Toma, Foti, Zucconi, Caiata, Lucaselli».
Le Commissioni VIII e X,
premesso che:
la situazione dei prezzi delle materie prime, dell'energia primaria oggetto di importazione e dei prodotti energetici trasformati in Italia si avvia a mantenersi assai critica anche per il 2022. Dopo i rincari significativi del prezzo del gas naturale e dell'energia elettrica nel penultimo e nell'ultimo trimestre del 2021, il primo e il secondo semestre del 2022 si aprono in presenza di ulteriori significativi aumenti;
gli incrementi che si sono manifestati nel 2021, rispetto al 2020, e che tuttora incalzano, trovano le loro ragioni in parte in dinamiche congiunturali ed in parte in situazioni di carattere strutturale;
dal punto di vista dei cambiamenti congiunturali occorre per certo annoverare la forte spinta alla ripresa economica dopo il primo biennio di pandemia caratterizzati da blocchi sanitari e la riduzione delle attività produttive, dei trasporti e dei consumi in genere. Una spinta globale quella delle imprese che, manifestatasi con robustezza nel 2021 in modo particolarmente significativa nel lontano oriente, ha generato un forte e impetuoso rialzo della domanda di prodotti energetici. A fronte di tale impennata della domanda non ha corrisposto una immediata e intensa disponibilità dell'offerta a livello globale;
la situazione di carenza di offerta ha innescato una spirale competitiva sugli approvvigionamenti e forti aumenti dei prezzi, in particolar modo per il gas naturale;
a questa situazione tipicamente legata ad una specifica fase di congiuntura economica si sono altresì affiancate ragioni strutturali. Nel caso del gas ed esempio, se è vero che la causa primaria della carenza è dovuta alla contrazione delle attività estrattive, verificatasi a seguito di una scarsa domanda nel periodo dei lockdown, questo non basta a spiegare il perdurare del fenomeno nel tempo. Il mancato riallineamento fra domanda ed offerta è da ricercarsi anche in una diminuzione delle attività di ricerca ed estrazione a livello mondiale e degli investimenti a queste connessi e sul differimento degli investimenti necessari a mantenere efficienti questi sistemi produttivi. Investimenti che sono rallentati, quando non eliminati, in un quadro di annunci politici volti alla progressiva eliminazione delle fonti fossili (anche le più pulite come il gas) in tempi molto brevi. Tutto ciò in uno scenario geopolitico che rende sempre più difficili i rapporti fra Paesi consumatori e produttori. Se a ciò si aggiunge il fatto che il gas naturale per molte economie mondiali si avvia ad essere la componente energetica da accoppiare alle fonti rinnovabili, in un percorso di decarbonizzazione virtuoso, si può spiegare la crescita cospicua nella richiesta di questo prodotto a fronte di un'offerta limitata;
in un mercato mondiale fortemente «liquido» e poco orientato sul lungo termine, queste dinamiche hanno condotto ad un'impennata dei prezzi all'ingrosso. Il gas naturale è passato dai circa 15 euro MWh di agosto 2020, ai circa 110 euro di dicembre 2021, agli attuali 70-80 euro, prezzi accompagnati da una notevole volatilità e comunque generalmente tesi al rialzo. Come sottolineato a livello mondiale, un mercato fortemente collegato a livello internazionale, la presenza della ripresa della domanda post lockdown, la diminuzione del Gnl disponibile sul mercato globale accoppiato ad una riduzione della produzione anche interna all'Europa, sono tutti fattori che hanno posto specificatamente l'Europa in forte sofferenza;
in Europa in funzione di tutto ciò si è registrato anche un costo crescente dell'energia elettrica. Il mix di produzione europeo, basato su rinnovabili, nucleare e combustibili fossili (gas, carbone e olii minerali), ha pesantemente sofferto di queste dinamiche internazionali. Nell'ultima parte del 2021 il costo del MWh all'ingrosso ha toccato, sul mercato elettrico italiano, valori compresi fra i 180 e i 240 euro attestandosi nel mese di gennaio entro valori compresi fra i 200 ed i 280 euro. Un aumento di circa 4 volte rispetto ai prezzi del 2020 in larga parte trainato dal settore termoelettrico che con gli attuali meccanismi di pricing ha fissato i prezzi, quindi amplificato gli aumenti e le oscillazioni del gas;
nell'aumento dei prezzi della componente energia elettrica gioca anche un ruolo l'aumento dei costi per gli adempimenti europei collegati all'Ets, il costo per tonnellata di CO2 emessa che era attorno ai 25-30 euro/ton alla fine 2020 ha raggiunto i circa 80 euro nell'ultima parte del 2021 e ha superato i 97 euro nel mese di febbraio 2022. Sarebbe irrealistico e sbagliato sostenere che questo aumento ha generato da solo l'impennata di costi elettrici, ma sicuramente ha contribuito all'aumento. Alcune valutazioni attendibili attribuiscono a questo fattore circa un quarto del peso degli aumenti. Degno di nota è anche il fatto che questa crescita pesa di più su quei sistemi energetici, tipici del nord e nell'est Europa, che hanno ancora una elevata incidenza del carbone;
per quanto attiene nello specifico al nostro Paese la situazione presenta luci ed ombre. Il nostro paniere energetico, così come ridisegnato dalla Sen (Strategia energetica nazionale) e dal Pniec (Piano nazionale integrato energia clima come approvato nel gennaio 2020), si basa sostanzialmente, nell'approccio agli obiettivi 2030, su un misto di fonti rinnovabili e di gas. La forte penetrazione delle rinnovabili prevista per quella data, con un incremento dell'ordine di 70 GW istallati, e il ruolo di sostegno del gas a questa filiera fa del sistema energetico italiano uno dei più avanzati ed efficienti d'Europa. Sistema che si è dato anche obiettivi ambiziosi quali la fuoriuscita dal carbone nel 2025 e sfide importanti quali lo sviluppo rapido di sistemi di accumulo e di vettori energetici innovativi (ad esempio idrogeno). È importante sottolineare che l'attuale versione del Pniec dovrà essere adeguata al rialzo, e con esso anche gli obiettivi delle rinnovabili, a seguito dell'entrata in vigore del pacchetto europeo Fit-for-55 per cent diretta emanazione del Green Deal europeo;
d'altra parte, però, il sistema di approvvigionamento nazionale rimane fortemente dipendente dall'estero per i combustibili fossili e per una quota di energia elettrica proveniente dal nucleare francese. Da questo punto di vista occorre, non di meno, osservare come nel settore gas l'Italia abbia la possibilità di svolgere un ruolo importante per l'Europa quale hub meridionale. Ruolo che le è consentito dalla sua posizione geografica, dal numero elevato di possibili fornitori e dalla presenza di buone risorse nazionali. Inoltre, un'oculata gestione degli stoccaggi ha sempre consentito dal 2016 una relativa sicurezza di sistema. Nonostante la diversificazione negli anni passati delle fonti di approvvigionamento, con l'obiettivo di evitare di dipendere pesantemente da un singolo produttore in particolare, a causa del drastico calo della produzione interna e delle importazioni dal nord Europa si è mantenuta la quota di gas russo attorno al 40 per cento dei consumi nazionali;
sempre in questa direzione va anche il piano nazionale di penetrazione delle rinnovabili elettriche che concorre in maniera determinate all'indipendenza energetica del Paese e che, sotto specifiche condizioni, potrebbe servire a calmierare i prezzi ma che sta subendo gravi ed inopportuni ritardi. Questo scenario, che per altro è lo stesso a cui vogliono tendere altri Paesi europei come la Germania, permetterebbe all'Italia di compiere con successo il periodo di transizione previsto sino al 2030-2035, volgendosi poi ad una seconda frazione del cammino verso la decarbonizzazione totale, prevista attorno al 2050, in cui nuove tecnologie a bassissime emissioni saranno mature: da questo punto di vista appare quindi chiaro come la riduzione dei costi energetici, da cui in larga parte dipende non solo la competitività ma anche l'esistenza di larga parte del sistema industriale italiano, sia da ricercarsi in un calibrato mix fra interventi emergenziali di carattere strettamente congiunturale e altri più strutturali orientati sul medio termine;
la fase successiva a quella attuale, ovvero il periodo che parte all'incirca dagli anni Quaranta di questo secolo, vedrà infatti la maturità commerciale di nuove tecnologie a basse emissioni. Fra queste, ad esempio, la fusione nucleare (che dopo l'esperienza di Iter, oggi alla soglia dell'avvio, e il dimostrativo Demo si avvierà allo sfruttamento commerciale), così come le tecnologie da fissione di quarta generazione (Generation IV), assi più sostenibili dal punto di vista ambientale rispetto ad oggi. Tecnologie queste, dati i tempi di sviluppo, che non possono entrare nel dibatto immediato di questi momenti ma che, grazie anche alle alte competenze italiane in questi settori, e a fronte della prosecuzione seria di attività di ricerca e sviluppo possono consentire all'Italia di giocare un ruolo da protagonista in questo settore cruciale dell'industria energetica della seconda metà del secolo;
per quanto attiene all'azione emergenziale tesa alla riduzione dei costi energetici, il Governo è intervenuto a più riprese, dalla prima metà dell'anno 2021, con una serie di provvedimenti legislativi urgenti (articolo 5-bis del decreto-legge n. 73 del 2021, decreto-legge n. 130 del 2021, legge n. 234 del 2021, legge di bilancio 2022, articolo 1, commi 503-512), che hanno avuto principalmente lo scopo di mitigare gli aumenti mediante un abbattimento degli oneri generali che gravano l'energia elettrica e il gas in favore principalmente dei clienti domestici e in aiuto ai consumatori più fragili rafforzando opportunamente i bonus esistenti. Misure che con l'ultimo provvedimento previsto dal Governo, con il decreto «sostegni-ter», approvato il 21 gennaio 2022 e che ha azzerato per il primo trimestre 2022 gli oneri generali di sistema per tutte le medie-grandi imprese con potenza pari o superiore a 16,5 kW, hanno riguardato nello specifico nel caso delle bollette elettriche anche le piccole e medie imprese con forniture in bassa tensione e potenze installate superiori ai 16.5 kW. Anche la leva fiscale dovrebbe essere considerata con maggiore attenzione in omaggio anche ad un principio di equità, poiché le politiche verso la decarbonizzazione sono un obiettivo Paese, e non solo del sistema energetico nazionale, ed alcuni costi pare ragionevole che gravino sulla collettività nella sua interezza e non solo sui consumatori domestici e produttivi;
si rileva inoltre che con il testo dell'articolo 16 (Interventi sull'elettricità prodotta da impianti a fonti rinnovabili) introdotto nel decreto-legge n. 4 del 2022, cosiddetto decreto sostegni-ter, il Governo si sia posto il tema del recupero degli extra-profitti generati da storture nei meccanismi di formazione dei prezzi come ad esempio accade nel mercato elettrico, dove il meccanismo del cosiddetto «prezzo marginale» determina un unico prezzo di mercato spot per produzioni derivanti da tecnologie fortemente differenti e caratterizzate da strutture di costi opposte quanto a costi fissi e variabili. Basti pensare alle rinnovabili elettriche principali (eolico e fotovoltaico) o all'idroelettrico caratterizzati da elevati costi fissi e da bassissimi costi variabili o al termoelettrico dove i costi variabili, in primis il combustibile, sono prevalenti;
questa variabilità nella formazione dei prezzi, seppure in maniera diversa, esiste anche nel mercato del gas e, nella formazione del prezzo italiano Psv, rispetto al Ttf olandese, si assiste a volte a «fiammate» giornaliere dei prezzi. Questo è accaduto ad esempio il 12 gennaio 2022, giorno in cui il Psv si è posizionato a 93 euro MWh ma con un differenziale rispetto al Ttf di ben 18,17 euro MWh. Unico mercato peraltro in controtendenza. Queste «punte» sono causate sia dalle modalità di scambio (quantità offerta quantità richiesta) che forma il prezzo sia dalle modalità di assegnazione dei transiti fra zone di mercato (entry-exit tariffe e pancaking) per le quali è necessario adeguamento, poiché attualmente costituiscono ancora un fattore di freno alla libera circolazione del gas. Poiché per la competitività del Paese è importante il valore assoluto del prezzo ma anche la differenza fra i prezzi italiani e quelli degli altri grandi Paesi manifatturieri la questione è in sé particolarmente delicata. Poiché questo accade in un periodo in cui la situazione di approvvigionamenti gas per l'Italia sulle rotte in entrata nei punti di P. Greis, di Tarvisio, di Mazara, di Gela, di Gorizia e di Melendugno, il Gnl verso i rigassificatori e con la produzione nazionale ridotta ma stabile è sensibilmente migliore di molti altri Paesi europei, così come lo è la situazione degli stoccaggi nazionali, esiste senza dubbio un problema di formazione dei prezzi. Un problema che probabilmente si genera nel bilanciamento fra domanda ed offerta nel brevissimo periodo, problema acuito dalla volatilità più generale dei prezzi e dalla variabilità sul breve delle forniture di alcune rotte;
a livello europeo la Commissione ha, comunque, indicato negli interventi emergenziali tesi a limitare il carico fiscale e parafiscale sulle bollette, una via accettabile e compatibile col sistema degli aiuti di Stato, in special modo verso le classi consumatori più esposti alla concorrenza internazionale, mentre ampio è il dibattito nel settore energia per procedere a una politica comune più aggressiva (ad esempio acquisti e stoccaggi di gas collettivi) che oltrepassi le attuali competenze comunitarie in materia di mercato, difesa dei consumatori e sicurezza. Questo naturalmente rinforzato sempre di più da una dotazione di infrastrutture intra-europee che renda concreto il concetto di mercato unico dell'energia;
molti Paesi europei, stante il perdurare della crisi dei prezzi, stanno mettendo in atto anche misure autonome di breve-medio termine tese a raffreddare la spirale dei prezzi pesante per i cittadini e potenzialmente drammatica per l'industria. Fra questi la Francia sta valutando di aumentare la cessione alle imprese un quantitativo di energia elettrica prodotta per via nucleare a prezzi ridotti tramite Edf (attualmente pari a 120 TWh anno, misura che già copre larga parte dei consumi industriali) e la Germania di sostenere la disponibilità interna di gas mediante il nuovo gasdotto «Nord Stream 2», qualora autorizzato ad operare;
appare, però, evidente per l'Italia che una politica tesa a mitigare in maniera molto sensibile gli aumenti dei prezzi dei prodotti energetici, seppur accompagnata da misure come la tassazione degli extra profitti, non ha né la possibilità di sostenersi in maniera prolungata dati gli importi in gioco né di conseguire considerevoli risultati di contenimento nel medio periodo. Pur senza rinunciare nel brevissimo a questo strumento d'emergenza occorre puntare su una combinazione di misure efficaci nell'immediato e nel breve periodo;
per quanto riguarda i meccanismi di formazione dei prezzi dell'elettricità appare evidente la necessità, interagendo anche livello comunitario, di intervenire sul meccanismo del «prezzo marginale» ricollegando in maniera fattuale i prezzi ai costi di produzione delle singole tecnologie. In questa ottica, nel rispetto delle norme esistenti, si potrebbe disaccoppiare il segmento delle tecnologie ad elevati costi del capitale (capex based) e con costi variabili quasi nulli per kWh come le rinnovabili elettriche (idrico, geotermoelettrico, eolico e solare) da quelle caratterizzati da elevati costi variabili governati per lo più dal costo delle materie prime energetiche (centrali termoelettriche come, ad esempio, i cicli combinati a gas). Nel primo caso si tratterebbe di puntare, indirizzandole, su aste specifiche – sia per nuova produzione quanto per quelle esistenti – per volumi e tempi di fornitura prefissati, tali da garantire la remuneratività dei nuovi investimenti, sostenendo al contempo l'accesso dei produttori già esistenti e immaginando meccanismi che assicurino l'acquisizione dell'energia elettrica così prodotta da parte dei consumatori. Nel secondo caso appare opportuno lasciare operare il meccanismo del «marginal price» in ragione dell'evidente volatilità del mercato delle commodity. La sicurezza del sistema verrebbe mantenuta dal cosiddetto «capacity market» elettrico attivo e rivisto nelle taglie e dagli accumuli di cui agli articoli 18 e 19 del recentissimo decreto legislativo mercato elettrico (n. 210 del 2021);
per quanto riguarda il gas naturalmente la situazione è più complessa trattandosi per la maggior parte di risorse importate. Da questo punto di vista un primo effetto sui prezzi sul medio periodo si può ottenere dall'incremento della produzione nazionale, che nel 2021 si è attestata a circa 3,4 Gm3 e che alla luce dell'approntamento del Pitesai può essere aumentata in sicurezza per un valore fra i 4 e gli 8 Gm3/anno. Tale aumento potrebbe anche vedere contrattazioni di lungo termine tra i produttori e i consumatori industriali in grado di assicurare un ritiro di tale gas e la copertura degli impegni finanziari necessari;
detto ciò appare evidente che occorre consolidare il ruolo italiano di «hub meridionale» del gas in Europa nel senso più positivo del termine. Nel 2021 la nostra molteplicità di fornitori ha garantito che il calo delle importazioni dai nord Europa sia stato ampiamente compensato dall'Algeria (divenuta il secondo fornitore italiano) e dall'entrata in servizio della Tap. Ciò ha fatto sì che la situazione nazionale come rifornimenti e stoccaggi sia restata in sicurezza nonostante le tensioni internazionali. Occorre quindi puntare ad incrementare, oltre alla produzione nazionale, anche le importazioni dall'Azerbaijan via Tap e potenziare la capacità di accoglienza per il Gnl;
questo non può far dimenticare il problema cogente. Sono state formulate proposte di rilascio di parte delle scorte strategiche a prezzi calmierati, ma pur senza arrivare a ciò, un uso più efficace e dinamico delle risorse stoccate può con ogni probabilità essere immaginato per assicurare liquidità sul mercato spot giornaliero senza compromettere la sicurezza delle riserve. Ciò potrebbe limitare le impennate di prezzi che si sono verificate e favorire il bilanciamento dei flussi giornalieri. In ultimo nelle more dell'introduzione di meccanismi di stabilizzazione del prezzo per il settore gas, non si può nascondere che la diminuzione dei contratti a lungo termine diventa problematica sui prezzi nei momenti di scarsa liquidità dei mercati. In questo senso probabilmente modalità contrattuali che garantiscano la «disponibilità» al bisogno potrebbero essere valutate,
impegnano il Governo:
nel breve periodo:
a) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per reperire ulteriori risorse per sostenere l'azione di riduzione del carico fiscale e «parafiscale» sui prodotti energetici in favore delle utenze domestiche, delle piccole e medie imprese e delle imprese ad alti consumi energetici, prevedendo in questo caso l'uso delle risorse in questione anche per l'adeguamento al rialzo – nel quadro delle norme comunitarie – delle aliquote di sconto;
b) a valutare l'opportunità di ulteriori iniziative a tutela delle fasce domestiche più deboli e fragili con interventi di rafforzamento dei bonuse per le amministrazioni locali che stanno affrontando serie difficoltà nella gestione dei servizi (esempio servizi di pubblica illuminazione);
c) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per apportare modifiche al corrente sistema di pricing nel settore elettrico che, nel rispetto delle norme comunitarie, consenta di discernere fra le tecnologie ad elevati costi fissi (meno o del tutto indipendenti dal gas ma sensibili ai costi di investimento) e quelle ad elevati costi variabili (più dipendenti dal gas), così da evitare evidenti distorsioni nei prezzi;
d) a valutare l'opportunità di un uso delle scorte di gas in stoccaggio e delle riserve nazionali come elemento di formazione e contenimento dei prezzi;
nel breve-medio periodo:
a) ad adottare iniziative per accelerare in maniera sensibile ed urgente il processo di installazione delle «Fer-E», anche con ulteriori interventi relativamente ai processi autorizzativi, in modo da cogliere gli obbiettivi previsti dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (Pniec);
b) a identificare al più presto le aeree idonee di intervento per l'installazione delle «Fer-E» attuando con celerità gli articoli 20 e 21 del decreto legislativo n. 199 del 2021;
c) ad aumentare, in sicurezza e secondo le previsioni del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai) la produzione nazionale di idrocarburi, ed a mettere in campo tutte quelle iniziative tese a consolidare le importazioni attuali (Algeria, Russia) accrescendole ove possibile (Azerbaijan via Tap e Gnl via rigassificatori);
d) ad adottare iniziative per facilitare il coinvolgimento del sistema nazionale delle imprese manifatturiere sia a sostegno dei nuovi investimenti nazionali nel settore delle «Fer» elettriche mediante contratti pluriennali di fornitura che facilitino la realizzazione di tali impianti, sia in contratti a lungo termine destinati all'energia attualmente ritirata dal Gse;
e) ad adottare iniziative per facilitare il coinvolgimento dei consumatori industriali nella valorizzazione della produzione nazionale anche mediante la contrattazione di quote di tale produzione in prodotti di medio/lungo termine compatibili con le necessità di bancabilità dei progetti e di competitività delle imprese industriali;
f) a favorire anche nel campo delle «Fer-e» progetti di collaborazione transazionale che vedano coinvolti Paesi vicini all'Italia (con specifico riferimento alle aree del nord dell'Africa).
(7-00787) «Benamati, Pezzopane, Nardi, Rotta, Bonomo, Braga, Buratti, D'Elia, Gavino Manca, Morassut, Morgoni, Pellicani, Soverini, Zardini».